Email private vietate in ufficio di Emanuela Minucci, La Stampa, 16/12/2008, pag. 23, 16 dicembre 2008
EMANUELA MINUCCI PER LA STAMPA DI MARTEDì 16 DICEMBRE 2008
Cara zia, qui a Torino nevica. E lì da voi? Per Natale abbiamo deciso: si pranza tutti da me». Una e-mail come tante, pescata nel milione di messaggi augural-digitali che si intrecciano in questi giorni nel web. Vengono inviati da casa, dagli uffici, dai pc portatili. Ma una cosa è certa: non partiranno più dai computer del Comune di Torino. A vietare agli oltre 12 mila dipendenti della civica amministrazione l’uso personale della posta elettronica è il nuovo regolamento interno, lo stesso che circa un mese fa fece il giro d’Italia perché forniva l’ora d’aria telematica ai dipendenti (Facebook libero, ma soltanto durante la pausa pranzo).
Ora, quello stesso regolamento, che è in attesa di essere firmato dal direttore generale Cesare Vaciago (intimo amico del ministro anti-fannulloni Brunetta) si è arricchito di un veto che farà discutere ancor più dell’elenco dei siti Internet ritenuti off-limits. «E’ una decisione nata un po’ per limitare la perdita di tempo in ufficio e un po’ per salvaguardare i nostri computer da eventuali virus», ha spiegato ieri l’assessore alle Risorse Umane Beppe Borgogno. Una decisione destinata a far discutere, un po’ come quando il Comune di Torino chiese ai dipendenti di comporre un codice numerico prima di fare una telefonata privata dalla scrivania dell’ufficio.
Anche perché ogni qualvolta qualcuno tenta di mettere restrizioni sulla posta elettronica (nel 2001 anche Confindustria stese un regolamento analogo) c’è sempre chi si appella alla privacy. E il garante della medesima, Franco Pizzetti, non è mai stato molto tenero con iniziative di questo genere. Ma tant’è. Adesso i tempi in ufficio si sono brunettizzati. E Torino non perde l’occasione per mettersi avanti con il lavoro. Prima il blocco di Facebook e di Dagospia (se non all’ora del panino). Ora anche quello delle mail private. «Vorrà dire che le manderò fra le 13 e le 14,30 - scherzava ieri un dipendente del settore Contratti e Appalti - anche perchè alzi la mano chi non ha mai mandato dal computer del lavoro una mail scherzosa o anche solo un invito a cena...». E il suo collega, dandogli di gomito: «Ma poi, come faranno a beccarci?».
Già, questo è il punto. Come faranno a beccarli? L’assessore Borgogno coglie l’occasione per tranquillizzare i dipendenti: «Noi non andremo a ficcare il naso nel computer di nessun dipendente in particolare. Ma controlleremo, dal server centrale, se ci sarà un uso massivo dei messaggi non a carattere professionale: e questo si può fare». Aggiunge: «Solo in quel caso potranno scattare provvedimenti, ma non ci sarà alcun accanimento sul singolo: vogliamo soltanto invitare tutti a limitare l’utilizzo dei messaggi non professionali che, oltre a sottrarre tempo al lavoro, possono essere portatori di virus telematici».
A proposito di virus, come spiegano all’ufficio Risorse umane del Comune di Torino, fra le mail più insidiose ci sono quelle che inanellano immagini da aprire con una sequenza di clic. Storielle con intenti umoristici che circolano un po’ in tutti gli uffici, messe in giro ad arte per distribuire insieme con il buon umore anche una belle serie di bachi: «Resta celebre quella inviata da un immaginario capufficio - ironizzavano ieri all’ufficio Personale - che si concludeva con la frase: – Sono le tre del pomeriggio e ti vedo che non stai facendo un c....».
E-mail come queste, se il nuovo regolamento interno verrà osservato, non circoleranno più.
L’amministrazione torinese ha anche deciso - prima in Italia - di razionare il tempo in cui l’impiegato comunale può dilettarsi con siti che con il rendimento in ufficio poco hanno a che vedere. L’assessorato al Personale ha messo a punto la lista degli indirizzi web che potranno essere visitati soltanto durante l’ora d’aria telematica grazie al sofisticato sistema «Web-Sense»: un capufficio virtuale e infallibile che, puntuale come un orologio, una volta scaduto il tempo della ricreazione on line fa calare un sipario elettronico su qualsiasi collegamento «soft».
Si sono arrabbiati i dipendenti? Pare di no, perchè il Comune avrebbe pure potuto oscurare per sempre questi siti (l’amministrazione di Parigi, per esempio, ha fatto così). E invece ha lasciato loro una finestra di un’ora e mezzo per scorazzare liberi nel web.