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 2008  dicembre 16 Martedì calendario

la Repubblica, martedì 16 dicembre 2008 Basta Bahamas, troppo costose. Addio ai viaggi oltreatlantico (colpa del supereuro) e alla fatua Las Vegas

la Repubblica, martedì 16 dicembre 2008 Basta Bahamas, troppo costose. Addio ai viaggi oltreatlantico (colpa del supereuro) e alla fatua Las Vegas. Nell´era dei crac da subprime e di un´economia che macina oltre 500mila disoccupati al mese, anche il turismo americano abbandona il cliché delle vacanze da sogno per riscoprire l´impegno del tour "neo-realista". Da qualche mese a questa parte infatti, la hit-parade delle mete più gettonate dai cittadini statunitensi ha registrato un´improvvisa impennata dei luoghi storici del New Deal: volano le prenotazioni per la Little White House, residenza estiva in Georgia di quel Franklin D. Roosevelt che in dodici anni di "regno" illuminato - dal ´33 al ´45 - strappò il paese alla morsa della grande depressione. Si moltiplicano le visite alle 100 comunità modello volute da sua moglie Eleanore per dare un tetto e un lavoro ai disoccupati a stelle e strisce nel decennio più duro della storia patria. Il centralino e la mail della National New Deal Preservation Association in New Mexico - custode di queste testimonianze storiche - sono intasati da richieste di informazioni sui "monumenti" più significativi di quell´epoca in cui il paese riuscì a risorgere dalle ceneri di una situazione economica da incubo. Per un´America in crisi d´identità, questo ritorno "turistico" alle radici ha il sapore di una sorta d´esorcismo collettivo. Gli ingredienti ci sono tutti. In negativo (il parallelo tra il crac del ´29 e l´attuale momento nero di Wall Street è già materia di dibattito accademico) ma soprattutto - almeno così sperano oltreatlantico - in positivo: la svolta del New Deal è arrivata con un nuovo presidente votato al cambiamento (Roosevelt, appunto) e con il suo massiccio programma di investimenti pubblici per la costruzione di nuove città, strade (300mila miglia), ponti (30mila), scuole (4mila) e fogne (15mila km.) che in un decennio ha cambiato il volto del paese, rilanciandolo. Copione di cui oggi gli americani si augurano di vedere il bis ? con Obama nelle vesti di attore protagonista ? grazie al piano di opere infrastrutturali già lanciato dalla nuova amministrazione. La capitale morale di questo inedite vacanze della depressione è Arthurdale, la prima delle città costruite a metà degli anni ”30 per ospitare gli operai espulsi dalle miniere di carbone della West Virginia subito dopo il crac della Borsa. Poco più di 150 case pagate allora dalla Casa Bianca, arredate con tutti i comfort dell´epoca - dai camini alle prime caldaie da riscaldamento - e rimaste ancor oggi perfettamente intatte. Il simbolo di un´America che davanti al baratro, grazie all´aiuto del governo, si rimbocca le macchine e ricostruisce il suo futuro. Gli abitanti di Arthurdale ci sono riusciti prima reinventandosi artigiani e poi, poco alla volta, lanciandosi nell´industria con la produzione di carne in scatola e la costruzione di grandi aquiloni a forma di jet per le esercitazioni dell´aeronautica statunitense. Un altro must di questo turismo-Amarcord è il museo del Ccc a Quiet Dell, in West Virginia. Il nome nasconde l´acronimo del Civilian Conservation Corp. l´ente statale a stelle e strisce che dal ´33 in poi, sempre per volere di Roosevelt, ha impegnato in lavori socialmente utili 250mila americani, dando un lavoro a un quarto dei disoccupati del paese, impegnati a piantare alberi (24 milioni), curare i parchi nazionali e in grandi opere ingegneristice come il Triborough Bridge di New York. Un´altra delle armi con cui il New Deal rooseveltiano ha traghettato il paese fuori dalla palude della depressione. Una visita al Ccc in questi giorni difficili - ha confessato qualcuno dei visitatori - ha l´effetto di un antidepressivo a costo molto minore di uno psicoterapeuta anti-crisi. Nella segreta speranza che la rinascita dal pantano dei subprime possa richiedere qualche anno in meno dei dieci necessari agli States per lasciarsi alle spalle la grande depressione. Ettore Livini