Paolo Brusorio, la Stampa di 17/12/2008, 17 dicembre 2008
Rivera, i piedi e il cervello PAOLO BRUSORIO PER LA STAMPA DI MERCOLEDì 17 DICEMBRE 2008 Gianni Rivera il giorno dopo la festa rossonera e il brindisi di pace con Silvio Berlusconi sotto l’albero di Natale
Rivera, i piedi e il cervello PAOLO BRUSORIO PER LA STAMPA DI MERCOLEDì 17 DICEMBRE 2008 Gianni Rivera il giorno dopo la festa rossonera e il brindisi di pace con Silvio Berlusconi sotto l’albero di Natale. Sensazioni? «Non capisco tutto questo clamore. La mia lontananza ormai non dovrebbe fare più notizia, manco dal Milan da quasi trent’anni». La sua lontananza magari no, ma questa rentrée non poteva passare inosservata? «Mi hanno invitato perché si festeggiava anche la Coppa dei Campioni del ”63, l’ho trovata una bella occasione per rivedere vecchi amici. Quei pochi che sono rimasti. Pensi che Dino Sani è venuto persino dal Brasile, questa era la vera notizia». Che fa, minimizza? Lei e Berlusconi non vi siete mai amati? «E io che cosa ci posso fare? Ognuno si sceglie i collaboratori che ha. Ormai è una cosa vecchia, mi sarebbe piaciuto restare al Milan quando smisi di giocare. Avevano altre idee, così la mia vita ha preso altre strade. Come è giusto che fosse». «Aveva il cervello nei piedi, speriamo che non ce l’abbia ancora», ha detto il premier sul palco due sere fa. Insomma, elogi sì, ma con una punta di acidità. «Pensi che non l’ho nemmeno sentita quella battuta. E poi quando lui sale sul palco e prende il microfono è quasi impossibile toglierglielo. Fossi riuscito, magari mi sarei anche difeso...». Faccia conto di essere ancora sul palco allora. «Beh, gli direi che in fondo c’è qualcuno che il cervello non ce l’ha nemmeno nei piedi». In quella battuta ha letto una vena politica? «Politica? Via, Berlusconi non è mica interessato alla politica». Le chiedono di tornare al Milan, che cosa risponde? «Non è successo in 25 anni e ormai credo debba finire così. più facile che io torni a giocare, piuttosto che nella dirigenza rossonera». Ma in tutti questi anni non le è capitato di cambiare idea su Berlusconi? «Come presidente del Milan va benissimo, è perfetto. Anzi, dovrebbe fare soltanto quello». E in politica? «Non vedo perché avrei dovuto». Due anni fa, in piena calciopoli, disse che per colpa del Cavaliere ha perso la corsa alla poltrona della Figc. Conferma quella sensazione? «Non era una sensazione. Se non ci fosse stato il suo veto, a quest’ora sarei presidente della federazione. C’erano tutte le condizioni per diventarlo». Il campionato ora. Milan ormai fuori dal giro scudetto? «Non direi, in fondo ha battuto l’Inter ed è stato anche in testa alla classifica. Devono registrarsi, ci sono troppe pause di gioco». Ma lei Ronaldinho l’avrebbe comprato? «Guardi, il mercato non mi interessava quando giocavo, figuriamoci ora». Lei si è ritirato da campione d’Italia a 36 anni, Paolo Maldini a 40 è ancora in campo, ma il peso dell’età si fa sentire ogni domenica. Doveva smettere prima? «Io mi sono alzato da tavola che avevo ancora un po’ di appetito. E questo è un consiglio che do a tutti. Si vede che qui l’appetito è ancora più grande».