Massimo Gramellini, la Stampa 16/12/2008, 16 dicembre 2008
MASSIMO GRAMELLINI PER LA STAMPA DI MARTEDì 16 DICEMBRE 2008
Da alcuni giorni tengo un biglietto vicino al computer. Di tanto in tanto lo rileggo, anche se sono solo tre righe e ormai le ho imparate a memoria. La scrivente è una delle tante persone anziane che per Natale hanno ricevuto una piccola somma di denaro da «Specchio dei tempi», la cassaforte sentimentale di questa razza Nordovest che non sopporta chi chiede l’elemosina, ma si squaglia davanti a chi soffre con dignità: ai tempi di Cavour li chiamavano «poveri vergognosi».
Il biglietto è un cartoncino qualsiasi. Uno di quegli anonimi biglietti bianchi che alla vigilia di Natale mia madre estraeva dal cassetto della sua ribaltina per scrivere gli auguri. Fosse ancora viva, avrebbe l’età di questa signora. E la stessa calligrafia imparata in una scuola che la insegnava ancora: le maiuscole panciute, le «z» con lo sbuffo sotto la base, le lettere lievemente staccate una dall’altra. Comincia così: «Ringrazio di vero cuore per il preziosissimo aiuto che mi avete dato». L’idea che quei pochi soldi siano «preziosissimi» per pagare una bolletta o saldare il conto del droghiere mi fa venire voglia di togliermi le scarpe e tirarle in faccia al mondo intero. Ma mi fermo subito, sicuro che la signora non approverebbe. «Ricambio con la preghiera riconoscente e auguro Buon Natale e Felice Anno Nuovo». Segue il nome, preceduto dalla parola «abbonato» che per certi lettori de La Stampa vale più di una mostrina. I potenti che ci chiedono di essere ottimisti sappiano che non sarà il loro esempio a renderci tali. Sono biglietti come questo che ci danno la forza di non mollare.