Mariolina Iossa, Corriere della Sera 13/12/2008, 13 dicembre 2008
ROMA – Giovani, irregolari, sempre meno segregate. Sono le nuove badanti, quelle arrivate in Italia dal 2006 in poi
ROMA – Giovani, irregolari, sempre meno segregate. Sono le nuove badanti, quelle arrivate in Italia dal 2006 in poi. Sono un esercito, 168 mila, un quarto delle badanti straniere giunte nel nostro Paese fino al 2005. Le «nuove badanti» mostrano quattro tendenze che vanno in senso contrario rispetto alle prime generazioni. Sono più giovani (età media 37 anni rispetto ai 42 di chi è arrivato fino al 2005), quelle che hanno sotto i 30 anni sono addirittura triplicate, passando dall’11 al 33 per cento, lavorano molto di più in nero (il 78 per cento lavora senza contratto rispetto al precedente 52 per cento), sono più orientate al lavoro a ore anziché alla coresidenza (e quindi stanno meno chiuse in casa e hanno più contatti sociali), sono più interessate a seguire corsi di formazione e a considerare quello di badante come un lavoro temporaneo, in attesa di trovare un’occupazione più qualificata (73 per cento rispetto al 65 per cento). Come prima, arrivano in maggioranza dall’Europa del-l’Est, ma la percentuale è molto aumentata, a causa dell’ondata di giovani romene (prima dall’Est arrivava il 54,5 per cento, adesso siamo al 77,8 per cento). Per il resto vengono dal Sud America (con una contrazione, dal 36,4 per cento ad appena il 19,4 per cento) e da Asia e Africa (ma ne arrivano solo un 3 per cento rispetto al 9,2 di tre anni fa). L’identikit delle nuove badanti che lavorano nelle famiglie italiane lo ha delineato l’Istituto per la ricerca sociale, attraverso oltre 600 interviste dirette. «Le badanti arrivate dal 2006 esprimono tendenze nuove – spiega Sergio Pasquinelli, il ricercatore dell’Irs che ha coordinato l’indagine ”. Sono irregolari più spesso, e questo è conseguenza della crisi economica ma anche di una mancata politica di vere agevolazioni fiscali, che adesso sono irrisorie, per chi assume in regola una badante. Se preferiscono non abitare presso le famiglie è perché spesso il loro progetto migratorio non è temporaneo ma più stabile. E proprio per questo aspirano a un lavoro più qualificato e seguono volentieri corsi di formazione ». Ci sono due modi di regolarsi di fronte a queste nuove generazioni di badanti: stare a guardare senza far nulla oppure fare qualcosa per mettere in piedi corsi di formazione o aprire sportelli per l’incontro tra domanda e offerta. «La politica dei governi nazionali – continua Pasquinelli – si comporta secondo la prima modalità mentre alcune Regioni stanno cominciando a passare alla seconda». Cosa che naturalmente non può bastare perché occorrerebbe una politica nazionale di creazione di una rete. «Fino al 2005 il 65 per cento delle badanti pensava di continuare a fare questo lavoro nel medio periodo – conclude il ricercatore dell’Irs ”. Adesso lo pensa solo il 34 per cento. La maggioranza vuole trovare di meglio, soprattutto perché quello della badante è un lavoro non riconosciuto e poco qualificato. Mancano corsi di formazione e questo spesso causa molta impreparazione, soprattutto per le badanti che devono assistere anziani con problemi cognitivi. La situazione paradossale è che di fronte a una esigenza di maggiore qualifica, lo Stato nicchia e di fronte alla volontà di lavorare a ore le famiglie si stanno tirando indietro. La crisi economica spinge a cancellare le spese non indispensabili». Con il rischio che migliaia di ragazze straniere non trovino più occupazione. Mariolina Iossa