Federico Rampini, la Repubblica 14/12/2008, 14 dicembre 2008
PECHINO
Wang Shan era un giovane medico di 22 anni, Yang Yin un´infermiera di 19, quando si presentarono all´ufficio matrimoniale nella loro cittadina dello Hunan. Ciascuno aveva in mano la lettera della «unità di lavoro», la cellula del partito comunista che li autorizzava a sposarsi. Nessun fotografo, niente abito da sposa. «Con un salario di 30 yuan (3 euro) al mese - dice Wang - il banchetto nuziale fu una distribuzione di caramelle ai colleghi di lavoro. Per avere un letto matrimoniale dovetti prendere in prestito una brandina dell´ospedale». Il sogno della giovane coppia? «Un futuro radioso per noi voleva dire poterci comprare una bicicletta, una macchina da cucire; forse perfino un orologio da polso, e il lusso estremo di una radiolina a transistor», ricorda Yang. Era una vigilia d´inverno di trent´anni fa. Wang e Yang non potevano sapere che il giorno stesso delle loro nozze nei palazzi del potere di Pechino maturava una decisione che avrebbe cambiato il resto della loro vita, il loro orizzonte e i loro sogni, consegnando a generazioni di figli e nipoti una Cina irriconoscibile.
La data: 18 dicembre 1978. Quel giorno, alla terza sessione plenaria dell´11esimo Comitato centrale del partito comunista, il leader Deng Xiaoping presentava una mozione di cui pochi capirono la portata. Una modesta riforma: così sembrava, nel tipico stile gradualista e prudente di Deng. Raccomandava ai villaggi agricoli di introdurre un sistema di «responsabilità» - è la definizione sibillina del testo ufficiale - per legare il guadagno dei contadini alla produttività dei loro raccolti individuali. Era l´inizio della contro-rivoluzione. L´abbandono dell´egualitarismo maoista. Il primo germe dell´economia di mercato, introdotto alla chetichella nell´immenso corpo indolente della Cina rurale, il gigante addormentato del Terzo mondo. Il virus del guadagno, iniettato a centinaia di milioni di contadini, in pochi anni fece crescere i raccolti a livelli mai visti, affrancando per sempre la Repubblica popolare dal flagello delle carestie. Di lì a poco Deng avrebbe varato un esperimento ancora più importante, creando le «zone economiche speciali» nella regione meridionale del Guangdong. Erano porti franchi aperti agli investimenti stranieri, su cui si lanciarono per primi gli scaltri capitalisti cinesi d´oltremare, da Hong Kong e Taiwan. L´inizio del prodigio industriale cinese.
Da quel Plenum del partito comunista di trent´anni fa parte una catena di eventi che ha cambiato il destino di un miliardo di persone e la storia del mondo. Ha stravolto le gerarchie tra le nazioni, ha disegnato la fisionomia della globalizzazione. La sorte ora gioca uno scherzo crudele a questo anniversario. Per mesi i leader di Pechino avevano curato i preparativi della celebrazione: il secondo grande evento del 2008 dopo le Olimpiadi, per l´iconografia del regime. Ma proprio quando arriva la data fatidica per commemorare i trent´anni di economia di mercato, sulla Repubblica popolare soffia un vento sinistro. Lo spettro di una Grande Depressione è in cima ai pensieri di tutti. Non è aria di festeggiamenti ma di interrogativi angosciosi. Uno domina su tutti: quale sarà il prezzo da pagare per essere balzati ai vertici del capitalismo mondiale? Per una nazione che non ha una vera memoria storica del 1929 (allora la sua economia era troppo decadente e periferica per sentire davvero gli effetti del crac), poi fu isolata a lungo dall´autarchia maoista, questo è il primo impatto veramente drammatico con un rovescio del ciclo economico. Le riflessioni sulla svolta storica di trent´anni fa assumono di colpo un tono diverso. Dai racconti sul "come eravamo" affiora una curiosità nuova, la voglia di riscoprire esperienze sepolte nel passato dei genitori e dei nonni, ricordi di privazioni, rinunce, miserie quotidiane.
Yu Manxiang oggi ha 58 anni, è infermiera all´ospedale Ruijin di Shanghai. La figlia di Yu compiva due anni alla vigilia delle riforme di Deng Xiaoping. «Nel 1978 - ricorda Yu - avevamo ancora la tessera del razionamento alimentare. Un chilo di uova al mese, nemmeno un uovo al giorno per la mia bambina. Il diritto a una bottiglia di latte quotidiana era scaduto al compimento del suo primo anno. Vivevamo in un appartamento diviso tra più famiglie, in un caseggiato popolare senza accesso alle fognature. Ogni mattina facevamo i turni per pulire la latrina collettiva. Anche l´unico rubinetto dell´acqua corrente dovevamo usarlo a turno». Sua figlia Zhou Zhuxin si è sposata nel 28esimo anniversario delle nozze dei genitori. Per il banchetto si è fatta truccare da un celebre coiffeur-stilista; ha affittato un salone privato in un hotel a cinque stelle, con orchestra e piattaforma da ballo liscio; un cameraman professionale ha prodotto un dvd dell´evento come omaggio per tutti gli ospiti. I giovani sposi, laureati e dipendenti di multinazionali straniere, si sono trasferiti in un appartamento di 150 metri quadri che all´epoca dei genitori avrebbe ospitato cinque famiglie. La mamma della sposa insieme alla gioia sente un velo d´inquietudine: «Quando eravamo giovani non avremmo mai immaginato tanto benessere. Quello che è accaduto in trent´anni è andato ben oltre i nostri sogni. Ma sarà lo stesso per questi ragazzi?».
Xue Deyu ha 64 anni. Nel 1978 lavorava come impiegata per un´azienda farmaceutica di Shanghai, salario 40 yuan al mese (quattro euro). Ricorda gli acciacchi di quegli inverni. «Quando si avvicinava il Capodanno lunare - racconta - scattava l´ansia di fare provviste alimentari con settimane di anticipo, visto che mancava tutto. Chi arrivava ultimo al mercato poteva restare a mani vuote. Perciò si organizzavano file notturne davanti al negozio di quartiere, lunghe code per essere pronti a scattare il mattino, e quando apriva la saracinesca era un parapiglia, liti e risse. Faceva talmente freddo durante quelle attese che al Capodanno arrivavamo regolarmente ammalati». Da quel momento in poi, la sua storia è una ricostruzione esemplare del formidabile boom economico innescato da Deng. Nel 1984 Xue e il marito sono promossi manager in riconoscimento dei loro studi (durante gli anni del radicalismo maoista, al contrario, le competenze erano un demerito e una causa di persecuzione). Lo stesso anno comprano il loro primo televisore in bianco e nero. Nel 1986 il primo frigo. Nell´88 la tv a colori, nel ?92 il telefono individuale in casa e la prima motocicletta del marito.
una storia qualunque. moltiplicandola per centinaia di milioni che si capisce l´eccezionalità di questo trentennio. L´epoca in cui il "pianeta delle biciclette" ha lasciato il posto alle megalopoli futuristiche di Pechino e Shanghai, capitali di un mercato automobilistico da 15 milioni di vetture. Da quel fatidico Plenum comunista del 1978, per trent´anni di fila la nazione più popolosa del pianeta si è lanciata in una corsa fenomenale. Una crescita economica che non ha precedenti nella storia umana: in media 9 per cento di aumento del Prodotto interno lordo all´anno. Il reddito pro capite dei suoi abitanti è decuplicato. Trecento milioni di persone hanno varcato la soglia della povertà e hanno avuto accesso a un benessere moderno. Questa Cina che ce l´ha fatta è la più vasta "middle class" del pianeta, grande quanto tutta la popolazione americana. E lo stereotipo del "capitalismo autoritario" - semplificazione in voga in Occidente - non rende l´idea dell´esplosione di libertà individuali così come la percepisce il ceto medio cinese. Oggi nessuno per sposarsi deve presentare la lettera della cellula comunista; neanche per avere il passaporto e andare all´estero. Il dinamismo, la velocità del cambiamento, la fiducia nel futuro hanno fatto della popolazione cinese la più ottimista del mondo, in tutti i sondaggi internazionali degli ultimi anni. La parabola fantastica che in trent´anni ha portato la Cina dall´1 per cento del Pil planetario (un nano irrilevante all´epoca della svolta di Deng) fino alla sfida con gli Stati Uniti per il primato mondiale, ora incontra il suo primo serio incidente di percorso. Più grave forse perfino del massacro di Tienanmen, che schiacciò nel sangue il sogno democratico di una minoranza.
Oggi le ombre della recessione si estendono sulla Cina tutta intera, un miliardo e trecento milioni di persone. Nella sola provincia del Guangdong, proprio quella dove Deng inaugurò le sue «zone economiche speciali» trent´anni fa, hanno chiuso per bancarotta 67.000 fabbriche. Le boom-city che furono gli avamposti della nuova frontiera, Canton e Shenzhen, sono le prime a subire il crollo delle esportazioni verso l´Occidente. La velocità con cui si propaga la crisi ha colto tutti di sorpresa. Ancora all´inizio di quest´anno la Repubblica popolare era l´Eldorado di Airbus e Boeing: la febbre del turismo faceva esplodere il traffico passeggeri; la settimana scorsa il governo ha ordinato a tutte le compagnie aeree di cancellare gli acquisti già prenotati di nuovi apparecchi. Dall´automobile all´elettronica, dal cemento all´acciaio, ogni industria è in stato di choc. Il calo degli ordini dall´Europa e dall´America ha un effetto moltiplicatore sui consumatori cinesi, che in preda alla paura smettono di spendere a loro volta.
Un´impresa che va a gonfie vele invece sono le ferrovie dello Stato. «Ogni giorno - ha detto un capostazione dello Hunan - arrivano treni stracolmi di operai licenziati dalle fabbriche, tornano qui nelle campagne che avevano abbandonato». l´inizio di un contro-esodo di massa? Commenta cinicamente un dirigente della banca centrale: «Il nostro unico Welfare State è l´agricoltura: chi perde il lavoro torna a lavorare la terra». Per questi immigranti di ritorno è la fine del grande sogno cinese. Circolano stime semi-segrete che fanno rabbrividire i leader di Pechino: l´anno prossimo il ritmo di crescita potrebbe dimezzarsi. Dall´11,7 per cento di aumento del Pil nel 2007 si rischia di scendere al 6, uno sviluppo insufficiente per creare i venti milioni di posti di lavoro necessari a impedire un´epidemia di disoccupazione di massa.
Proprio come nel 1929 e alla fine di tutte le "bolle" speculative occidentali, anche in Cina gli scandali accompagnano i segni premonitori del disastro. Huang Guangyu, il fondatore dell´impero elettronico Gome, in vetta alla top ten dei miliardari cinesi, è nelle mani della polizia incriminato per una serie di reati finanziari. A Pechino e Shanghai l´unica professione che conosce un successo inaspettato è quella degli psicologi. una figura sconosciuta nella tradizione cinese, che preferisce l´erboristeria tradizionale, i saggi buddisti o i chiromanti. Ma la paura di una Grande Depressione si accompagna alla depressione minuscola, malattia moderna che si diffonde tra i giovani colletti bianchi delle grandi città.
I discendenti di Deng avvertono il rischio che si stia chiudendo una fase gloriosa, il Trentennio Dorato. Il presidente Hu Jintao ha dichiarato che questa crisi «mette alla prova la capacità di governo del partito comunista». Sono parole inconsuete, tradiscono l´insicurezza del regime che ha gestito il più audace esperimento capitalistico del XX secolo. Per ora Hu non mette in discussione le scelte fatte da Deng in quel dicembre del 1978. Nessuno la evoca apertamente, ma traspare in alcune frange del partito e dell´opinione pubblica la tentazione di innalzare una nuova muraglia cinese, di denunciare la crisi come un complotto americano, di tornare a forme di protezionismo per isolarsi dal contagio dell´Occidente. Ma se si spezza il sogno che ha tenuto unito questo popolo, e gli ha dato la forza di compiere imprese inaudite, nessuno sa veramente che cosa può accadere dopo.