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 2008  dicembre 09 Martedì calendario

Lettera La Stampa, martedì 9 dicembre 2008 Gli inverni del ”43 e ”44 a Torino furono durissimi, eravamo alle prese con il freddo e la fame

Lettera La Stampa, martedì 9 dicembre 2008 Gli inverni del ”43 e ”44 a Torino furono durissimi, eravamo alle prese con il freddo e la fame. Mia madre mi mandava con la tessera per il pane a fare la coda dal panettiere di piazza Madama Cristina. Pane fatto con il riso che il giorno dopo era duro come una pietra. Poi dal droghiere, sempre con la tessera, a prendere lo zucchero. Di notte molti torinesi andavano al Valentino a segare rami e alberi da portare a casa per scaldarsi. Noi ragazzi di giorno andavamo al Valentino a raccogliere le cortecce e i pezzi di legno abbandonati. Il mio hobby preferito era la raccolta di schegge di bombe e proiettili che raccoglievo per le strade di San Salvario dopo i bombardamenti notturni. Ne avevo una discreta collezione. Non avevo iPod, telefonino, pc. Mia madre mi aveva cucito una coperta come cappotto e come quaderno mi aveva cucito dei quinterni di fogli a righe che mettevo nella cartella fatta con la stoffa. Ecco, volevo solo dire che da allora strada ne abbiamo fatta tanta, tutti assieme. Ricordiamoci e ricordiamo ai nostri figli e nipoti queste cose. Sono sicuro che sapremo ritornare a tempi migliori. Giovanni Susa Non è Natale ancora, caro lettore, ma la sua lettera lo anticipa per tutti noi. Vi risuona dentro la voce di tutti i nostri padri e i nostri nonni, tutta l’Italia che ha vissuto di pane e cipolle, di decorosa povertà. Ed è meraviglioso sentire che la vostra generazione, che più di quelle successive ha pagato il prezzo per tutte, è rimasta serena. Per un omaggio a tutti voi, suggerisco ai nostri lettori di andare sul sito www.bancadellamemoria.it, un portale, presentato nell’agosto di questo 2008, dove sono raccolte testimonianze di uomini e donne nati esclusivamente prima del 1940, nell’80% dei casi piemontesi. Gipo Farassino vi racconta della sua casa al 6 di via Cuneo, «in una famiglia allargata dove eravamo tutti poveri. E per questo era come se non lo fossimo. Poi certo, c’erano i pro e i contro. Perché avevamo il cesso in comune, al fondo al ballatoio. E poteva capitare che mentre eravamo seduti a tavola davanti a noi passasse la signora Cucco con i giornali sotto il braccio diretta in bagno». Anni «terribili e bellissimi al tempo stesso», perché erano gli anni di una città martoriata dalle bombe, tanto che Borgo San Paolo, come ricorda Eraldo Bessone, classe 1925, era chiamato «Borgo Stalingrado», perché ridotto a un cumulo di macerie dalle incursioni dei bombardieri inglesi. Ma erano anche gli anni della voglia di vivere in una città regale, dove il tempo era scandito da abitudini e ritmi rimasti immutati dal secolo precedente. «Accidenti se era bella la mia Torino - ricorda Edoardo Barberis, nato nel 1938 -, bella e pulita. Da Porta Susa si camminava fino ad arrivare in piazza Vittorio, dove si andava alla latteria Ghigo. E poi, la domenica, c’era il rito della cioccolata da Baratti e Milano». Lucia Annunziata