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 2008  dicembre 13 Sabato calendario

I PEZZI DI REP, CDS E STAMPA SU MORTE BETTY PAGE


LA STAMPA
VENTAVOLI
La notizia della sua morte è guizzata su Internet, in centinaia di siti che glorificano il suo mito. Poche parole per dire che Bettie Page, 85 anni, se n’era andata all’altro mondo, dopo un infarto e una polmonite. A 85 anni era un po’ malandata, ma negli Anni 50 è stata la regina delle pin up, il vagheggiamento dei voyeur, la (cattiva) fanciulla della porta accanto che ispirava fantasie erotiche d’ogni genere. Era un’America strana quella che temeva i peli pubici quanto la barba di Marx, i governanti fustigavano l’eros, lei lo solleticava (facendosi per giunta fustigare in pose sadomaso), proprio mentre il rapporto Kinsey svelava i segreti del «Comportamento sessuale della donna».
Nata a Nashville, dopo il divorzio dei genitori era cresciuta in orfanotrofio, imparando a leggere, cucire, cucinare. Pronta per diventare housewife disperata e cotonata. Era persino bravissima a scuola, e per poco non prese una borsa di studio per l’università.

S’arrangiò come dattilografa, segretaria (persino in un’azienda di mobili ad Haiti), modella di pellicce. Provò ovviamente col cinema. Un provino per la Fox andò male, «sembrava una caricatura della Crawford». Il potente Jack Warner la invitò per una seconda occasione, ma lei rifiutò, perché il primo marito era tornato dalla guerra nel Pacifico.
Con gli occhi blu, la pelle levigata, i capelli corvini, e qualcosa di selvaggio che le derivava dalla mamma Cherokee, aveva l’aura perfetta per bucare lo schermo. Nel ”50, passeggiando in una Coney Island deserta, trovò invece Jerry Tibbs, poliziotto con l’hobby delle foto sporcaccione. Le suggerì di farsi la frangia, e soprattutto cominciò a spogliarla. Iniziò così la carriera di modella per fotografie destinate al mercato clandestino. Posava per i pornoamatori delle Camera Club, ma anche per occhi di talento, persino per Weegee, il grande cronista degli inferni metropolitani. Irving Klaw la rese, nel ”52, una regina del suo Movie Star News, il catalogo di pin up specializzato in sadomaso, dove appariva ammanettata, frustata, sculacciata, con lattice e reggicalze. Bunny Yeager, ex modella diventata fotografa, la spogliò nella finta giungla del parco di Boca Raton in Florida: quelle immagini sexy tarzaniane sono tra le sue più famose, nuda tra ghepardi e liane, o con il perizoma leopardato che s’era cucita con le sue mani.
Hugh Hefner, che aveva appena inventato Playboy, la mostrò all’America nel ”55 con un berretto da Santa Claus in testa e null’altro. Altra icona. Come quella di Marilyn. Monroe andò all’Actor’s Studio, lei «recitò» solo in un centinaio di filmini a passo ridotto per erotomani. Rifiutò d’incontrare il miliardario produttore-regista Howard Hughes, perché sapeva come sarebbe andata a finire sul suo divano. E forse dette un ulteriore calcio alla sua potenziale carriera d’attrice. Quando era ormai maestà di riviste per soli uomini, dei calendari, degli armadietti militari, finì nel mirino del senatore Estes Kefauver, cocciuto moralista che combatteva la pornografia. Risultato: Klaw fu costretto a bruciare le foto, lei venne convocata, a porte chiuse, dall’Fbi.
Nel ”58, all’apice della carriera, sparì nel nulla. Un giornale lanciò una campagna per rintracciarla. Era morta? Era stata rapita da un maniaco? Niente. Bettie Page, illuminata dal misticismo, aveva deciso di seguire Dio. Non più nudi, ma opere di bene. Quando finì male con il terzo marito, accusò il colpo. Depressione, schizofrenia, disturbi psichici, problemi con la legge. Mentre lei annaspava nel suo inferno personale il mito prosperava per proprio conto, fino a esplodere negli Anni 80. Biografie, fumetti, quadri, gli infamissimi filmini a passo ridotto riprodotti in dvd, sex toys, lingerie. Di tutto. Le dive si ispirano a lei, dalla regina dello striptease Dita von Teese alla pornostar Jenna Jameson, da Madonna a Uma Thurman. Nel 2005, un film sulla sua vita, The notorius Bettie Page (lei è Gretchen Mol).
La vera Bettie, finalmente ritornata al mondo, in una villetta a schiera di Los Angeles, osservava stupita la propria beatificazione. Talvolta s’indignava per quelle cose «infami» di giovinezza, altre volte sorrideva, «ma come fate a trovare sexy quelle pose con fruste e manette? Non fanno ridere?», altre volte, diceva più banalmente che per lei «spogliarsi è stato naturale, gioioso, non c’è nulla di male, anche Adamo ed Eva sono stati creati nudi».
I pochi amici fidati e potenti, Hugh Hefner compreso, cercavano tramite avvocati di farle arrivare denari dall’immenso merchandising spacciato in suo nome. Perché Bettie Page, che non era mai stata padrona del proprio corpo, non è stata padrona neppure del proprio mito.

CDS - CLAUDIA PROVVEDINI
MILANO – Mentre dalla copertina del Vogue spagnolo Monica Bellucci seduce con la fronte coperta dai capelli a calotta, la titolare di quella famosa frangetta, Bettie Page, è morta a 85 anni in un ospedale di Los Angeles. Da qualche settimana, dopo un infarto, era ricoverata lì: lei, la prima pin-up, copiata da oltre mezzo secolo, da quegli anni 50 che la videro semispogliata, semisdraiata, semiporno su tante riviste, musa catturata dai flash del dopoguerra- boom. Pelle levigata, occhi blu profondo, chioma corvina, sorriso innocente, aria di ragazza della porta accanto: il suo copyright è un mix esplosivo di suggestioni che hanno costruito la leggenda della ragazza simpatica e capricciosa, timida e audace, semplice e sofisticata. Da non sembrare quasi americana.
Eppure era nata il 22 aprile del 1923 a Nashville, nel Tennessee, città che quanto a trasgressioni sarà anch’essa famosa. Divorziati i genitori, Betty Mae Page va in orfanotrofio a dieci anni assieme alle sorelle; in una comunità assistita impara a cucinare, leggere, scrivere e cucire (abilità che metterà a profitto più avanti in un servizio nell’ex parco naturale africano di Boca Raton, dove compare in succinti costumi leopardati realizzati da lei stessa).
Al liceo è bravissima, dirige il circolo di teatro drammatico e il giornale scolastico. Si laurea in Arte, immagina di fare la prof, ma studia recitazione perché sogna il cinema. Col primo marito vive a San Francisco, dove lavora come modella per una pellicceria; divorzia e va a New York. E una passeggiata a Coney Island cambia la sua vita: incontra Jerry Tibbs, ufficiale di polizia con hobby della fotografia, che le produce il primo portfolio da pin-up. In pochi mesi la carriera decolla. Posa per molte riviste, ma diventa star solo dopo le foto pubblicate di Robert Harrison. Nel 1952, Irving Klaw la vuole per il suo famoso catalogo di pin-up «Movie Star News»: Bettie Page posa in abiti di gomma e pvc, pelle nera lucida, stivali con tacchi da capogiro, lingerie, corde, fruste e frustini. il prototipo del bondage mood, del fetish. Duemila fotografie, dozzine di cortometraggi.
Il 1955 è l’anno della consacrazione: è «Miss Pin-Up Girl of the World» e come Miss Gennaio appare sulle pagine centrali di Playboy. «la ragazza dal corpo perfetto» e le sue foto sono sulle copertine dei dischi e sulle carte da gioco. Nel 1957, quando si trasferisce in Florida, Bettie è all’apice della carriera, ma la campagna moralista del senatore Estes Kefauver costringe Klaw a distruggere parte della sua produzione – foto bondage in vendita – e cita in giudizio anche lei, la regina delle pin-up, stroncandone la carriera. Nel 1958 si risposa, con Armand Walterson, e scompare dalla scena.
I mass media, attirati dalla sua misteriosa eclisse, lanciano una campagna di ricerca. Artisti contemporanei come Olivia, Dave Stevens e Robert Blue immortalano il loro idolo in surreali opere d’arte. Negli anni seguenti la sua figura viene ripresa da illustratori, erotici e non, che ne rilanciano l’immagine, mentre i collezionisti pagano a peso d’oro le sue foto originali. Nel 1963, a 40 anni, divorzia da Walterson. Non andrà meglio col terzo marito, Harry Lear, e si parla di attacchi di schizofrenia.
Ma una fanzine, un fumetto sulla sua vita, dei film, persino una pièce teatrale e l’icona Bettie Page, come staccata dall’irrequieta donna che le ha dato vita, torna in auge a partire dai goderecci, fatui anni ’80 ispirando signore che si pettinano come l’Angelo dark e modelle come Dita Von Teese: è un quasi nudo classico.

REP, GIUSEPPE VIDETTI
dal nostro inviato
Le librerie di Soho specializzate in letteratura erotica hanno riempito le vetrine con le immagini di Bettie Page. Bellezza bruna, intrigante, peccaminosa, immortalata dall´illustratrice Olivia de Berardinis vestita da tigresse, infermiera o severa educatrice. Corpo mozzafiato, stiletto da far invidia a Manolo Blahnik e Christian Louboutin, che a lei si sono ispirati almeno quanto Eartha Kitt, Madonna e il Cirque du Soleil di Zoomanity. E´ un modo per celebrare Bettie Page, la regina delle pin up, morta a Los Angeles all´età di 85 anni per complicanze cardiache. Sono tutte copie delle mitiche 20mila immagini che un fotografo amatoriale le scattò tra il 1949 e il ?57. In questi anni che il burlesque è tornato in voga, grazie anche alla soave bellezza della sexy-Cenerentola Dita von Teese, sono andate all´asta a prezzi da capogiro. «E mi hanno regalato una vecchiaia relativamente agiata», disse la Page nell´ultima intervista, rilasciata due anni fa.
Era nata a Nashville, Tennessee. Aspirava a Hollywood. Ma non era ancora vallettopoli, quelle che si scoprivano troppo, allora, finivano in altri circuiti. Bettie fece la segretaria a Manhattan per pagarsi i corsi di recitazione, ma non ebbe la perseveranza necessaria. S´improvvisò modella. Poi fu rapita dal burlesque, una forma di avanspettacolo che aveva le sue radici nel vaudeville che, con l´industria del porno di là da venire, era una facile tentazione per le belle provinciali arrivate in città con la testa piena di bollicine e il riflesso del dollaro nelle pupille. «Allo spogliarello si sgusciava di nascosto e con il senso di colpa, al burlesque con la benedizione della moglie», spiega Dita von Teese.
Vertiginosi tacchi a spillo, top di latex o bikini leopardato, unghie rosso giungla (che nessuno sapeva esattamente che colore fosse, ma era esotico e tanto bastava), sguardo felino: la prima dominatrix era nata. E con quel nome da bambola, Bettie Page, le notti d´America si riempirono di sogni proibiti. I nomi d´arte erano essenziali per stimolare le fantasie erotiche: Dee Milo, Zorita, Mimi Reed, Leri Vale, Val de Val, Patti Starr, Lili St. Cyr, Rose la Rose. «Avevamo due regole di ferro. Prima, conoscere a menadito i desideri del maschio. Seconda, stuzzicarli senza mai assecondarli», dice Tempest Storm, classe 1928, che si vanta di aver sedotto anche JFK e Frank Sinatra. «A ogni uomo devi far sentire che sei lì solo per lui. Che ti può trovare dentro il suo cocktail Martini, in topless accanto all´oliva», diceva la St. Cyr, morta nel 1999. «Bettie aveva una marcia in più», aggiunge Dita von Teese, «quella sorta di follia tipica degli artisti. E´ stata l´unica di tutte noi che non ha mai usato un nome d´arte. Il suo era già un sogno erotico, Bettie Mae Page».
Per anni le pin-up sono state considerate gli scarti di Hollywood, dive di serie B o anche peggio. Negli anni Settanta il burlesque fu bollato come «robaccia da gay». Eppure la storia di Gypsy Rose Lee (1911-1970) finì in un musical di Broadway con Ethel Merman firmato Sondheim e in due film (uno con Rosalind Russell, l´altro con Bette Midler). Lei, come Bettie, aveva più personalità di una vera star. Al punto da generare leggende al pari di Crawford e Dietrich (600 milioni di contatti in cinque anni sul sito BettiePage.com parlano chiaro). Della Page - che nel 2005 ha ispirato il film "The notorious Bettie Page", in cui la pin up è interpretata da una grintosa Gretchen Mol - si dice che fosse volubile e schizofrenica, inaffidabile e violenta.
Nata in una famiglia dissestata, sognò di diventare una star, e quando si rese conto che con quelle foto finite sui calendarietti profumati che i barbieri distribuivano ai clienti maggiorenni poteva aspirare al massimo al paginone di Playboy, cominciò a entrare in crisi con la sua coscienza. Il linciaggio mediatico fece il resto. In Florida, un uomo morì durante un rapporto sessuale. «Bondage finito in tragedia», scrissero. «Imitava lo stile lanciato da Bettie Page». Le pin up non avevano alle spalle lo star system di Hollywood, al massimo un impresario senza scrupoli. Così Bettie dovette affrontare da sola e con le sue fragilità un problema troppo grande per lei. Per espiare un peccato mai commesso, nel ´57 abbandonò tutto, s´immerse nella Bibbia e servì come una pia donna la Temple Baptist Church di Key West, in Florida. Il Vecchio Testamento era ancora sul tavolo del monolocale di Los Angeles, quando il giornalista del Times la incontrò per l´ultima intervista. Lei pose un´unica condizione, che non le fotografassero il volto, ma solo le gambe, ancora perfette. «Voglio essere ricordata come la Bettie Page degli anni d´oro», disse. «La donna che ha cambiato l´atteggiamento del mondo nei confronti della nudità». «Quel che Bettie ha insegnato a tutte noi», conclude Dita von Teese, «è lo straordinario potere che hanno la bellezza e il corpo femminile».
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