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 2008  dicembre 15 Lunedì calendario

L’Authority per le Tlc ha approvato gli "impegni volontari" di Telecom Italia per una maggiore apertura e per la trasparenza dell’accesso alla sua rete di trasmissione

L’Authority per le Tlc ha approvato gli "impegni volontari" di Telecom Italia per una maggiore apertura e per la trasparenza dell’accesso alla sua rete di trasmissione. Open access, struttura aziendale interna a Telecom Italia, operativa da febbraio 2008, non ha riportato il sereno nei rapporti con gli altri concorrenti della telefonia, i cosiddetti Olo, che continuano a chiedere una separazione della rete molto più netta di quella proposta da Telecom. Per questo motivo la ritrovata armonia tra Franco Bernabè, amministratore delegato di Telecom, e Corrado Calabrò, presidente AgCom, è stata accolta con diffidenza. L’approvazione degli "impegni volontari" di Telecom è avvenuta alla vigilia delle decisioni sull’adeguamento del canone all’ingrosso per l’unbundling, cioè del costo sull’ultimo miglio di rete (quello che arriva fino a casa degli utenti) che gli altri operatori (Vodafone, Fastweb, Tiscali, Wind, Colt, Bt) riconoscono a Telecom Italia per affittare le linee telefoniche. Telecom ha ottenuto il via libera all’aumento del canone residenziale, cioè quello pagato dalle bollette dall’utenza al dettaglio, di circa il 10%. Questa misura porterà nelle casse della società circa 160 milioni di euro di fatturato in più ogni anno. Per il servizio di unbundling, la società guidata da Bernabè punta a incamerare un aumento compreso tra i 7,64 euro e i 9,39 euro al mese così come avviene in Gran Bretagna. Open access potrebbe essere un primo passo verso un’ulteriore evoluzione del sistema con cui è regolata l’infrastruttura telefonica in Italia. La governance della nuova struttura, esercitata attraverso un Organo di vigilanza che dovrà segnalare eventuali violazioni degli impegni da parte di Telecom, è ancora troppo legata all’operatore principale. Tre dei cinque membri indipendenti che la compongono saranno nominati dall’autorità, due dal cda di Telecom. I concorrenti gridano allo scandalo perché Open Access non opera una vera separazione funzionale dell’infrastruttura ma una semplice riorganizzazione interna della stessa Telecom supervisionata da persone che in parte le appartengono. Lo sviluppo della rete Telecom è strettamente legato al futuro della televisione. La tendenza al declino della tv tradizionale è chiara, così come è chiaro lo sviluppo della Pay tv e della tv on demand che si stanno affermando attraverso il satellite e la Iptv (la tv che entra nelle case attraverso il doppino telefonico o la banda larga). Non è un caso che tra i maggiori sponsor di una più netta separazione dell’ultimo miglio di rete da Telecom ci sia anche Mediaset, società che punta a contrastare lo sviluppo di Sky attraverso la Iptv e per la quale la separazione della rete di accesso sarebbe molto attraente. Bernabè ha cominciato a piantare alcuni paletti ben precisi. Una futura divisione anche societaria della rete dell’ultimo miglio potrà realizzarsi solo a fronte di un progetto esclusivamente industriale e non finanziario. In questo momento l’unico ente in grado di mobilitare risorse sufficienti per un investimento di questo tipo, quattro o cinque miliardi di euro di capitale proprio, è la Cassa Depositi e Prestiti nella nuova versione voluta da Tremonti. Le Fondazioni di origine bancaria, già azioniste della Cdp, potrebbero a loro volta essere favorevoli a promuovere investimenti in infrastrutture come la rete Telecom. ovvio che il persorso non sarà semplice, necessita di un quadro regolatorio certo che consenta alla futura società della rete di ripagarsi gli ingenti investimenti necessari a sviluppare una rete in fibra ottica.