Paola Pica, Corriere della Sera 14/12/2008, 14 dicembre 2008
MILANO
Viaggia o non viaggia? Bisogna rispondere a questa domanda per conoscere il valore potenziale, la spendibilità in Paesi diversi, di un contenuto televisivo. E i contenuti che oggi la De Agostini produce e commercializza in giro per il Pianeta sono di quelli che «viaggiano bene», come dice lui.
Il gran capo del gruppo di Novara, che proprio nel «television content business» sta sfidando i grandi operatori europei e americani è a sua volta uno che viaggia in azienda, dove alle diverse cariche ha aggiunto anche quella di numero uno di Zodiak Entertainment, la holding con sede a Parigi presente in 20 Paesi e che raggruppa le attività nel settore, compresi i format più noti, dall’«Isola dei Famosi», a «Camera Cafè», da «Totally Spies!» a «XFactor», da «Saint Tropez» ai cartoni dei «Gormiti» coprodotti da Giochi Preziosi e Marathon Media.
Bergamasco, 57 anni, tre figlie che un po’ gli rimproverano le lunghe assenze, una delle «grandi ambizioni» di Lorenzo Pellicioli è quella di ritirarsi un giorno in Provenza, dove produce vino (6 vitigni, 35 mila bottiglie fra 3 anni) e olio (12 ettari di ulivi).
Certo, chi non vorrebbe ritirarsi in Provenza. Fatto sta che ha aggiunto all’ incarico di amministratore delegato del Gruppo anche questa nuova avventura di Zodiak, sembra faccia tutto lei in De Agostini.
«Per carità, al contrario, fanno tutto i manager. L’incarico in Zodiak così come quello in Lottomatica è a termine. E nello stesso tempo è il segno di quanto il gruppo tenga alla nuova iniziativa.
Anche se penso che nel futuro Zodiak Entertainment debba avere un numero uno a tempo pieno, io sto accompagnando lo sviluppo di un settore strategico che, come dicono correttamente i nostri azionisti, fa della De Agostini un gruppo editoriale del futuro».
Avete la leadership mondiale nei collezionabili, come pure in altre nicchie dell’ editoria tradizionale. Si fa fatica a capire cosa c’entrino «l’Isola dei Famosi», o la serie di telefilm polizieschi stile «CSI», o no?
«Tutt’altro. Pensi al business del collezionabile: si prendono dei contenuti inventati per esempio in Italia, si sviluppano in Francia e poi magari vengono distribuiti in Giappone o viceversa.
Non è la stessa cosa che accade per un format come "Survivor" che in Italia è diventato "l’Isola dei Famosi"? In realtà un’attività come quella di Zodiak è proprio nel dna storico della De Agostini».
Non è che finirà per farvi abbandonare il publishing tradizionale?
«Al contrario, l’evoluzione nel mondo dei contenuti è la naturale continuazione della storia a cui teniamo molto» Già, come vi è venuta in mente Zodiak, o meglio Magnolia che è la prima acquisizione?
«Fin da quando è iniziata la diversificazione, Marco Drago (il leader della famiglia nel gruppo, ndr) aveva identificato nel business dei contenuti uno dei settori di sviluppo.
Prima è arrivata Antena3 mettendo in secondo piano il progetto di espansione nei contenuti. Poi alla fine del 2006 mi chiama Giorgio Gori. Sa, siamo amici, bergamaschi entrambi, avevamo fatto politica insieme da giovani, lui repubblicano, io con i liberali di una volta. Voleva un consiglio, aveva ricevuto un’offerta da un fondo e voleva sapere se vendere o meno.
Gli dissi di mandarmi qualche numero. Ne parlai allora con Marco Drago e la decisione fu presto presa: l’acquistammo noi».
E a quel punto non vi siete più fermati.
«Con Magnolia eravamo attivi nel light entertainment, per intenderci format tipo «L’Eredità» o la stessa «L’Isola dei Famosi ». Con la francese Marathon abbiamo aggiunto la fiction e i cartoni animati.
Con l’acquisizione della scandinava Zodiak Television siamo diventati internazionali acquisendo una presenza in 17 Paesi, oltre che una capacità produttiva non indifferente ».
Ne avete spesi di soldi. Ci saranno altre acquisizioni?
«Nel biennio 2006-2008 abbiamo investito circa 300 milioni. Quest’anno puntiamo ai 400 milioni di fatturato, con un margine operativo lordo oltre i 70. L’obiettivo dei prossimi tre-quattro anni è di raddoppiare la taglia della società. E dunque sì, ci saranno altre acquisizioni» La crisi ha abbassato i prezzi delle società di produzione di contenuti televisivi?
«Non ancora: le transazioni private non hanno ancora registrato i numeri del "public" E a meno che qualcuno debba vendere perché ha l’acqua alla gola, per ora i prezzi restano quelli di prima».
E la tv Antena3 resterà da sola?
«Sì, siamo convinti che con lo sviluppo delle nuove piattaforme digitali ci sia più possibilità di creare valore nel mondo dei contenuti».
Quoterete Zodiak in Borsa come avete fatto con Lottomatica, la divisione di giochi e scommesse, e Dea Capital, il braccio finanziario?
«Sì, senza fretta, andremo sul mercato, come abbiamo fatto per tutte le attività che definiamo strategiche, naturalmente se le condizioni della Borsa lo consentiranno ».
Ma il business dei reality non è ormai considerato "maturo" se non in declino?
«Direi proprio di no, anzi si evolve in forme diverse. Ci sono format che vanno fortissimo come «Supernanny» o «Wifeswap ». In Francia ce n’è anche uno molto divertente che vede quattro o cinque persone impegnate in competizioni ai fornelli. Come sempre è solo un problema di creatività ».
Zodiak è in diretta competizione con Endemol?
«Sì, facciamo lo stesso mestiere. E noi come Endemol siamo un gruppo europeo che compete nel mondo con prodotti e un modello di business più leggero e agile di quello tradizionale di Hollywood e delle major americane. Al fondatore di Endemol, John De Mol, si deve il successo del reality e l’invenzione di questo modello a bassa intensità di capitale».
Semmai il problema è la fiction, come dice lei «al momento viaggia solo il costosissimo prodotto americano» alla CSI.
«Non c’è dubbio che nei grandi numeri la fiction o è locale o, se è internazionale, è principalmente americana. Pensi a produzioni di grande successo in Italia come «Il Commissario Montalbano» o «Il Capo dei Capi» che hanno avuto esportazione nulla o limitatissima, eppure si tratta di prodotti di qualità.
Marathon con «Dolmen» e «Saint Tropez» per esempio fa eccezione perché questi prodotti ideati in Francia sono stati esportati in molti Paesi. Tra poco pensiamo di ripetere la cosa con «Millennium» la serie tratta dalla Trilogia di Stieg Larsson, che è stata prodotta dalla Yellow Bird, controllata di Zodiak Television, che è un’ altra società del nostro gruppo che fa "viaggiare" i suoi prodotti. Per esempio i telefilm del Commissario Wallander sono stati distribuiti in Scandinavia, Germania e Inghilterra dove sono interpretati da una star inglese come Kenneth Branag».
Quali sviluppi ci saranno per internet e il digitale?
«Siamo entrati nella produzione di contenuti anche perché le piattaforme di distribuzione si stanno moltiplicando dal web al digitale, ai cellulari».
Lei è stato direttore generale di Rete4 quando era della Mondadori. E’ stato tra i protagonisti dell’acquisto di Telemontecarlo, poi La7, a Telecom. Poi la spagnola Antena3. Ora il guanto della sfida ai colossi come Endemol, non è che sta pensando di fare il salto da manager a imprenditore con Zodiak?
«No, sono e resto un manager, in attesa di tornare in Provenza».