Sergio Romano, Corriere della Sera 15/12/2008, 15 dicembre 2008
L’INUTILE E SANGUINOSA GURRA DELLE FALKLAND
di SERGIO ROMANO
Mi è capitato di recente di vedere il film «Cartas a Malvinas» (Lettere alle Falkland) di un giovane regista argentino, Rodrigo Fernandez. Io avevo poco più di 10 anni ai tempi della guerra delle Falkland, e non ricordo molto, se non che se ne parlò più dal punto di vista europeo (quindi dell’attacco subito dalla Gran Bretagna). Il film che ho visto, girato con un budget basso ma nonostante ciò riuscendo a rappresentare le scene di guerra in maniera sorprendente, non vuole rivendicare le ragioni di una parte o dell’altra (anche se, essendo il regista argentino, il punto di vista che risalta è quello degli sconfitti). incentrato invece sul tema della memoria e del perdono.
Ma per perdonare è necessario sapere: mi può aiutare a conoscere di più questa guerra? Spero inoltre che qualche attento distributore possa interessarsi a questo film: non sarà un blockbuster né un cine-panettone, ma una testimonianza sull’amore che porta gli uomini ad agire coraggiosamente.
Chiara Giacomini
cgiacomini@fastwebnet.it
Cara signora,
Di tutte le guerre combattute dopo la fine del secondo conflitto mondiale, quella per le isole Falkland (in spagnolo Malvinas) fu probabilmente la più assurda e la più inutile. Dal momento della loro scoperta nel XVII secolo le isole erano state successivamente inglesi, francesi, spagnole, argentine (dopo la proclamazione dell’indipendenza delle colonie spagnole) e finalmente britanniche. Litigare per il loro possesso era comprensibile negli anni in cui gli imperi europei si contendevano il controllo delle rotte oceaniche e in cui la conquista di un atollo era una tappa sulla strada di più vaste ambizioni. Ma nel 1982, quando un corpo di spedizione argentino sbarcò sulle Falkland e ne prese possesso, le isole non meritavano una guerra. Erano abitate da circa tremila cittadini britannici di origine prevalentemente scozzese, non avevano una particolare importanza strategica e vivevano di pastorizia, pesca e commercio del legname. Nulla, in linea di principio, avrebbe dovuto impedire un accordo anglo-argentino per l’amministrazione congiunta delle isole. Ma gli argentini non avevano mai smesso di rivendicarle e il governo britannico sosteneva, come nel caso di Gibilterra, che non avrebbe preso alcuna decisione contro la volontà degli abitanti. Vi furono alcuni dispetti reciproci, ma la vera causa della crisi fu la situazione politica a Buenos Aires.
Dal 1976 l’Argentina era governata da una giunta militare che aveva brutalmente eliminato i suoi oppositori, ma si era dimostrata incapace di raddrizzare le sorti economiche del Paese e di garantire ai suoi cittadini una decorosa esistenza. Quando l’inflazione balzò al 160%, la disoccupazione registrò aumenti preoccupanti e la recessione ridusse del 6% il prodotto interno lordo, la Giunta decise che la conquista delle Falkland avrebbe lusingato il patriottismo argentino, distratto la pubblica opinione e messo il regime al riparo da eventuali soprassalti rivoluzionari. All’inizio tutto fu facile. Il modesto presidio britannico venne rapidamente sopraffatto, il governatore si arrese e la bandiera argentina svettò trionfalmente sui modesti edifici di Port Stanley. Ma la giunta di Buenos Aires non aveva fatto i conti con l’orgoglio britannico e con la tenacia di Margaret Thatcher, primo ministro dal 1979. In breve tempo la Gran Bretagna mise in piedi un corpo di spedizione composto da 6.000 uomini, trenta navi da guerra, parecchie navi-appoggio e un consistente sostegno aereo. Le operazioni militari durarono meno di due mesi e si conclusero con la resa degli argentini il 14 giugno. Ma non si trattò di una scaramuccia. La Gran Bretagna perdette 250 uomini, 6 navi, 9 aerei Harriers, dieci elicotteri che andarono a fondo con la nave che li trasportava; e consumò nell’operazione un miliardo e 600 milioni di sterline. L’Argentina perdette poco meno di ottocento uomini, fra cui i 368 marinai dell’incrociatore General Belgrano, e un considerevole numero di aerei. La guerra ebbe anche ricadute politiche: Margaret Thatcher fu trionfalmente rieletta nel 1983 e la giunta militare argentina, nello stesso anno, perdette il potere.
Aggiungo, cara signora, che la guerra imbarazzò il governo presieduto da Giovanni Spadolini, diviso fra la necessità di condannare il colpo di mano della Giunta militare contro un alleato atlantico dell’Italia e l’opportunità di non offendere il patriottismo degli argentini di origine italiana. Quando la Giunta dovette sgombrare il campo e le elezioni argentine furono vinte dal radicale Raoul Alfonsin, il governo italiano tirò finalmente un sospiro di sollievo.