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 2008  dicembre 16 Martedì calendario

PAOLO BRUSORIO PER LA STAMPA DI MARTEDì 16 DICEMBRE 2008


A Natale si è tutti più buoni e allora se c’è una ricorrenza per ricomporre le fratture scomposte, ecco, la cena sotto l’albero è inarrivabile. Così ieri sera, Silvio Berlusconi e Gianni Rivera hanno santificato la festa e siglato se non una pace, almeno la fine della guerra. L’occasione? Il Natale rossonero che coincide quest’anno con l’anniversario della vittoria nell’ultima Coppa Intercontinentale (16 dicembre 2007, Yokohama) approdo di quelle avventure internazionali rossonere cominciate nel 1963 con la Coppa dei Campioni strappata al Benfica nella cavalcata di Wembley. Proprio questa vittoria in bianco e nero è il gancio cui in via Turati hanno appeso la telefonata di invito a Rivera. L’ex numero 10 ieri sera si è infatti accomodato al tavolo 12 del salone, con lui (e signora) altri reduci di quella notte: Altafini, Dino Sani arrivato apposta dal Brasile, Trapattoni, Pivatelli, Pelagalli e Cesare Maldini. Proprio l’ex ct e capitano a Wembley è stato investito dalla società dell’ambasciata con il grande nemico. Sondato il terreno, e trovata disponibilità, la pratica è stata poi gestita dalla segretaria di Adriano Galliani, la signora Mary, istituzione di quegli uffici, presente quando dire Rivera era dire Milan.Facile pensare che, a quel punto, l’ex golden boy non abbia saputo rinunciare. E così nei saloni della vecchia Fiera, trasformati per l’occasione in una Milano anni 60 (sedie di paglia, bocciofila, filobus, calciobalilla, ma anche una torre alta 4 metri di bottiglie di champagne, queste molto poco d’antan) 800 persone hanno assistito alla riconciliazione.Dopo un ventennio di gelo. Dall’avvento del Cavaliere, infatti, Rivera finisce ai margini della storia rossonera: è il nome da non evocare, il ricordo da non celebrare, il giocatore da non premiare. Per dire: Baresi viene eletto giocatore del secolo in occasione del Centenario e il numero 10 trombato per qualcuno non senza sospetti (una sua vittoria avrebbe creato non pochi imbarazzi) nemmeno va alla festa santificata in tv. Quando Berlusconi compra il Milan nell’86, Rivera, che ha smesso di giocare nel ”79 regalando la stella al Milan e che occupa la carica di vicepresidente, viene messo da parte come una scopa vecchia. Troppa la differenza di filosofia tra i due, tra gli elicotteri e la erre arrotata del campione di Alessandria. L’ostracismo cresce in modo esponenziale. Da Arcore, Berlusconi muove verso Roma e la discesa in politica scava tra i due un vallo ancora più profondo. Rivera, già in campo con la Dc, finisce nel Patto Segni e in Parlamento. Da allora, nell’emiciclo sta sempre opposto a Berlusconi, nel 2001 poi rivaleggiano alle Politiche (collegio 1), l’ex capitano graffia («Di calcio Berlusconi ne capisce molto più di me, per il bene degli italiani speriamo che torni ad occuparsi del Milan a tempo pieno»), ma il Cav stravince. Rivera continua senza mai lasciare troppe tracce, vero, ma distinguendosi ogni qualvolta gli tocca parlare di Milan: è la filosofia che non piace al simbolo oscurato. L’apice della battaglia un paio di anni fa. Balla la poltrona della Figc in piena Calciopoli, Rivera tra i candidati. Non gradito al Cavaliere. «Ha fatto di tutto per farmi andare via dal Milan. La mia responsabilità è stata non aver accettato di essere un dirigente di quart’ordine quando Berlusconi è diventato presidente: fare il cavalier servente non è da me». Dal sito societario si replica a pallettoni: «Rivera si astenga dal parlare del Milan, dietro la scrivania ha fatto abbastanza danni. I milanisti che lo hanno amato sono tantissimi, ma da dirigente ci ha portato due volte in B e in Belgio e in Brasile ancora sorridono per i mancati affari di Ceulemans - pennellone belga in auge negli Anni 80 sfuggito al Milan - e Zico». Tocco finale: «Reazione da padroni del vapore». Fine delle trasmissioni. Riprese ieri sera. Rivera è l’ultimo a salire sul palco, Berlusconi consegna la maglia celebrativa e officia, non senza una spruzzata di malizia: «Aveva il cervello nei piedi, e speriamo che non ce l’abbia ancora lì... E’ stato un esempio per tutti e ci ha fatto vivere momenti indimenticabili con il Milan e con la nazionale». Consegna della maglia, stretta di mano. E nemici come prima. O quasi.