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 2008  dicembre 13 Sabato calendario

FABRIZIO PALADINI PER PANORAMA, 18 DICEMBRE

Da cameriere a re degli hotel. Self-made men Ha cominciato servendo ai tavoli in Svizzera e aveva un sogno: comprarsi il Grand Hotel di Rimini. Come c’è riuscito. Dice che per Natale sarà tutto a posto e che farà una grande festa «con la Rai: viene Carlo Conti per la diretta». Adesso, però, il Grand Hotel di Rimini è un campo di battaglia: carpentieri, marmisti, trapanatori, idraulici, arredatori. Non c’è un solo buco dove non si lavori. «Lo sto rifacendo bello per i 100 anni» dice Antonio Batani. L’imprenditore romagnolo ha sborsato 65 milioni di euro per comprare il gioiello sul mare che è stato la casa di Amarcord, il covo di Federico Fellini e la scenografia di un mondo che fu e che Antonio vorrebbe fosse ancora. Non alto, 72 anni, riporto strategico, Batani è un capatosta incontentabile. Non aveva niente e sognava di avere qualcosa. Ora, dice, con il Grand Hotel di Rimini la sua missione è compiuta, la vanità è appagata. Ma, ci si può scommettere, alla prossima occasione salirà ancora nel suo impero alberghiero che oggi conta 11 hotel in quell’incredibile invenzione turistica che è Milano Marittima, 40 chilometri a nord di Rimini. La favola di quest’uomo gentile e pacato è di quelle che sanno raccontare la terra e il lavoro duro. Non ci sono maghi, folletti o principi azzurri. Non c’è nessuna lotteria, nessun colpo di fortuna ma tanta determinazione, maniche rimboccate e cervello artigiano. Quella di Batani è una famiglia contadina di Bagno di Romagna: «Papà lavorava a mezzadria e io vedevo la montagna che si spopolava. Il lavoro nei campi non faceva per me e decisi di emigrare in Svizzera per fare il cameriere». Siamo nel 1955 e il bell’Antonio fa la valigia, rigorosamente di cartone, e approda a Coira, nei Grigioni, il cantone di St. Moritz. Povero ma con le idee chiare. Con il secondo stipendio si iscrive alla scuola alberghiera per migliorare, per «imparare a servire come si deve». Lì, in Svizzera, c’è la crema del mondo: re, regine, attrici, capitani d’industria e playboy. St. Moritz è la capitale del bel vivere ed è solo annusando quella ricchezze e quello stile che si può sognare e sperare di immaginare per sé un destino fortunato. Capatosta Batani ci dà dentro: «Niente donne, niente avventure, solo lavoro, scuola e lavoro. Dopo due anni la proprietaria del ristorante della stazione ferroviaria mi nomina capo della sala di seconda classe. Agli svizzeri non piaceva che un italiano li comandasse, ma io ci sapevo fare. Volevo di più e dopo sette mesi arriva la promozione a direttore della sala di prima classe». Batani dunque diventa il maître di sala dei potenti, 700 coperti al giorno, «e le mance superavano lo stipendio». Al terzo anno la proprietaria, che ormai si fida di Antonio, gli chiede una mano: «Non abbiamo personale in cucina, ci serve un lavapiatti, conosci qualcuno?». Batani fa salire suo padre per la stagione, lui direttore con i principi, l’altro a lavare piatti in cucina: «Quella fu la svolta. Mio padre vide suo figlio partito senza niente che era diventato una specie di capo. ”Ora torni in Romagna con me e ci troviamo una cosa tutta nostra” mi disse. All’inizio risposi di no, mi sentivo amato e rispettato in Svizzera, ma dopo un anno papà mi parlò di una pensioncina a Cervia che si poteva prendere in affitto...». Batani raccoglie tutti i suoi soldi e inizia l’avventura di imprenditore all’alba degli anni Sessanta, in pieno Sapore di sale. La pensione Delia ha solo 16 camere, non è sul mare e Antonio non lo conosce nessuno: «Mi chiesero tre anni di affitto anticipato perché non avevo niente da dare in garanzia». Capatosta mette lì tutto quello che ha e inizia l’avventura. «Tutta la mia famiglia lavorava alla Delia ma nessuno sapeva fare niente, facevo tutto io: cucinavo, servivo a tavola, prendevo le prenotazioni». Il primo cliente è un certo dottor Pidi di Milano e sarà il suo portafortuna. La Delia va bene e alla scadenza dei tre anni Batani ha i soldi per comprare un pezzetto di terra e costruire una cosa tutta sua che chiamerà ovviamente Pensione Batani. Il suo nome sull’insegna al neon è il nuovo obiettivo raggiunto. Ma a lui non basta: «Avevo capito che bisognava andare in prima linea, sul mare, e così presi in affitto l’hotel Diplomatic, a cui mi sono così affezionato che ce l’ho ancora». Batani, dunque, sbarca sul lungomare di Cervia, ombrelloni e spiaggetta privata. Cresce ancora, siamo ormai all’inizio degli anni Settanta, si è già sposato con la signora Luciana, è già padre di Gianni e sta per arrivare Cristina. «Avevo 8 milioni in contanti e ho dato in permuta la pensione Batani per comprare l’hotel Universal». Il piccolo Mr Hilton della Riviera però non è ancora contento: «Andavo alle riunioni della associazione albergatori e vedevo che quelli di Milano Marittima trattavano noi di Cervia con un po’ di sufficienza, come i cugini poveri, anche se ci divideva solo un canale. Ma a Milano Marittima c’era una clientela migliore, più raffinata. Mi tornava in mente la sala di prima classe del ristorante di St. Moritz».  così che Capatosta annusa l’affare: una famiglia di Tivoli, i Pacifici, proprietari di cave di travertino, decidono di dare in affitto il Gallia, un 4 stelle che è uno dei simboli della Riviera. «In lizza c’eravamo io e altri tre albergatori molto più importanti e conosciuti di me. Ma dopo un po’ di attesa la signora Pacifici mi chiama e mi dice: ”Batani, ci siamo informati. Le banche dicono che lei è il più serio di tutti e noi vogliamo fidarci”. Così il Gallia lo prendo io, prima per 6 anni, poi per 12 e infine l’ho comprato». Con l’arrivo dell’ultima figlia Paola (per molti quella che più gli somiglia in creatività e testardaggine) Batani si calma per un po’ ma non per troppo tempo. L’anno 1989 è quello della mucillagine, la schiuma ributtante che mette in fuga turisti e imprenditori. Batani scommette sulla sua spiaggia e decide di comprare mentre tutti vendono. Oggi il piccolo Mr Hilton ha 11 alberghi di cui uno, il Palace, a 5 stelle, considerato un posto di gran moda e dove fanno la fila calciatori e cantanti di mezza Europa. Eppure, nonostante il 5 stelle (a cui se ne aggiungerà presto un altro di cui è appena stato approvato il progetto) e 810 dipendenti, Batani ha ancora qualcosa sullo stomaco: «Andavo alle riunioni dell’ente del turismo e pensavo che avrebbero parlato del mio Palace che, modestamente, è un posto bellissimo. Macché, in ogni dépliant, in ogni filmato della Romagna c’era sempre il Grand Hotel di Rimini e il fantasma di Fellini. Ero geloso e ho capito che dovevo provarci». Ci provò la prima volta 5 anni fa ma Danilo Coppola, l’immobiliarista dai lunghi capelli, si aggiudicò l’albergo. Poi, per le vicende giudiziarie che portarono Coppola in carcere, il Grand Hotel torna sul mercato e Batani meno di un anno fa tenta di nuovo il colpo: «Servivano 65 milioni di euro e io non li avevo. Le banche hanno avuto fiducia in me e ho vinto». Ora il proprietario è con le scarpe nel cemento fresco a fare insieme il direttore dei lavori, quello che porta il martello se serve, il padrone e il tuttofare. questo il segreto della sua avventura: ancora oggi fornisce tutti i ristoranti dei suoi alberghi di frutta e verdura del suo orto. Ancora oggi va in cucina e consiglia chef e camerieri su come migliorare quella sogliola o quelle tagliatelle. Ancora oggi raccoglie le olive dalle sue piante e le porta personalmente al frantoio per un extravergine sublime. Ancora oggi controlla tutto e sogna. Se comprerà altri alberghi non lo dice, ma sogna le piccole grandi cose. Quando per esempio Pippo Inzaghi, in vacanza a Milano Marittima, gli passa la palla sulla spiaggia lui è felice e dice: «Oggi ho fatto un colpo di tacco a Pippo Inzaghi, la mia giornata sarà bellissima».