Ivo Romano, La Stampa 14/12/2008, 14 dicembre 2008
Ammazza quanto mangia Michael Phelps. Aveva sparato grosso, ai tempi della trionfale Olimpiade: dodicimila calorie, una specie di bomba mandata giù senza rimorso alcuno
Ammazza quanto mangia Michael Phelps. Aveva sparato grosso, ai tempi della trionfale Olimpiade: dodicimila calorie, una specie di bomba mandata giù senza rimorso alcuno. Ora ha corretto il tiro, tra le pagine della sua autobiografia, il cui titolo è tutto un programma, No Limits. Senza limiti, appunto. Qualunque cosa faccia lui non ne ha. Se c’è da arrivare primo al traguardo, non fallisce mai: un nuotatore così vincente non lo si era mai visto prima. Se c’è da presentarsi al pubblico, nemmeno: presentava il suo libro a una platea di studenti dell’Adelphi University di Long Island, biglietti volatilizzatisi in un’ora scarsa. Quando si tratta di mangiare, poi, può trovare rivali solo nella crescente categoria mondiale degli obesi. Ma con una sostanziale differenza: lui è un atleta di spicco e non mette su neanche un filo di grasso. E se ha corretto il tiro, poco importa. sempre a livelli da record. «Allora avevo esagerato: le calorie sono tra 8 e 10mila, non 12mila». Hai detto niente, Michael. Solo a pensarci vien voglia di mettersi a dieta. Perché a sentir snocciolare le varie pietanze della sua colazione tipo si rischia di andare incontro a incubi notturni, popolati di valori sballati, colesterolo al massimo, come trigliceridi e quant’altro. Provare per credere: tre sandwich con uova fritte, formaggio, lattuga, pomodori, cipolle fritte e maionese a volontà, una gustosa omelette, tre fette di pane francese tostato con zucchero in polvere e per concludere tre pancake al cioccolato. Perfetto, dopo l’allenamento mattutino. Prima, invece, barretta energetica, bagel e cereali, giusto per darsi la sveglia e cominciare la giornata col piede giusto. Il resto, dopo. Nell’arco di una giornata in cui contare le calorie a migliaia. Quando lo spiegò alle Olimpiadi, qualcuno provò a imitarlo. Inutile dire che si fermò molto prima del traguardo, anzi appena dopo la partenza della maratona calorica. Lui, invece, non deroga e non ingrassa. Fisico perfetto, da nuotatore senza eguali. Come un tempo Babe Ruth, un fenomeno anche lui, ma nel baseball: giocò una partita dopo aver mangiato quattro bistecche e otto hot dog. Americano, in tutto, compresi i gusti gastronomici. Altra cosa, Phelps. Gira il mondo, per gareggiare. E lo gira anche a tavola. Era a Pechino, gustava cucina di mezzo pianeta. Un po’ di Grecia, tanto per non mantenersi leggero. Con tanto di gyros di carne, un piatto che i delicati di stomaco digeriscono solo col bicarbonato. E tanto feta, tradizionale formaggio ellenico. Per spuntino fuori pasto, se non sandwich che lui divorerebbe anche nottetempo, va bene pure una pizza, italiana o americana fa poca differenza. E se ha voglia di qualcosa di più esotico e piccante, un bel salto al ristorante messicano: ingoiare una dietro l’altra svariate "enchiladas" di bufalo è una gran bella alternativa. Una gioia per qualsiasi cuoco. Mangia di tutto, poco o niente escluso. E pazienza se nella corsa alle calorie si ferma a 10mila, senza spingersi fino a 12mila. Michael Phelps resta un fenomeno. A tavola come in piscina.