Alessandro Melazzini, Il Sole-24 Ore 7/12/2008, pagina 49, 7 dicembre 2008
Il Sole-24 Ore, domenica 7 dicembre 2008 Un uomo raccoglie fiori con la moglie e la figlia. Si sta preparando al più grande crimine dell’umanità
Il Sole-24 Ore, domenica 7 dicembre 2008 Un uomo raccoglie fiori con la moglie e la figlia. Si sta preparando al più grande crimine dell’umanità. Si tratta di Heinrich Himmler (1900-1945), fotografato due giorni prima dell’invasione dell’Unione Sovietica a opera della Germania nazista. A quest’essere dalla personalità abnorme lo storico tedesco Peter Longerich, fondatore del Centro di ricerca per l’Olocausto e la storia del Ventesimo secolo di Londra, ha dedicato una biografia che, pur senza contenere clamorose novità, per mole e documentazione è già diventata il punto riferimento sul capo delle SS (Heinrich Himmler, Siedler Verlag, Monaco di Baviera, pagg. 1.035, 39,95. Uscirà in Italia per Einaudi). Invero nulla dell’infanzia di quel ragazzo timido e diligente, cresciuto sotto l’occhio attento di un padre pedante e timoroso della Chiesa di Roma, lascia presagire il futuro genocida. Il punto di svolta nella sua biografia, come per molti coetanei, è lo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Pur non riuscendo a parteciparvi per limiti di età da allora e per tutta la vita egli cercherà sempre di stilizzarsi come soldato. Una copertura buona per occultare la propria incapacità a relazionarsi con gli altri, a cominciare dal gentil sesso, spiato con curiosità ma per lungo tempo tenuto a distanza. La scelta di studiare Agraria a Monaco di Baviera, sua città natale, è dettata soprattutto dalla possibilità di avere tempo a disposizione per frequentare l’ambiente paramilitare ostile alla Repubblica di Weimar. Quando il putsch di Hitler del 1923 viene sedato col sangue dalla polizia bavarese, Himmler non è altro che un agronomo in bancarotta. Ma, come accadrà per tutte le sue future sconfitte, anziché indietreggiare dalla propria meta egli la persegue con testardaggine ancora maggiore. Prima diventa agitatore del partito nazista nelle campagne della Bassa Baviera, poi viene richiamato alla sede di Monaco per lavorare negli uffici della propaganda. Nel 1927 conosce la moglie e diventa sostituto con funzione di "Reichsführer" delle SS, che sviluppa negli anni seguenti come una formazione d’élite contrapposta ai soldatacci delle SA di Ernst Röhm. il periodo in cui dà prova di non essere semplicemente quel pedante burocrate che i detrattori ritengono, quanto piuttosto un abile uomo di potere. Con l’avvento di Hitler al Governo, passo dopo passo Himmler riesce a riassumere sotto di sé sempre più incarichi. Capo delle SS, della Gestapo, della polizia: tutto viene ricondotto a lui, che armonizza e coordina le varie organizzazioni per creare un inesorabile apparato repressivo e istituire una rete concentrazionaria di campi per detenuti che poi diventeranno spaventosi luoghi di annientamento. Sono gli anni in cui plasma le SS come un ordine tribale volto alla prolificazione e al dominio della razza ariana. Himmler ne diventa il pedagogo, tanto da occuparsi dei dettagli più intimi dei suoi uomini, che non possono sposarsi senza aver sottoposto la fidanzata a un controllo del pedigree. Quando egli ha una figlia dall’amante, prescrive alle SS di generare anche fuori dal vincolo famigliare, per il bene della Nazione ariana e la tranquillità d’animo suo. Tra i mille viaggi di cui è composta la sua quotidianità trova il tempo di occuparsi di esoterismo, un’antica passione di cui preferisce non far troppo trapelare, pena il rischio di contraccolpi nella carriera, che tuttavia, dopo alcuni anni un po’ stagnanti e qualche passo falso, ottiene un nuovo e potente impulso con l’entrata della Germania in guerra. In particolare con l’Operazione Barbarossa del 1941, ovvero l’avvio del conflitto contro l’Urss, si mette in moto l’azione di sterminio razziale che apre le porte alla Shoah. Tra i principali responsabili della "soluzione finale", oltre naturalmente al Führer, vi sono Himmler e il suo fidato aiutante Reinhard Heydrich, la cui morte nel giugno del ’42 in seguito a un attacco di patrioti cechi inasprisce in Himmler il già ossessivo desiderio di annientare gli ebrei dalla Terra. Ma lungi dal costituire il punto culminante dell’inumana follia del Terzo Reich, per il capo delle SS l’Olocausto è solo l’inizio di un’utopia spaventosa, portata avanti sul campo di battaglia dalle unità armate delle Waffen-SS, in tensione con l’esercito regolare della Wehrmacht, di cui però si sfrutta l’appoggio logistico. E sono proprio i successi delle armate hitleriane che nel 1942 spingono Himmler a credere che il sogno di un regno germanico su base razziale – vaticinato già prima della guerra – ora possa diventare una concreta realtà. Non si tratta semplicemente di costituire un regno pangermanico grazie all’annessione di nuovi territori, bensì di fondare un nuovo ordine, sovranazionale e totalitario, colonizzando l’Europa e depurandola da qualsiasi elemento che non sia ariano o che non possa venire facilmente germanizzato, come nel caso dei bambini stranieri dai fisici promettenti sottratti alle famiglie e dati in affidamento a genitori tedeschi. Tra i nemici della Germania si contano naturalmente gli ebrei e i comunisti, spesso ritenuti una sola cosa, ma questi sono solamente i nemici più "pericolosi", quelli da sterminare più in fretta. Poi vi sono gli zingari, i neri, i disabili, gli omosessuali, gli atei e i cristiani, la cui fede Himmler disprezza dopo che in gioventù si era allontano dalla Chiesa romana. Con il proseguire del conflitto più la Germania si avvia verso la caduta più ha successo la strategia himmleriana di convincere Hitler a riunire in una persona, la sua, competenze e ambiti di potere sempre maggiori. la logica terroristica del tanto peggio tanto meglio. Fino alla disfatta totale. Nel maggio del 1945, caduto in mano agli alleati e compreso che non vi è più alcun margine di trattativa, si suicida con una fiala di veleno scampando al processo di Norimberga e alla sicura condanna al patibolo. Alessandro Melazzini alessandro@melazzini.com