Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  dicembre 09 Martedì calendario

Si è conclusa da pochi giorni la vendemmia del 2008. Con le ultime uve nebbiolo della Valtellina a fine novembre è stato completato il raccolto

Si è conclusa da pochi giorni la vendemmia del 2008. Con le ultime uve nebbiolo della Valtellina a fine novembre è stato completato il raccolto. Il termine per presentare le dichiarazioni di raccolta uve e la produzione di vino è stato prorogato al 15 gennaio 2009 e i dati definitivi arriveranno l’anno prossimo forniti come sempre dall’Istat, ma secondo le stime preliminari l’Italia torna dopo dieci anni a superare la Francia per quantità, diventando potenzialmente il primo produttore di vino al mondo. Oltralpe la vendemmia si annuncia inferiore del 5 per cento rispetto al 2007 e pari a 44,4 milioni di ettolitri, mentre nel nostro Paese, secondo la Coldiretti e la Commissione europea, la produzione è stimata in aumento dell’8 per cento con quasi 47 milioni di ettolitri. Le stime di Assoenologi sono leggermente inferiori: prevedono un incremento del 5%, ma confermano lo storico sorpasso sulla Francia. La raccolta è stata trainata dalla Sicilia, che ha prodotto oltre sette milioni di ettolitri, il 50% in più rispetto allo scorso anno quando fu penalizzata dalla virulenza di una delle più temute malattie della vite, la peronospora. Nonostante il boom, però, siamo decisamente lontani dalla media di 59,2 milioni di ettolitri degli anni 1988-1997 e di 50,6 milioni di ettolitri del decennio 1998-2007 e questo perché si è deciso di puntare sulla qualità. Che quest’anno dovrebbe essere molto buona. «Il bizzarro ciclo vegetativo che ha caratterizzato il 2008 ha diviso l’Italia in due, privilegiando sino a fine giugno il Sud a discapito del Nord – spiega Giuseppe Martelli, direttore generale di Assoenologi ”. Ma i mesi di settembre e di ottobre hanno ristabilito la situazione anche al Nord». L’annata del 2008 sarà ricordata come eterogenea, ma complessivamente più che buona con diverse punte anche di eccellente. La sfida tra bianco e rosso Una vendemmia più che buona, dunque, ma migliore per il bianco o il rosso? Dipende dalle zone. «Sicuramente nelle zone tipiche produttrici di vini bianchi, come il Trentino-Alto Adige e il Friuli-Venezia Giulia, i bianchi hanno una marcia in più rispetto a quelli rossi – prosegue Martelli – mentre in regioni come il Piemonte e la Toscana, per quei vini ottenuti da uve a bacca rossa vendemmiate a partire dalla terza decade di settembre, si prevede una qualità di tutta considerazione: stiamo parlando di Barolo, di Barbaresco, di Chianti, di Brunello di Montalcino, ossia di molti dei vini nobili italiani». Ma un conto è vendemmiare e un altro è vendere. E le previsioni di mercato non promettono bene. La situazione economica e il calo dei consumi nazionali e internazionali hanno determinato uno stallo nelle contrattazioni all’ingrosso. La compravendita delle uve è stata scarsa in tutta Italia, il prezzo rispetto allo scorso anno è sceso e il calo in regioni quali Abruzzo, Puglia e Sicilia ha superato anche il 20%. Lo stesso vale per la commercializzazione dei vini che, nonostante la scarsa quantità di prodotto disponibile, spuntano prezzi anche del 20% in meno in diverse regioni del Nord, del Centro e del Sud. Il calo dei consumi Ormai è una tendenza in atto da diversi anni: gli italiani bevono sempre meno. Siamo passati dai 110 litri pro capite degli anni Settanta agli attuali 45. Chi resiste alla crisi sono i vini di qualità, fa sapere Coldiretti: aumentano anche del 2,6 per cento le bottiglie acquistate dalle famiglie italiane di vini a denominazione di origine, cioè Doc e Docg. Per l’agenzia di comunicazione specializzata Winenews, i venti di crisi soffiano anche per gli amanti del buon bere, i cosiddetti eno-appassionati, che nel 2009 prevedono di ridurre i propri acquisti di vino. Secondo il loro sondaggio, il 47% degli eno-appassionati italiani comprerà infatti gli stessi marchi di sempre, ma in quantità decisamente minore. E anche nell’export verso gli Stati Uniti, dove proprio l’anno scorso l’Italia ha conquistato il primato a scapito della Francia, cominciano a farsi sentire le prime flessioni. Dopo anni di crescita ininterrotta, le bottiglie made in Italy esportate negli Usa nel primo semestre del 2008 hanno registrato un calo del 3,5 per cento e questo anche per colpa dell’indagine sul mancato rispetto dei requisiti del disciplinare del Brunello di Montalcino. Successo del voucher al Nord La vera novità della vendemmia 2008 sono stati i «voucher», cioè i buoni per pagare studenti e pensionati impiegati come lavoratori stagionali. Questa forma di pagamento è stata introdotta per la prima volta nel nostro Paese quest’anno per ridurre la burocrazia per le imprese agricole, combattere la piaga del lavoro nero e dare una possibilità di integrazione del reddito. L’esperienza in generale è stata positiva, fanno sapere Coldiretti e il ministero delle Politiche agricole, in totale sono stati utilizzati quasi 600mila voucher. Ma se il Nord con quasi il 70% dei voucher venduti ha risposto bene e il Centro con il 28% anche, il Sud e le Isole ne hanno utilizzati soltanto 10mila, pari a meno del 2%, mostrando una forte riluttanza. Fausta Chiesa Etichette d’autore per combattere il calo dei consumi Il consumo di vino è in costante calo a livello nazionale. Se è vero che gli italiani bevono sempre meno, è anche vero che il Natale resiste alla crisi. E’ questa la tendenza emersa dal sondaggio qualitativo condotto dall’agenzia Winenews assieme a Vinitaly. In base al sondaggio, il 54% di eno-appassionati intervistati regalerà lo stesso numero di bottiglie dello scorso anno. Il 28% mette in previsione una spesa variabile tra 100 e 200 euro. Il 26% conta di spendere da 50 a 100 euro. Il 21% spenderà oltre 200 euro, a fronte di un 17% che spenderà da 25 a 50 euro. Soltanto l’8% di amanti del buon bere tirerà la cinghia, destinando alle bottiglie di Natale un budget inferiore ai 25 euro. Intanto i produttori si attrezzano per vendere. Le strategie di marketing sono diverse. Quella più diffusa punta sull’estetica dell’etichetta. Sono numerose le cantine che scelgono opere artistiche come immagine della bottiglia. Una delle prima ad avere etichette d’autore è stata la cantina Chiarlo, nell’Astigiano. Il connubio tra arte e vino nasce per caso, oltre 25 anni fa, quando Michele Chiarlo per ripararsi dal freddo tra le vie di Nizza Monferrato entra a vedere la mostra di Giancarlo Ferraris. I quadri hanno come soggetti i vigneti delle colline locali. L’incontro è fatale. Dal 1984 il pittore firma le etichette della cantina, che sono raccolte nel libro «Semidivite». Puntano sull’etichetta anche gli Antichi Vigneti di Cantalupo, che quest’anno per il Ghemme hanno scelto la porcellana della Royal Copenaghen, il famosissimo piatto blu di cui ricorre il centenario. Un’etichetta che utilizza la filigrana dei biglietti da 500 euro prodotta dalle cartiere di Fabriano è il sigillo di qualità della bottiglia «Cesare Alberto» di Alberto Serenelli, produttore di Ancona. C’è poi chi punta sulla fidelizzazione del cliente, come la cantina Valdipiatta. La tenuta nel territorio di Montepulciano ha lanciato il progetto «Adotta una barrique», che offre la possibilità di creare il proprio vino prendendo parte attiva al processo produttivo, scegliendo il blend (cioè il mix di uve) preferito e la botte dove sarà invecchiato. Secondo Winenews, il prossimo passaggio del marketing sarà la valutazione di impatto ambientale. E c’è già chi fornisce alle aziende vitivinicole che desiderino valutare le emissioni di gas a effetto serra di ogni passaggio della filiera uno strumento per il calcolo del carbonio. Fa. Chi. Il mercato I produttori discutono dell’opportunità di avere un’unica definizione per tutta la produzione nazionale E la crisi lancia le «bollicine» italiane Mentre diminuisce la vendita dello champagne. «Pronti per la competizione» MILANO – Non sono mai state così frizzanti come quest’anno le bollicine italiane. In controtendenza rispetto ad altri prodotti e ad altri vini, gli spumanti tricolori nel 2008 fanno segnare incrementi nei consumi e nelle vendite sul mercato nazionale e su quello estero. Numeri che fanno sorridere i produttori italiani, specie se associati a quelli dei grandi rivali francesi: nei primi otto mesi di quest’anno infatti la vendita di champagne è calata del 2,6% a fronte di una crescita costante delle bollicine italiane che si è attestata intorno al 4% dal 2003 a oggi. Ma a far esultare i produttori del Belpaese ci si è messo anche un sondaggio condotto da International wine and spirit record che si avventura in una previsione accolta in Italia come il rigore di Grosso agli ultimi mondiali di calcio: nei prossimi anni, secondo la ricerca, si prevedono ampi margini di crescita per le bollicine ma non per lo champagne che avrebbe ormai raggiunto i livelli di saturazione del mercato. Numeri e previsioni che, ovviamente, vengono smentiti e rifiutati da parte francese. «Il confronto andrebbe fatto proprio tra champagne e metodo classico – spiega Paolo Ziliani, consigliere delegato commerciale e marketing di Berlucchi ”. Sono due prodotti accostabili e quindi competitor dello stesso pubblico. E’ indubbio che noi italiani paghiamo ancora la nostra gioventù sul mercato internazionale: abbiamo una storia poco più che quarantennale contro quella più che secolare dei francesi. Per questo dovremmo comunicare meglio anche la nostra diversità territoriale. In Franciacorta, per esempio, cerchiamo di far passare un principio: puntare sulla qualità anche a discapito della quantità. Gli otto milioni di bottiglie Franciacorta prodotte ogni anno ottengono sempre più successo in giro per il mondo perché associano al riconosciuto valore qualitativo, il fascino glamour del made in Italy». Quando si parla di bollicine in Italia si può fare riferimento a categorie ben distinte: il metodo classico (che ha nella lombarda Franciacorta la sua massima espressione), il prosecco veneto della Valdobbiadene, quello trentino e lo spumante piemontese d’Asti. Il tutto per un giro d’affari di 2,31 miliardi di euro e circa 300 milioni di bottiglie (metà delle quali vendute in Italia) che vanno a pareggiare i 330 milioni di bottiglie prodotte ogni anno nella Champagne. «Credo che ormai la nostra produzione sia matura per competere persino con gli champagne – afferma Giancarlo Moretti Polegato, responsabile della cantina Villa Sandi, nel cuore della Valdobbiadene ”. Da tempo la nostra costante cura del prodotto ci ha aperto anche le porte dei grandi ristoranti stranieri che presentano carte dei vini in cui il prosecco sta in lista con i migliori champagne. E proprio la crisi finanziaria potrebbe rappresentare per noi un’opportunità imperdibile: già all’inizio del 2008, quando il dollaro debole frenava i consumi, le vendite di prosecco sono cresciute a due cifre. Un fenomeno che potrebbe acuirsi, visto che il minor potere di spesa potrebbe portare sempre più consumatori a scegliere noi a discapito dello champagne». Per una definitiva affermazione internazionale, però, i produttori italiani continuano a dibattere sull’opportunità di avere un’unica definizione per tutta la produzione nazionale. In giro per il mondo infatti lo spumante italiano è ancora spesso associato al vino frizzante dolce, prodotto ben diverso da prosecco e Franciacorta. Secondo un sondaggio del sito Internet Winenews, il problema non esiste: l’importante è che le bollicine made in Italy siano prodotte seguendo regole rigorose, con maggiori vincoli qualitativi e territoriali. Meglio ancora se tutti gli spumanti italiani potessero fregiarsi della denominazione Doc o Docg. Isidoro Trovato Le tre categorie Tre sono le produzioni: il metodo classico, il prosecco veneto e trentino, lo spumante piemontese Il giro d’affari  di 2,3 miliardi di euro. Le bottiglie prodotte sono circa 300 milioni e la metà viene consumata in Italia ---------------- vedi anche: http://inumeridelvino.it/2008/07/vendemmia-2008-previsioni-di-produzione-di-vino-italia-e-francia.html http://www.viniesapori.net/articolo/assoenologi-vendemmia-2008-la-quantita-diminuisce-ma-la-qualita-aumenta.html http://www.beverfood.com/v2/smartsection+item.itemid+116+k+i-dati-definitivi-sulla-vendemmia-italia-2008.htm