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 2008  dicembre 16 Martedì calendario

DAL NOSTRO CORRISPONDENTE

BERLINO – Angela Merkel ha estratto la spada della lotta alla disoccupazione: cerca il miracolo di tenere assieme economia, politica e campagna elettorale. Chiederà alle imprese di non licenziare per tutto il 2009. Il governo farà la sua parte per aiutarle. Obiettivi: non lasciare che crollino occupazione e consumi, andare d’accordo con il partner di governo socialdemocratico, non arrivare alle elezioni del prossimo 27 settembre con le file dei disoccupati agli uffici di collocamento.
Perfettamente nel solco della via tedesca alla lotta contro la recessione. La cancelliera organizzerà in gennaio una riunione dei capi delle 30 aziende che fanno parte dell’indice Dax della Borsa di Francoforte, le maggiori del Paese. Chiederà loro di astenersi, su base volontaria (leggi sarebbero impossibili), dal licenziare per ragioni determinate dalla crisi economica durante tutto l’anno prossimo. In cambio, il governo si impegna a sostenerle: settimana corta con una parte dello stipendio coperta dal bilancio pubblico, corsi di riqualificazione, allungamento di altri programmi che favoriscono la flessibilità. «Non possiamo permettere che il 2009 diventi l’anno dei licenziamenti », ha concordato Frank-Walter Steinmeier, che è vice-cancelliere e anche candidato socialdemocratico a sfidare Frau Merkel il prossimo autunno.
La proposta si muove nel programma di mobilitazione coordinata delle varie parti della Germania, iniziativa lanciata domenica scorsa in una lunga riunione serale nella quale Merkel ha incontrato 32 tra gli uomini più potenti del Paese. Già durante quel summit, ha avanzato la proposta e pare che il numero uno di Siemens, Peter Löscher, abbia risposto che «può essere presa in considerazione».
Non si tratta della garanzia certa che nel 2009 la disoccupazione non aumenterà. Le prospettive economiche sono pessime: le previsioni più credibili dicono che l’anno prossimo il Pil scenderà di almeno il 2%, ma è possibile che il calo arrivi al 3 o al 4%. Sicuramente, la disoccupazione, oggi appena sotto i tre milioni, dovrebbe salire, secondo le analisi dell’Ufficio federale dell’Occupazione di almeno 600 mila unità. Per evitarlo, Merkel e il governo di Grosse Koalition cercano di chiamare all’unità tutti i soggetti economici e sociali. Nella lettura che della crisi dà Berlino, mantenere i posti di lavoro è il primo passo per non vedere cadere i consumi, essenziale in una fase in cui le esportazioni crollano, e per tenere unita la società tedesca.
In secondo luogo, difendere i posti di lavoro è la ricetta sulla quale sono d’accordo sia la Cdu, cioè il partito della signora Merkel, sia la Spd, il partito di Steinmeier. Altre proposte porterebbero a forti litigi. Infine, c’è un incubo elettorale per Cdu e per Spd: se la situazione si deteriorerà come previsto e il governo sarà percepito come il responsabile, perché indeciso nella risposta alla crisi, il risultato potrebbe essere imprevedibile.
Convincere le 30 del Dax sarà però difficile. Tenerle impegnate sull’obiettivo per un intero anno di super-recessione ancora di più. Poi, ci sono le migliaia di medie e piccole aziende che in molti casi vanno incontro a mesi drammatici.
E’ comunque l’ora della chiamata all’unità nazionale. Persino il ribelle capo di Deutsche Bank, Josef Ackermann, al vertice di domenica ha proposto di rilanciare la Deutschland Ag, cioè la fortezza Germania nella quale banche e imprese lavorano in coordinamento. Sotto l’occhio benevolo del governo e il consenso dei sindacati.
Danilo Taino