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 2008  dicembre 16 Martedì calendario

ROMA – «Senti, te lo dico subito: per quest’intervista abbiamo un’oretta, non di più. Poi devo andare a fare la prima pagina e

ROMA – «Senti, te lo dico subito: per quest’intervista abbiamo un’oretta, non di più. Poi devo andare a fare la prima pagina e...». Non molli la poltrona, eh? «No, guarda, allora questo è un concetto che va chiarito subito: io, finché non mi cacciano dalla direzione di Liberazione, non solo non me ne vado, ma continuo pure a fare il giornale che penso sia giusto». ( Piero Sansonetti ha 57 anni e lo conoscete, lo vedete – spesso – alla tivù: la barba lunga e poi i maglioni a collo alto, le giacche di velluto, i ragionamenti sempre lucidi, a volte spiazzanti, un giornalista di sinistra di assoluto rango, mai banale, mai troppo ortodosso, sebbene abbia cominciato la professione all’Unità, dov’è rimasto per 29 anni, arrivando fino all’incarico di condirettore: quando poi Veltroni prese il comando del quotidiano fondato da Antonio Gramsci, e intuì quant’era bravo, e libero, e adorato da un pezzo della redazione, il barbuto, con mille cortesie, com’è nel cerimoniale dei giornali, fu spedito a fare il corrispondente a New York. Un bel posto, ma piuttosto distante). Tu resisti, qui a «Liberazione», ma intanto il Comitato politico di Rifondazione, di fatto, ti sfiducia. Paolo Ferrero ti accusa di sostenere un altro progetto, di perdere copie e di aver accumulato 3 milioni d’euro di debito. «Andiamo con ordine. Mi sono andato a rivedere le prime pagine dell’ultimo mese. Sai su quali argomenti abbiamo aperto? La questione salariale, l’oscurantismo del Vaticano, i diritti civili, il razzismo, i morti sul lavoro... E sempre tenendo un tono, come dire? radicale». Ma non militante. «Senti, io cerco di fare un giornale di idee. E di storie. Alcuni giorni fa ne ho intercettata una bellissima. Due barconi di immigrati in balìa del mare forza 9. La Guardia di Finanza che chiede aiuto ai pescatori di Mazara del Vallo, gli unici capaci di governare una barca tra quelle onde. E loro, che pure per prudenza avevano scelto di non andare a pesca, escono lo stesso...». Grandissima storia. «I comunicati di partito, francamente, mi appassionano di meno». Comunque dirigi un giornale di partito, certe regole le conoscevi. «Anche loro conoscevano me. Mi chiamarono e furono chiari: sappiamo che non hai la tessera e che sei un tipo libero. Ma per noi l’importante è che fai un giornale di sinistra». Chi ti fece questo discorso? «Fausto Bertinotti». Discussioni con lui? «Tante, e alcune anche forti. Dopo un anno che Rifondazione stava al governo, cominciammo a scrivere: andate via da Palazzo Chigi. Dove, per altro, c’era anche un certo Paolo Ferrero che faceva il ministro... secondo te è lo stesso che ora guida Rifondazione?». Secondo me, sì. «Coincidenza curiosa, eh? Ora però ti dico delle copie. Sai quando ne abbiamo perse un buon 15%? Tra il 2006 e il 2007. Cioè quando il partito era al governo. Però poi ne diffondiamo anche centomila, a Milano e Roma, con la diffusione gratuita del pomeriggio. E poi c’è il giornale online, seguitissimo. No, ascoltami: Liberazione è viva, impone temi, scatena polemiche. il partito, purtroppo, che è moribondo». Hai un buco di 3 milioni d’euro nel bilancio. «Due milioni sono sempre stati fisiologici. Ma, ora, è vero, ne abbiamo accumulato uno in più. Spiegabile: intanto abbiamo ripreso 5, 6 giornalisti dopo l’esperienza in Parlamento, tra cui Cannavò, Gagliardi e Forgione. Stipendi veri, che incidono. Come la raccolta pubblicitaria, sempre più difficile con un partito allo sbando, e come i tagli del finanziamento pubblico». Come penseresti di uscirne? «C’è un piano di ristrutturazione: bilancio in pareggio nel 2009». Tagli? «I giornalisti sono 40. I poligrafici, 18. Si procede con pensionamenti e cassa integrazione a rotazione». La redazione con chi sta? «Non tocca a me dirlo. Esci in corridoio, e chiedi». Ti stimano in parecchi. «La redazione è convinta che dobbiamo lavorare per fare un giornale che ficchi dentro la mente della sinistra un concetto: la libertà è davanti a tutto, è il valore numero uno». Discorso poco comunista. «Tutta la storia del comunismo va ripensata. Anzi, ti dico di più: io non discuto con nessuno se non stabiliamo, in partenza, che proviamo ribrezzo per ogni dittatura». Ora ti sei giocato definitivamente la poltrona. «Guarda, Ferrero io lo conosco e so che, su certe cose, la pensa come me. Purtroppo, ha fatto maggioranza nel partito con settori profondamente stalinisti e e brezneviani». Sei un po’ Bertinottiano. «Sono un giornalista libero. Che considera Bertinotti un maestro».  vero che tornerai all’«Unità», a fare il vicedirettore? «Non è vero». E allora? Che farai dopo? «Ma dopo quando? Allora non hai capito... io conto di restare qui per altri dieci anni...». Tensioni Piero Sansonetti, direttore del quotidiano di Rifondazione comunista Liberazione