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 2008  dicembre 15 Lunedì calendario

Europa in prima linea nella lotta planetaria all’inquinamento e all’effetto serra. Il Consiglio europeo (il vertice dei capi di Stato e di governo dell’Unione) che si è concluso il 12 dicembre a Bruxelles ha confermato i tre obiettivi cardine, da raggiungere nel 2020, proposti poco meno di un anno fa dalla Commissione europea, e cioè: ridurre del 20% le emissioni di anidride carbonica (rispetto ai dati del 2005), produrre il 20% dell’energia da fonti rinnovabili, migliorare del 20% l’efficienza energetica

Europa in prima linea nella lotta planetaria all’inquinamento e all’effetto serra. Il Consiglio europeo (il vertice dei capi di Stato e di governo dell’Unione) che si è concluso il 12 dicembre a Bruxelles ha confermato i tre obiettivi cardine, da raggiungere nel 2020, proposti poco meno di un anno fa dalla Commissione europea, e cioè: ridurre del 20% le emissioni di anidride carbonica (rispetto ai dati del 2005), produrre il 20% dell’energia da fonti rinnovabili, migliorare del 20% l’efficienza energetica. L’accordo sul Pacchetto ”Clima ed energia” varato dai Ventisette non era però scontato ed è stato raggiunto introducendo alcune flessibilità, rispetto al documento iniziale, richieste soprattutto dai governi di Roma e Berlino. L’Italia in particolare riteneva troppo oneroso il prezzo che avrebbero dovuto pagare le imprese nazionali. Alla base del Pacchetto, il cui costo complessivo è stimato intorno ai 100-120 miliardi di euro, vi è infatti il principio che le industrie debbano pagare per l’inquinamento che producono, e che in una Borsa delle emissioni si possano vendere e scambiare i permessi di inquinamento. L’agenda del Pacchetto stabilisce che le imprese debbano acquistare il 20% dei permessi a partire dal 2013, per arrivare al 100% nel 2027, ad eccezione dei settori industriali esposti alla concorrenza internazionale e al rischio di delocalizzazione, che li riceveranno gratis fino al 2020. L’Italia ha ottenuto di inserire in questa categoria, dunque meritevoli di esenzione, alcune produzioni sensibili nazionali come carta, vetro, ceramica e tondini di ferro (analoga deroga per numerosi settori industriali tedeschi). Secondo le prime stime, il sistema industriale italiano potrà risparmiare così circa il 75% dei sovraccosti che la prima versione del Pacchetto europeo avrebbe comportato. Un altro risultato favorevole per l’Italia riguarda gli impianti di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica: come riconoscimento della tecnologia sviluppata in questo settore, Roma ha ottenuto l’impegno a «una distribuzione equa» dei progetti che saranno finanziati dalla Ue: dei 12 impianti pilota previsti, uno dovrebbe essere realizzato nel nostro paese. L’Italia è stata poi capofila di un gruppo di paesi che ha imposto una prima verifica del Pacchetto nel marzo 2010, «alla luce del risultato dei negoziati internazionali» (alla fine del 2009 si terrà infatti la Conferenza di Copenhagen che dovrà ridisegnare il Protocollo di Kyoto). Diverse, a Bruxelles, le letture di questa verifica. Per il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, l’Europa può dare l’esempio ma non può andare avanti da sola, se Stati Uniti, India e Cina non cambiano la propria politica ambientale: dunque in questo caso si imporrebbe un passo indietro. Per il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso, invece, la revisione «potrà solo aumentare la percentuale di emissioni da tagliare» (il documento finale del Consiglio europeo parla della possibilità di un passaggio dal 20 al 30%). Nelle stesse ore del Consiglio europeo il vertice climatico delle Nazioni Unite, a Poznan, in Polonia, tentava di gettare le basi per il dopo Kyoto. Il protocollo firmato nella città giapponese l’11 dicembre 1997, che sancisce una limitazione delle emissioni ritenute da molti responsabili dell’effetto serra e del conseguente surriscaldamento del pianeta, scadrà alla fine del 2012 (dopo quella data nessun paese sarà obbligato a rispettarne i parametri). entrato in vigore solo all’inizio del 2005, quando, con l’adesione della Russia, è stata soddisfatta anche l’ultima condizione prevista: cioè che fosse ratificato da almeno 55 paesi. Prevede che i paesi più industrializzati nel periodo che va dal 2008 al 2012 riducano le emissioni di gas serra almeno del 5% rispetto al 1990. Gli Stati Uniti, con il presidente Bush, hanno ritirato la loro adesione al protocollo inizialmente sottoscritta dal presidente Clinton. Cina e India hanno ratificato il trattato ma sono state esonerate dai suoi obblighi insieme ad altri paesi in via di sviluppo: l’effetto serra si è prodotto prima della loro grande industrializzazione e, come prescriveva già nel 1992 la Dichiarazione di Rio (sulla quale si fondò poi il protocollo di Kyoto), per l’inquinamento globale bisogna riconoscere «comuni ma differenziate responsabilità». Un nuovo accordo internazionale sul clima, l’ambiente e l’energia dovrà partire il primo gennaio 2013. Europa, Nord e Sud del mondo procedono per ora in ordine sparso verso la Conferenza di Copenhagen dell’anno prossimo che dovrebbe fissarne i contenuti. Al vertice polacco dell’Onu, però, Al Gore, ex vice presidente nell’amministrazione Clinton e capofila degli ambientalisti americani, ha sottolineato i passi avanti della Cina. E John Kerry, prossimo presidente della commissione Esteri del Senato Usa, molto vicino al presidente eletto Barack Obama, ha salutato con favore l’intesa raggiunta dall’Europa e confermato la netta inversione di rotta che si annuncia a Washington in tema di politiche ambientali.