Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  ottobre 31 Venerdì calendario

Il caso Assalto delle «sciure» ai saloni di bellezza che tagliano i prezzi. «Ma ci portiamo lo shampoo da casa» Boom dei parrucchieri cinesi

Il caso Assalto delle «sciure» ai saloni di bellezza che tagliano i prezzi. «Ma ci portiamo lo shampoo da casa» Boom dei parrucchieri cinesi. Effetto crisi, messa in piega a 6 euro Negozi aperti anche la domenica. Protesta degli italiani: concorrenza sleale Camera di Commercio: a Milano ci sono 2.400 tra acconciatori ed estetisti, gli stranieri sono 130, la metà cinesi L’ integrazione degli extracomunitari a Milano si fa largo a colpi di spazzola. Favorita dalla crisi. In città è boom dei parrucchieri extracomunitari. Cinesi, per la precisione. Tra i clienti gli italiani sono sempre più numerosi. Ma i colleghi dei saloni col tricolore non apprezzano. E parlano di concorrenza sleale. I prezzi sono di quelli a cui è difficile dire no. Per taglio, piega e colore nei saloni con gli occhi a mandorla bastano 20 euro. Negli atelier alla moda si arriva anche a 200, dieci volte tanto. Una piega dai cinesi vale sei euro. E se si vuole aggiungere il taglio otto euro sono sufficienti a saldare il conto. Oltre al prezzo c’ è la questione degli orari. I parrucchieri del celeste impero hanno la saracinesca sempre alzata: tengono aperto anche di domenica e nei giorni feriali non chiudono prima delle 9 di sera. Ai potenziali clienti italiani, tentati ma diffidenti, fanno una proposta: «Non vi fidate dei nostri prodotti? Portatevi shampoo e balsamo da casa. Alla fine il risparmio resta garantito». A Milano città si contano circa 2.400 tra acconciatori ed estetisti. Stando ai dati della Camera di Commercio, gli stranieri sono circa 130 di cui la metà (una sessantina) arrivano dalla Cina. L’ Unione artigiani fa notare che i parrucchieri cinesi iscritti all’ albo degli artigiani sono solo sette: «E tutto ciò nonostante l’ iscrizione certifichi i requisiti (formazione, titoli e diplomi) indispensabili per legge all’ esercizio della professione». Il sospetto è che dietro ai parrucchieri cinesi ci sia un milanese che di fatto ha ceduto l’ attività. Intanto i saloni italiani hanno cominciato a perdere clienti. E protestano. «La crisi ha già tagliato il 10-20 per cento del giro d’ affari. La concorrenza sleale dei cinesi rischia di darci il colpo di grazia. Io, per esempio, ho già dovuto rinunciare all’ aiuto di una collaboratrice», si lamenta Samuele Manera, titolare di un salone in via Meda. Secondo i parrucchieri italiani, è impossibile fare prezzi così bassi rispettando le regole. L’ Unione artigiani nel settembre scorso ha inviato lettere alla Asl, ai vigili urbani e all’ Ispettorato del lavoro per sollecitare controlli. E poi ci sono le proteste spontanee. Gli acconciatori di Quarto Oggiaro hanno inviato una petizione con una quarantina di firme all’ assessore al Lavoro, Andrea Mascaretti: «Da circa sei mesi le nostre attività hanno registrato un sostanziale calo del lavoro dovuto all’ apertura degli esercizi gestiti da cinesi che praticano tariffe bassissime - recita il documento -. Chiediamo l’ intervento del Comune affinché si facciano controlli sulla qualità dei prodotti usati in questi negozi, nonché sulle posizioni assicurative dei dipendenti e sulla regolarità degli adempimenti fiscali». La guerra per l’ accaparramento delle capigliature dei milanesi si preannuncia senza esclusione di colpi. «Sia chiaro, l’ obiettivo non è colpevolizzare intere etnie o incitare al razzismo. Tantomeno vogliamo mettere in discussione il principio della libera concorrenza - puntualizza il segretario generale dell’ Unione artigiani di Milano, Marco Accornero -. Ma non possiamo fare a meno di chiedere un’ intensificazione dei controlli. Perché è impensabile che si possano dimezzare i tariffari e nello stesso tempo rispettare le regole in materia di lavoro, igiene e fisco». Insomma, la concorrenza a colpi di phon è solo all’ inizio. E lo stesso fenomeno comincia a riguardare anche i centri estetici. Dove aumentano le cerette cinesi con lo sconto. Rita Querzé Querze’ Rita **** **** **** **** **** **** **** Costi più che dimezzati rispetto rispetto a quelli delle botteghe tradizionali Parrucchieri cinesi low cost, boom a Milano Scoppia il fenomeno dei pendolari dell’acconciatura: gente che si sposta da tutta la Lombardia pur di risparmiare su taglio e piega Non sono più solo le industrie e il commercio al dettaglio a dover fare i conti con la concorrenza cinese, capace di offrire prodotti di qualità forse meno elevata ma dai prezzi sicuramente appetibili per quella fascia di clientela che punta al massimo risparmio. Ora anche i parrucchieri italiani rischiano di trovarsi a fare i conti con la concorrenza che viene dall’oriente. I negozi della chinatown milanese, il quadrilatero che comprende via Paolo Sarpi, via Farini, via Messina e via Montello, sono già oggi frequentati da moltissimi italiani, attirati dai costi più che dimezzati rispetto a quelli delle botteghe tradizionali. E si sta sviluppando un fenomeno assolutamente nuovo: quello dei pendolari dell’acconciatura, persone che da altre città della Lombardia raggiungono Milano per usufruire di un servizio di taglio e piega low cost. Non tutti i negozi hanno l’insegna, ma dove questa è presente la si può trovare anche in versione bilingue. E magari dietro ad una ragione sociale apparentemente italianissima, come «Acconciatura da Luisa» o «Ciao Ciao Parrucchiere», si può trovare un coiffeur con gli occhi a mandorla. I parrucchieri cinesi stanno spopolando, lavorano sulla quantità a prezzi stracciatissimi: taglio e piega 8-10 euro, mani e unghie 3 euro. Prezzi possibili grazie alla filosofia no frills, senza fronzoli: taglio puro e semplice senza lozioni o balsami e cremine rigeneranti del cuoio cappelluto. E servizio alla clientela non particolarmente accurato (non aspettatevi che si offrano di andarvi a prendere il caffé al bar dell’angolo per allietarvi l’attesa). Poche parole in italiano da parte del personale, ma si va subito al sodo. Il design dei negozi è minimale: qualche sedia, divanetti di quarta mano, qualche specchio, l’occorrente minimo, forbici e spazzole. La clientela è variegata e di tutte le nazionalità, compresa quella italiana, che a queste condizioni prova a farsi fare una messa in piega. La mania si è diffusa e i clienti provengono da tutta la Lombardia. I coiffeur cinesi lavorano anche la domenica e il lunedì, giorni in cui i parrucchieri italiani sono generalmente chiusi, effettuano un orario molto elastico dalle 9 del mattino alle 21 di sera, e riescono a realizzare anche una media di 100’150 tagli al giorno. Un risultato possibile grazie anche alla clientela che arriva da fuori Milano. Sara M., ad esempio, arriva da Desenzano del Garda insieme alle sue amiche: per loro il taglio low cost è ormai una consuetudine. «Ci organizziamo e veniamo sempre in gruppo – spiega Sara -, perché il totale tra il biglietto andata e ritorno del treno e il taglio e la piega si aggira sui 30-35 euro. Il risparmio è evidente se si considera che non tutti possono più spendere 30 euro tutte le settimane dal proprio parrucchiere di fiducia». Ma non sono solo i pendolari ad usufruire dei parrucchieri cinesi. Anche molti milanesi ormai hanno tradito la bottega tradizionale. Per una questione di costi. Sono soprattutto anziani pensionati e studenti senza grandi disponibilità economiche ad apprezzare la possibilità di stare in ordine, risparmiando. Dice Monica S., studentessa al terzo anno di giurisprudenza: « sono una fuori sede e questo è un modo per fare economia a Milano, avendo sempre un aspetto curato». Il passaparola si è diffuso e il tam tam ha raggiunto velocissimo anche Internet, dove si trovano già dei forum dove si confrontano i prezzi e ci si scambiano suggerimenti su quale parrucchiere orientale scegliere, tra i tanti disponibili. I commenti non sono tutti positivi, ma c’è anche chi, come Lory, ancora indecisa se provare l’esperienza, pensa che pur di risparmiare non si debba stare troppo a fare gli schizzinosi: «Una mia collega c’è stata e diceva per che la pulizia lasciava un po’ a desiderare, tipo capelli di altre persone per terra. Non so se andare, certo mi alletta l’idea di non spendere tanto, considerati i prezzi di Milano». Del fenomeno si sono già occupati anche diversi blog. Insomma, anche se all’interno non si trova un arredamento chic e ricercato, non si vedono lozioni di marca o profumi e cosmetici francesi di grido, per molti vale la pena badare alla sostanza, visti anche i tempi di esecuzione velocissima e il risultato discreto a prova di prezzo stracciato. E se c’è chi affronta addirittura due ore di treno pur di risparmiare – un po’ come quando per risparmiare sul biglietto si accetta di volare da un aeroporto secondario -, allora vuol dire che il metodo low cost sta funzionando. Con buona pace dei Figaro milanesi che, sulla scia di Rossini, potranno anche continuare a cantare «sono un barbiere di qualità», ma che dovranno comunque rassegnarsi a fare i conti con una tendenza sempre più diffusa secondo cui, a fronte di un beneficio economico, della qualità si può anche fare un po’ a meno. Ambra Craighero