Deportati, gli scambi dell’orrore di Grazia Longo, La Stampa, 17/12/2008, pag. 21, 17 dicembre 2008
Ventimila lire, un piccolo tesoro nel ”44. Tanto costò la liberazione di Esilio Carnino, all’epoca diciassettenne, dal campo di sterminio tedesco di Gaggenau dove viveva segregato, dopo i massacranti turni nella vicina industria di auto e camion Daimler-Benz
Ventimila lire, un piccolo tesoro nel ”44. Tanto costò la liberazione di Esilio Carnino, all’epoca diciassettenne, dal campo di sterminio tedesco di Gaggenau dove viveva segregato, dopo i massacranti turni nella vicina industria di auto e camion Daimler-Benz. Ma la notizia sconvolgente non è tanto il riscatto pagato, quanto il modo in cui avvenne: lo scambio con un altro italiano. Una sostituzione di persona concordata tra la mamma di Carnino e un giovane torinese pronto a partire per la Germania. Peccato però che questo ragazzo fosse sì convinto di andare a lavorare alla Daimler-Benz, ma completamente ignaro di finire in un lager. Con tanto di sevizie, privazioni e forni crematori. Incredibile, ma vero. Almeno secondo le testimonianze dei familiari di alcuni ex schiavi di Hitler. Già è scioccante pensare alla trasformazione in aguzzini, in Kapò, di alcuni detenuti comuni dei campi di sterminio nei confronti dei compagni di prigionia. Ma anche questo scambio di persona risulta sconvolgente. Un pugno nello stomaco. Esploso in tutta la sua forza ieri mattina nello studio dell’avvocato Luca Procacci, impegnato ad ottenere (in un processo intentato allo Stato tedesco e al governo italiano) un milione di euro a testa per i 150 deportati in Germania per lavorare in fabbrica tra il 1943 e il 1945. Per 13 di loro Procacci ha chiesto una provvisionale di 500 mila euro e il giudice, Francesco Rizzi, si pronuncerà sulla richiesta nella prossima udienza, fissata per il 20 gennaio. A margine della conferenza stampa, l’avvocato Procacci ha poi presentato alcuni parenti degli ex internati disponibili allo scambio di persona. «Me lo raccontò mia suocera - ricorda Anna Panicco, 81 anni, vedova di Elisio Carnino -. Mio marito, che io conobbi solo nel ”45 alla fine della guerra, venne prelevato dai tedeschi ad Avigliana durante un rastrellamento punitivo dopo che i partigiani avevano fatto saltare alcuni ponti. Non aveva ancora 17 anni, lì compì a Gaggenau, dove rimase 9 mesi. Visse, come tutti gli altri, un autentico inferno: cibo scarso, punizioni e l’obbligo di lavorare nella fabbrica di camion. Lui era meccanico, tornitore per l’esattezza, ed era molto bravo nelle sue mansioni. Ma la vita di stenti che conduceva nel lager, dove quelli debolissimi ormai inutilizzabili venivano mandati ai forni crematori, lo logorò molto». Non tanto da condannarlo alla morte, ma abbastanza da cercare di rientrare in Italia, garantendo l’arrivo di un’altra persona disponibile a lavorare alla fabbrica tedesca. «Da noi c’era la guerra, eravamo in piena crisi - prosegue Anna Panicco - quindi per mia suocera fu facile offrire a un ragazzo l’opportunità di trovare un’occupazione più sicura in Germania, oltre alle 20 mila lire. A quell’epoca l’informazione era scarsa e non si conosceva bene la realtà dei campi di sterminio. Non so se mia suocera fosse completamente in malafede quando convinse quel ragazzo a prendere il posto del figlio. Di sicuro mio marito potè salvarsi». Un’altra esperienza analoga è raccontata da Donatella Fino, figlia di Ludovico, anche lui prigioniero a Gaggenau. «Venne catturato insieme a mio nonno - racconta -, mia nonna mi spiegò che provarono ad avviare la pratica della sostituzione di persona, ma durante un bombardamento sul lager, vennero distrutti i documenti utili allo scambio. Mio padre e mio nonno, vennero liberati, dopo 13 mesi, dagli alleati».