Linate la spina nel fianco di Malpensa di Marco Alfieri, Il Sole 24 Ore, 13/12/2008, pag. 19, 13 dicembre 2008
Sessant’anni di guerra intestina... Certo il campanilismo da strapaese Roma-Milano. Certo la ritrosia di un’Alitalia romanocentrica a trasferire la base d’armamento a Malpensa
Sessant’anni di guerra intestina... Certo il campanilismo da strapaese Roma-Milano. Certo la ritrosia di un’Alitalia romanocentrica a trasferire la base d’armamento a Malpensa. Certo il tifo (disperato) per Lufthansa contro AF . Ma c’è soprattutto un non detto decisivo che si chiama Linate, l’aeroporto a 10 minuti dal centro. O i milanesi avranno la forza di ridimensionarlo, tassativo, oppure fare lobby pro Malpensa, nella partita Cai di queste ore, è semplicemente velleitario. Anche perché il dualismo è vecchio di 60 anni. Già Giuseppe de Finetti, assessore filo Malpensa alle questioni territoriali della Provincia di Milano dal 1946 al 1951, si trovò a combattere la Società Aviolinee Italiane e i notabili locali decisi a ricostruire in via preferenziale lo scalo di Linate, al posto di quello intercontinentale di Malpensa. Il suo fu un predicare nel deserto, perché nel ’49 Malpensa nasce ma in posizione di rincalzo rispetto al Forlanini. Passano 40 anni e il dualismo riesplode con il progetto Malpensa 2000, pensato nel 1985 nelle stanze dell’Iri di Romano Prodi. Ma solo con Tangentopoli il dossier prende corpo. Alle Comunali del ’93, l’onda leghista, in una Milano devastata da Mani pulite, spinge a palazzo Marino Marco Formentini. Il sindaco lumbard chiama all’Economia Marco Vitale. L’economista si dimetterà l’anno dopo, ma è grazie a lui se il progetto viene inserito dall’Ue tra le reti Ten da finanziare. All’origine della Grande Malpensa vi è dunque l’esigenza di avviare un hub capace di frenare la perdita di traffico a vantaggio di altri scali europei, visto che la clientela business del nord Italia ha sempre volato nel mondo "saltando" la pianura Padana. Ma per lanciare Malpensa si doveva dirottare molto traffico tenendo Linate piccolo per alcuni anni, come fece Parigi con Orly quando nacque il CdG. Peccato che il decreto Burlando del ’96, che trasferiva i voli da Linate su Malpensa lasciando al Forlanini la navetta con Roma, non fu mai applicato per le pressioni politiche bipartisan, a cui si unì ben contenta la lobby dei vettori stranieri a Bruxelles. Tutta la politica e gli interessi: i milanesi e il sindaco Albertini hanno trovato comodo tenersi Linate, il sud ha trovato comodo volare sul Forlanini, atterrando vicino al Duomo, e Roma ha difeso Fiumicino. Così quando Malpensa 2000 viene inaugurata nel ’98, l’idea di trasformare Linate in semplice stazione volante per la capitale è già bella che archiviata. Per questo l’autout di ieri di Rocco Sabelli («Cai a Malpensa solo se Linate diventa un city airport») suona come una nemesi beffarda, con il Forlanini che 10 anni dopo fa ancora viaggiare 9,5 milioni di passeggeri, facendo concorrenza anzitutto a Malpensa. Trasferire le rotte è infatti possibile solo rinegoziando il riparto dei voli in sede Ue. Ma di certo un riequilibrio virtuoso non ci sarà mai finchè continueranno le lotte intestine, con la Regione pro Malpensa (esclusa dal capitale Sea) che vorrebbe depotenziare il Forlanini, e il Comune e la Provincia, soci di maggioranza, all’84,5%, e minoranza, al 14,5%, tradizionalmente contrari per motivi di consenso elettorale. Paradossalmente, ci fu anche chi tentò di sciogliere l’eterno dualismo dentro una più ampia operazione tricolore. Siamo nell’estate ’99. L’Iri vuol vendere il 54,2% di Adr. Tra gli acquirenti c’è Cesare Romiti attraverso Gemina. La regia è di Mediobanca, che ha in testa il progetto Poseidon, cioè la fusione Adr-Sea. Albertini e Francesco Rutelli trattano ma alla fine il matrimonio salta. Ci si limita allo spezzatino: Romiti compra Adr e Albertini nomina Giorgio Fossa in Sea, su imbeccata proprio di Romiti. Lasciando intatta la competition tra scali milanesi. Nel frattempo Albertini finisce il mandato, siamo nel 2006, e a palazzo Marino arriva Letizia Moratti. Nel 2007 anche in Sea si cambia: al posto di Giuseppe Bencini arriva Giuseppe Bonomi, manager capace, vicino al Carroccio. lui il nuovo presidente e ad, alla guida di un board con Lino Girometta, in quota An, Vittorio Belingardi, Fi, l’assessore regionale, il formigoniano Raffaele Cattaneo, e l’ex presidente di Univa, Alberto Ribolla. Con Moratti e Bonomi il partito di Linate comincia a sgretolarsi. «Se vogliamo sviluppare Malpensa come hub non possiamo non tenere conto del freno che rappresenta Linate», ripete da mesi il gestore. Naturalmente Bonomi non vuol chiudere il Forlanini, bensì dimagrirlo. Da buon varesino è sensibile allo sviluppo di Malpensa (nel suo primo mandato in Sea, 10 anni fa, ruppe con Albertini proprio su questo). Ed è lui che sta pilotando l’ambiziosa trattativa con Lufthansa, che vuol fare dello scalo il suo 4° hub. Anche se il cambio nei rapporti di forza sul dualismo aeroportuale si legge plasticamente nella geografia del cda Sea: Bonomi, Cattaneo e Ribolla sono appunto varesini. Malpensa è in provincia di Varese. Che è anche la capitale del Carroccio (non a caso ieri è stato il varesotto Marco Reguzzoni, onorevole bossiano doc, il più critico verso Colaninno: «Cai? Non ha alcuna intenzione di venire su Malpensa»). Dunque è su questo scenario che s’innesta la nuova strategia morattiana (avvicinando Comune e Pirellone), disponibile a ridimensionare il Forlanini in cambio del potenziamento di Malpensa in chiave Expo 2015. Per il resto, siamo alle geometrie variabili. Con il filo Linate Ignazio La Russa a braccetto di Filippo Penati, ormai in campagna elettorale e quindi tenacemente pro Forlanini. Con Formigoni e Carlo Sangalli possibilisti. E con la Moratti filo Malpensa ma che sta galleggiando per tenere insieme da un lato An e i forzisti milanesi, dall’altro la partita Expo e la Lega.