Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  dicembre 10 Mercoledì calendario

PEZZI SU FAME NEL MONDO


CORRIERE DELLA SERA
ROMA – Cresce nel mondo il numero degli affamati, cioè di uomini, donne e bambini che cronicamente non riescono ad alimentarsi in modo adeguato. I senza cibo, stando ai dati Fao, sfiorano ormai un miliardo (esattamente 963 milioni), cioè 40 milioni in più dell’anno scorso e 115 milioni in più rispetto al biennio 2003-2005. Proprio la Fao aveva annunciato, pochi mesi fa, che il numero degli affamati, a causa dell’impennata dei prezzi dei prodotti alimentari, era aumentato di 75 milioni tra il 2005 e il 2007, il peggior incremento mai registrato fino a oggi. Ma anche il dato 2007-2008, è veramente drammatico, se si pensa che non tiene ancora conto degli effetti (troppo presto per calcolarli) dell’attuale crisi finanziaria globale. Quindi la situazione è destinata ad aggravarsi ulteriormente.
A lanciare l’allarme è l’ultimo rapporto sullo «Stato dell’insicurezza alimentare nel mondo (Sofi)», che riporta i dati aggiornati agli ultimi mesi di quest’anno.
Nel corso del vertice internazionale sull’emergenza cibo, tenutosi a giugno Roma, i governi avevano raggiunto l’accordo di donare 11 miliardi di finanziamenti. «Io non li ho ancora visti – ha detto il direttore generale della Fao, Jacques Diouf – anche se sono stati promessi». Secondo Diouf però ne servirebbero almeno 30 per riuscire a raddoppiare la produzione agricola mondiale ed eliminare la crisi, «stiamo parlando di un investimento pari all’8% dei finanziamenti destinati all’agricoltura nei Paesi Ocse», cioè di una cifra tutto sommato modesta soprattutto se la si paragona a quanto ammontano a livello internazionale i recenti interventi contro la crisi finanziaria. «Al presidente eletto degli Stati Uniti, Barack Obama – ha aggiunto Diouf – chiedo di applicare il suo motto "Yes we can" alla sicurezza alimentare ». La causa di questo nuovo incremento degli affamati è ancora una volta l’aumento dei prezzi alimentari. «I prezzi dei principali cereali – si legge nel rapporto – sono calati di oltre il 50% rispetto al picco raggiunto agli inizi del 2008 ma rimangono più alti del 20% rispetto all’ottobre 2006». «Bambini, donne in gravidanza e in allattamento sono molto a rischio», ha detto Diouf. «Gli effetti della crisi saranno più devastanti tra i poveri delle aree urbane e le donne-capo famiglia». Il 65 per cento degli affamati è concentrata in soli sette paesi. Le rivolte causate dalla fame sono state registrate in 25 paesi. La peggiore situazione si registra nell’Africa sub-sahariana, dove una persona su tre, vale a dire circa 236 milioni, soffre cronicamente la fame. La Repubblica Democratica del Congo ha guidato l’incremento a causa della situazione di conflitto, facendo aumentare la percentuale delle persone che soffrono la fame nel Paese, dal 29 al 76%. Subito dopo risulta colpita l’Asia meridionale (India, Pakistan, Bangladesh).
Aiuti Per questi bambini sudanesi il cibo e le posate (di un centro di accoglienza) sono un lusso raro
M.Antonietta Calabrò

LA REPUBBLICA
ROMA - Mancano solo sei anni, poi finalmente l´ipocrisia sarà svelata: gli Obiettivi del Millennio, la formula-slogan con cui i potenti della terra avevano preso l´impegno di dimezzare la fame nel mondo, non saranno realizzati. Il nuovo rapporto 2008 sulla "insicurezza alimentare" presentato ieri dalla Fao è ormai più un grido di dolore che un allarme. Invece che diminuire, la quota complessiva degli esseri umani sottonutriti aumenta: ora sfiora il miliardo. Il conteggio si ferma a 963 milioni, quasi che la cifra tonda sia un´oscenità insostenibile. Ma anche questo gradino sarà superato presto: l´ultimo salto, pari a 40 milioni di persone, è stato registrato nel solo 2008. Due anni fa erano 115 milioni in meno, nel 1996 erano 832 milioni.
Per salvare gli affamati servono 30 miliardi di dollari l´anno, poca cosa in confronto alle spese per armamenti, o alle somme stanziate per la crisi economica, ribadisce per l´ennesima volta Jacques Diouf, direttore dell´agenzia Onu. Il tema è ben noto, ma stavolta non è un ritornello stantìo. C´è una nota nuova, l´unica, ma significativa. Nel 2009 l´Occidente, e dunque il mondo intero, sarà diverso. Yes, we can: deve valere anche per gli altri, chiede Diouf. Deve allargarsi al pianeta intero la speranza di cambiamento suscitata negli Stati Uniti dall´avvento del primo presidente nero. «Ho chiesto ad Obama di farsi promotore di un´iniziativa per un summit che abbia come obiettivo sradicare la povertà dal pianeta», annuncia il direttore della Fao. Insomma, «possiamo farcela».
L´alternativa è già nel panorama struggente descritto da Jacques Diouf. Il 65 per cento degli affamati vive in soli sette paesi, dice il responsabile dell´agenzia. Nell´Africa subshariana una persona su tre è cronicamente affamata e nei mesi scorsi rivolte per il cibo sono scoppiate in 25 paesi. L´escalation delle emergenze è in parte legata all´andamento perverso dei mercati: quando le quotazioni degli alimentari sono alte, i consumatori più poveri non possono permettersi la spesa. Se invece i prezzi si abbassano, allora sono i contadini poveri a non poter sopravvivere, anche perché le sementi restano care. E con i prezzi alti, i paesi in via di sviluppo non sono stati nemmeno in grado di aumentare la produzione.
Di fronte al disastro, non è più tabù mettere in discussione il modello di sviluppo e contestare il feticcio dell´agricoltura intensiva per l´esportazione. « urgente aiutare lo sviluppo dell´agricoltura nel Sud del mondo: basterebbe meno di un decimo dei sussidi agricoli ai paesi dell´Ocse», sintetizza Marco De Ponte di Action Aid. Ma oltre ad accogliere i richiami degli esperti e restituire dignità ai piccoli produttori, bisogna intervenire subito dove i meccanismi del mercato stanno stritolando i più deboli: la popolazione di paesi "difficili" come la Corea del nord, lo Zimbabwe, il Congo. Oppure le fasce più basse di altre società: i poveri di città e campagna, i braccianti senza terra, le donne sole con bambini.
 vero che i meccanismi di controllo delle emergenze, con gli interventi del World Food Programme, riescono in genere a togliere dai telegiornali le immagini dei bambini scheletrici coperti di mosche, con la pancia piena d´aria. Ma c´è un´altra fame, che mina le esistenze e sgretola la capacità produttiva, più insidiosa perché meno visibile. Non è quella che uccide in pochi mesi, è quella che nega agli esseri umani un apporto calorico adeguato e dunque schiavizza i pensieri, indebolisce il sistema immunitario, impedisce il lavoro. quella che nega anche le speranze. E allora? Allora, ripete ancora una volta Jacques Diouf, serve la solidarietà internazionale. «Non ci stanchiamo di pregare, non ci scoraggiamo. tutta questione di priorità politica».