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 2008  dicembre 18 Giovedì calendario

L’espresso, 18 dicembre Moderne cattedrali laiche, come lo stadio San Nicola di Bari, o edifici storici, come l’ex Palazzo del Capitano di Giustizia, quartier generale dei ’ghisa’, i vigili urbani di Milano

L’espresso, 18 dicembre Moderne cattedrali laiche, come lo stadio San Nicola di Bari, o edifici storici, come l’ex Palazzo del Capitano di Giustizia, quartier generale dei ’ghisa’, i vigili urbani di Milano. Palazzo Forti, sede della Galleria d’arte moderna di Verona, e il centralissimo ma decrepito palazzo San Martino di Palermo. C’è un bel pezzo d’Italia nella cospicua fetta di patrimonio che comuni e regioni vogliono vendere. Nel mega elenco delle dismissioni che si sta compilando in fretta per far fronte ai bilanci scricchiolanti degli enti pubblici c’è di tutto: dai gioielli architettonici alle inguardabili icone dell’edilizia popolare. Il taglio dei trasferimenti dallo Stato, la scomparsa dell’Ici sulla prima casa e i pesanti costi delle sciagurate esposizioni sugli strumenti derivati si abbattono come mannaie sui conti dei municipi. Dove gli esperti di affari immobiliari fanno notte per completare rapidamente, magari entro la fine dell’anno, le liste di proprietà da cedere, dare in concessione o mettere a reddito in modo efficace. Il patrimonio immobiliare degli enti locali ha un valore potenzialmente colossale. Non ci sono cifre precise, ma si va comunque dai 200 miliardi di euro in su. Secondo le stime elaborate per ’L’espresso’ da Scenari Immobiliari, il portafoglio di immobili effettivamente vendibili in 18 grandi comuni e in 19 regioni è di 50 miliardi di euro. Ed è soltanto la punta dell’iceberg. "Se si tiene conto di tutti gli enti, province comprese, e delle aziende sanitarie locali, la cifra va moltiplicata per quattro", spiega Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari. Secondo il quale siamo alla vigilia di una netta accelerazione nelle dismissioni e valorizzazioni dei possedimenti delle amministrazioni locali. "Nel recente passato si sono fatte cessioni al ritmo di un miliardo di euro l’anno, ma credo che ora la somma potrà triplicare: sia perché gli enti locali hanno sempre più bisogno di quattrini, sia perché ci sono molti operatori alla ricerca di progetti di medio e di lungo termine, per i quali i beni che i comuni hanno a disposizione sono perfetti", dice ancora Breglia. Naturalmente non tutto si può vendere o cedere in locazione. Quindi non è il caso di andare alla caccia del fanta-acquirente della Mole Antonelliana a Torino o del Colosseo a Roma. Ed è arduo ipotizzare i tempi necessari per incassare i soldi delle cessioni allo studio oggi. Allorché si stabilisce di mettere mano al patrimonio pubblico, si sa quando si comincia ma non si sa mai quando si finisce. Dice Giuseppe Pisauro, docente di Scienza delle finanze all’Università La Sapienza di Roma: "Vendere al giusto prezzo il patrimonio immobiliare pubblico è un’operazione difficile, che va programmata sul lungo periodo e affidata a veri specialisti del settore, più che a banche e società finanziarie". Secondo Pisauro, le infinite vicende della Scip, la Società per la cartolarizzazione degli immobili pubblici, sono la conferma tangibile delle difficoltà: "Sembrava un’impresa semplice, eppure mi risulta che gli incassi effettivi siano ancora ben lontani, ad anni di distanza, dagli 11 miliardi di euro che lo Stato si riprometteva di ottenere. Ora c’è molta fibrillazione e mi chiedo: che cos’è cambiato rispetto al passato? Quando si tratta di vendere immobili, e non di regalarli, i problemi sono tanti e i tempi lunghissimi". Dal momento che le necessità finanziarie degli enti si fanno sempre più assillanti, c’è però chi prevede che nel prossimo futuro le cessioni saranno accelerate. A cominciare dalla parte di patrimonio costituita dalle case popolari delle grosse metropoli, dove i comuni vendono per togliersi dai guai piuttosto che per fare cassa. Dice Pippo Enea, assessore alle Risorse immobiliari di Palermo: "Con tutti gli incentivi per gli inquilini fissati dalla normativa nazionale e da quella regionale in quartieri come lo Zen o lo Sperone, i residenti potranno comprare appartamenti di 80-90 metri quadrati con circa 20 mila euro. D’altronde, tenerli per noi sarebbe peggio, perché ci sono molti problemi di morosità e di mancati pagamenti delle utenze". Non si aspetta grandi ricavi dal primo lotto di 8 mila alloggi popolari da vendere nei prossimi mesi neppure l’assessore alla Casa del Comune di Roma, Alfredo Antoniozzi: "I nostri esperti si attendono un incasso di 350-400 milioni di euro. Parliamo di alloggi in cui attualmente si pagano affitti anche molto bassi, tipo 7-15 euro al mese, e si arriva al massimo a 350 ". Ben altri obiettivi sono quelli che sta per darsi la giunta milanese guidata da Letizia Moratti: 94 immobili in città e altri 40 fuori dalle mura. Un maxi progetto spalmato sull’arco di tre anni, ma che già nel 2009 dovrebbe far incassare 1,87 miliardi di euro a Palazzo Marino. Oltre alla sede dei vigili urbani di piazza Beccaria, sono in rampa di lancio l’esattoria di via San Tommaso, l’anagrafe di via Larga e immobili meno noti ma di pregio, in pieno centro, cui cambiare destinazione d’uso, come in via Conchetta o in corso Vercelli. Un piano massiccio che fa gridare allo scandalo il presidente lombardo di Italia Nostra, Luca Carra: "Sono beni del nostro patrimonio messi in vendita solo per fare cassa; così si guadagna una volta sola: sarebbe molto più saggio metterli a rendita. il segno di un’emergenza finanziaria in vista di grandi opere come le nuove metropolitane e l’Expo 2015: ma così si cancella la storia". La febbre del mattone (da mollare) dilaga ovunque. A Venezia, dove per rimpolpare le casse il sindaco Massimo Cacciari si disferà anche di quote delle società autostradali, è sul mercato l’ex edificio della locale Cassa di risparmio a Mestre: costa 6,2 milioni di euro, ma la prima asta è andata deserta. Ha preso invece il largo per 40 milioni l’ex birreria Pilsen, dietro piazza San Marco. Acquisita nel 1997 per 15 miliardi di lire (avrebbe dovuto ospitare una biblioteca), se ne va regalando una bella plusvalenza al municipio. A Palermo devono rivedere all’ingiù la richiesta per Palazzo San Martino: a 1,6 milioni non lo ha voluto nessuno; si riproverà con 1,3 milioni. Vanno con i piedi di piombo pure a Mantova, scottati dalla deludente asta di lotti di terreno per 5 milioni di euro. Buona parte sarà rimessa all’asta nel 2009 e nel 2010 toccherà a una serie di immobili pregiati, compreso quello annesso alle famose Pescherie di Giulio Romano. Valgono globalmente 4,5 milioni di euro. " solo un elenco; non è detto che venderemo tutto", mette le mani avanti l’assessore alle Opere pubbliche del comune virgiliano, Luciano Battù. A Verona, dove il comune vuol ricavare 90 milioni dalle cessioni, in lista ci sono non solo Palazzo Forti, ma anche Palazzo Pompei, dove c’è il museo di scienze naturali, l’ex convento San Domenico, sede della polizia municipale, e pure una scuola. L’idea di trasformare i due musei in shopping center e abitazioni private ha scatenato le proteste del fronte del no, che ha già raccolto 10 mila firme e conta sull’appoggio del premio Nobel Rita Levi Montalcini. E a Firenze l’assessore alle Politiche per la casa, Tea Albini, che già molto ha venduto, annuncia: "Faremo sicuramente un nuovo piano di alienazioni immobiliari". Un bel colpo in canna, al momento solo virtuale, ce l’ha il Comune di Bari, che due anni fa ha incassato 19 milioni con l’Albergo delle Nazioni, a lungo sottoutilizzato e malconcio. Il sogno nel cassetto di Giovanni Giannini, assessore all’Edilizia residenziale pubblica, è di liberarsi del leggendario stadio San Nicola, costruito per i Mondiali di calcio del 1990. "Speriamo di riuscire a far approvare il progetto per la variazione dell’utilizzo al Consiglio comunale prima delle prossime elezioni. Col permesso di farci attorno un albergo, ristoranti, megastore, può diventare appetibile e valere tra i 50 e i 70 milioni di euro. So che degli uomini d’affari russi s’erano dichiarati interessati, qualche tempo fa". Del fatto che l’imponente massa di mattoni pubblici venga offerta adesso che il mercato immobiliare è a terra, gli esperti non si preoccupano troppo. "I comuni sono anche i controllori del bene che vogliono cedere, sanno quante licenze hanno concesso, cosa c’è nel piano regolatore. Possono essere assai più snelli dello Stato, che invece è ingessato. E se i comuni pianificano le vendite adesso, gli andrà bene, perché i piani saranno pronti per quando arriverà la ripresa del mercato immobiliare", è l’ottimistica previsione di Giacomo Vaciago, docente di Politica economica alla Cattolica di Milano. Mentre Michele Cibrario, amministratore delegato di Bnl Fondi immobiliari, società coinvolta in varie opere di dismissione di pubbliche proprietà, sostiene che gli esempi di scarso o nullo sfruttamento del patrimonio degli enti sono tanti e palesi e che, anche per questo motivo, la tendenza a vendere aumenterà. Ma puntualizza: " comunque un settore problematico, in cui facilmente si fa largo un pregiudizio ideologico-politico che spinge quasi sempre l’opposizione, a prescindere dal suo colore politico, a dire di no alle proposte della maggioranza e a usare ogni mezzo per mettersi di traverso". E siccome intorno al mattone non mancano mai i casi scottanti, alla fine di novembre la Corte dei Conti del Friuli Venezia Giulia ha avviato un’istruttoria sulle modalità di vendita di palazzi e terreni regionali curata dalla società pubblica Gestione Immobili Fvg. Secondo le inchieste del quotidiano ’Messaggero Veneto’, gli incassi realizzati sarebbero stati inferiori alle quotazioni di mercato. Maurizio Maggi ha collaborato Olga Piscitelli