Carlo Moretti, la Repubblica 17/12/2008, 17 dicembre 2008
L’Oscar? Un premio inutile CARLO MORETTI PER LA REPUBBLICA DI MERCOLEDì 17 DICEMBRE 2008 Tra le tante fisime che Woody Allen ha collezionato nella sua vita e mostrato nei suoi film, stranamente l´ansia da palcoscenico non c´è
L’Oscar? Un premio inutile CARLO MORETTI PER LA REPUBBLICA DI MERCOLEDì 17 DICEMBRE 2008 Tra le tante fisime che Woody Allen ha collezionato nella sua vita e mostrato nei suoi film, stranamente l´ansia da palcoscenico non c´è. Eppure, se gli si chiede quale sia stato il suo concerto più bello in questi trent´anni di passione per la musica con la sua New Orleans Jazz Band, il regista di Manhattan non ha dubbi: «Potrei rispondere che sono stati tutti belli, la gente è stata sempre dalla nostra parte. Ma la verità è che io non sento la pressione né il bisogno del palcoscenico: ero già molto felice anni fa quando suonavamo nel soggiorno di casa mia, una volta a settimana nel giorno dedicato alle nostre partite di poker. Il passaggio al palco è stato naturale, prima per tanti anni in un club di New York, poi sono arrivati i teatri». In Italia Woody Allen ha già suonato nei più celebri teatri lirici, e il prossimo 22 dicembre sarà con il suo clarinetto al Teatro Comunale di Firenze per l´unica data prevista nel nostro paese dal nuovo tour europeo. Il programma della serata? «Abbiamo centinaia di canzoni nel nostro repertorio, non sappiamo mai prima quali suoneremo in concerto, dipende dall´atmosfera». Signor Allen, così come accade per i suoi film, la sua musica sembra essere molto più apprezzata in Europa che in America. Si è mai chiesto perché? «La gente in Europa è più interessata al jazz in generale, e questo vale per tutta l´Europa. Può sembrare strano, visto che l´America è la terra in cui il jazz è nato, ma è proprio così. Anche in Sudamerica e in Asia apprezzano il jazz molto più che in America. Non so spiegarmelo, anche perché i migliori musicisti jazz sono proprio americani. Sta di fatto che molti tra i più bravi sono stati costretti negli anni a trasferirsi in Europa per lavorare e vivere. La mia piccola band non fa eccezione: facciamo jazz tradizionale di New Orleans, un genere che non è affatto popolare in America, mentre nel resto del mondo la gente sembra divertirsi molto ai nostri concerti». Il suo amore per il jazz è noto, ma quale musica contemporanea ama di più? Segue il pop e il rock? «Non amo la musica pop, credo perché non riesce ad emozionarmi. Sono cresciuto in un´era di musica meravigliosa, con le grandi orchestrazioni delle canzoni di Cole Porter, George Gershwin, Irving Berlin che ascoltavo alla radio. La musica fino agli anni Cinquanta per me non è stata soltanto musica, è stata il vero nutrimento della mia vita. Poi il pop ha cominciato ad essere caratterizzato dal suono delle chitarre elettriche e dalla batteria, che non ho mai trovato veramente musicale. A me piace la classica, l´opera, il jazz, la musica swing. I miei miti sono Ornette Coleman, John Coltrane, Thelonious Monk, Charlie Parker. Ma la mia musica favorita in assoluto è il jazz tradizionale di New Orleans». Dopo tanti set europei, il suo prossimo film è ambientato nuovamente a New York. Può dirci che tipo di film è quello che segna il suo ritorno da regista nella sua città? « una commedia e l´ho terminata qualche mese fa. Il titolo è "Whatever works", uscirà a giugno. Ne sono protagonisti un attore comico americano molto divertente, Larry David, e una giovane ma già bravissima attrice, Evan Rachel Wood. Non posso anticipare molto, posso solo dire che è una storia romantica tra gente eccentrica che incontrandosi crea anche molti conflitti e problemi». Il suo "Vicky Cristina Barcelona" ha ricevuto 4 nomination ai Golden Globes: è soddisfatto? Sta pensando anche ai premi Oscar? «Non ci penso molto, ma se è per questo non penso neanche ai Golden Globes. Vede, "Vicky Cristina" per me è già storia, l´ho fatto due anni fa, è uscito nelle sale, è piaciuto alla gente e ne sono molto grato. Ma in questi due anni ho finito il film di cui le parlavo e ne ho scritto un altro che mi preparo a girare la prossima estate». Non sembra dunque molto interessato ai premi, servono davvero secondo lei? «Vorrei che rappresentassero qualcosa ma sfortunatamente, visto il modo in cui sono organizzati, non credo che servano a molto». A proposito dell´elezione di Barack Obama, cosa si aspetta dal primo presidente afroamericano degli Stati Uniti d´America? «Mi aspetto che faccia un buon lavoro, non certo che faccia miracoli, ma mi aspetto molto, sono ottimista su di lui, è una persona molto intelligente. Del resto usciamo da anni dominati dalla peggiore e più incompetente e corrotta amministrazione che il paese abbia mai avuto».