Danilo Taino, Corriere della Sera 17/12/2008, 17 dicembre 2008
DANILO TAINO PER IL CORRIERE DELLA SERA DI MERCOLEDì 17 DICEMBRE 2008
BERLINO – La recessione degli Anni Duemila ha trovato il suo primo, grande ingorgo. Più di novantamila automobili (e il numero cresce) bloccano il porto di Bremerhaven, sul Mare del Nord, il maggiore punto europeo di ingresso e di uscita di veicoli. Prodotte ma invendute. Rimaste in una terra di nessuno come soldati sorpresi dall’improvvisa ritirata della globalizzazione. Immobili, una accanto all’altra, ostaggi della crisi drammatica dell’industria automobilistica in tutto il mondo. Camion, furgoni e file di automobili, giapponesi, coreane, americane e soprattutto tedesche, Mercedes, Bmw, Audi fino a poche settimane fa oggetto del desiderio nei Paesi ricchi e in quelli poveri.
«Non le possiamo muovere – sostiene Detthold Aden, capo di Blg, il gruppo di logistica che gestisce questa attività nel porto tedesco ”. Non possiamo lavorarci e nemmeno consegnarle finché non trovano compratori». Possibilità remota, per come si sono messe le cose economiche.
Fino a poche settimane fa, ogni nave che si avvicinava era la benvenuta a Bremerhaven. Ora è un guaio. Quelle che dovrebbero esportare se ne vanno mezze vuote. Quelle cariche che arrivano da fuori Europa non hanno praticamente più spazio per parcheggiare i veicoli nei due grandi piazzali. Lo scorso weekend, la gestione di sette navi è stata un incubo. Tutto è fermo. La Blg ha trovato nuovi spazi in aree vicine, di solito destinate ai container.
Ma anche queste sono ormai piene. Altre auto sono parcheggiate su treni, anch’essi immobili in attesa di trovare una destinazione.
«E’ una situazione difficile, molte auto importate e quelle destinate all’esportazione sono ancora per strada e stanno arrivando qui», dice Aden. Entro Natale, il parcheggio più grande d’Europa arriverà a centomila veicoli e a quel punto non entrerà nemmeno uno spillo, figuriamoci le trebbiatrici e i bulldozer. Forse, con l’anno nuovo la situazione migliorerà, perché tutte le fabbriche hanno tagliato la produzione. Ma solo forse, perché niente esclude che il crollo delle vendite sia superiore ai tagli già programmati: il porto rischia di collassare.
La situazione che si è creata è un collo di bottiglia perfetto della globalizzazione in crisi. Bremerhaven non è un semplice terminale di carico e scarico. Nel caso delle auto, è un ingranaggio fondamentale della moderna logistica dell’industria, quella che non prevede molte macchine sui piazzali delle fabbriche ma movimento continuo dalla produzione ai mercati. Le auto che arrivano – per l’Europa o dall’Europa – vengono portate in due centri tecnologici attigui, pulite e «servite di barba e capelli» come dicono i portuali, in alcuni casi addirittura arricchite con optional. Di solito, restavano alcune ore a Bremerhaven, al massimo pochissimi giorni, poi partivano, destinate a seconda delle ordinazioni che nel frattempo erano arrivate. Una catena complessa ma efficiente, pensata per ridurre al minimo gli stock.
Ora, però, le richieste dai rivenditori e dai concessionari, a loro volta affogati dalle auto non vendute, non arrivano e i piazzali del porto tedesco invece delle 60 mila macchine che di solito transitano sono congestionati da più di 90 mila veicoli che non si muovono. Mercato bloccato come nessuno si era aspettato.
Cinque mesi fa, le previsioni dicevano che i mezzi movimentati a Bremerhaven sarebbero stati 2,2 milioni, una crescita di quasi il dieci per cento rispetto al 2007. «Ora prevediamo una riduzione del 25% del numero dei veicoli che transiteranno nel primo quadrimestre del 2009», ammette Ader. Nei mesi successivi, ritengono molti esperti, potrebbe andare peggio.