Claudio Sabelli Fioretti, La Stampa 9/12/2008, pagina 12, 9 dicembre 2008
La Stampa, martedì 9 dicembre 2008 Ricordate i nani e le ballerine? La lite delle comari? La politica sangue e merda? I conventi poveri mentre i frati sono ricchi? Il poker d’assi di Craxi contro Di Pietro? Era lui, sempre lui, il potente ministro delle Finanze socialista, Rino Formica
La Stampa, martedì 9 dicembre 2008 Ricordate i nani e le ballerine? La lite delle comari? La politica sangue e merda? I conventi poveri mentre i frati sono ricchi? Il poker d’assi di Craxi contro Di Pietro? Era lui, sempre lui, il potente ministro delle Finanze socialista, Rino Formica. Quando si sfasciò il Psi tutti i socialisti si riaccasarono. Chi inseguì gli elettori, trovò seggi con Berlusconi. Chi preferì la storia, si accomodò negli angusti spazi offerti dal Pds. Lui scomparve. Si dette agli studi. Non si presentò più alle elezioni. Smise di votare, o quasi. E anche le interviste: niente, o quasi. Uscì dalla Prima Repubblica e non entrò nella Seconda. «Persa la famiglia socialista non sentivo il bisogno di entrare in un’altra. Nel 1992 avevo fatto un disperato tentativo convincendo Craxi a dare la segreteria a Benvenuto. Ma Benvenuto crollò. Le pressioni furono forti». Da parte di chi? «Dall’esterno». Cioè? «Un mondo complesso». Che vuol dire? «Non si può dire». Perché? «Insomma, quella fase andava chiusa con la liquidazione del Psi». Forze internazionali… «Quando una piccola potenza fa la politica di una grande potenza, nei momenti di difficoltà dei potenti può trovare spazio. Ma quando il potente può fartela pagare, te la fa pagare». Un socialista dove deve andare? Stefania è a destra, Bobo a sinistra… «Non ho mai criticato chi è andato di qui o di là. Era un momento di sbandamento. Chi ha trovato casa, chi il capanno, chi una villa… benissimo. State dove vi chiama il ventre o l’intelligenza. Ma non manipolate la storia». A chi stai pensando? «A Giuliano Amato… E’ un manipolatore della storia… E’ anche l’unico socialista che viene utilizzato a intermittenza e a rate nel Pd. Sai perché? Perché tutti sanno che nel Psi Amato contava meno del due di briscola». Hai detto che è un bugiardo… «E’ la verità. Un esempio. Alla famosa riunione della segreteria, quella del poker d’assi contro Di Pietro, Amato c’era. Intervenne proprio su come fronteggiare Di Pietro. Il giorno dopo Scalfari scrisse un violentissimo attacco ad Amato perché aveva partecipato ai lavori della segreteria pur essendo presidente del Consiglio. Amato mi telefonò: "Devo fare una smentita. Dirò che non ho partecipato ai lavori in cui si è parlato di Di Pietro"». Chiedeva complicità? «Esattamente. Mi disse: "Sei l’unico che potrebbe rompermi i coglioni. Posso fare questa dichiarazione?" Gli dissi: "Falla, va benissimo per me". E lui la fece». E tu tacesti… «Fino a quando cominciò a dire che non sapeva di questo, non sapeva di quello. Non sapeva niente». Non sapeva del sistema delle tangenti… «Come uno che fa parte di una famiglia dove entra uno stipendio di mille euro al mese ma si vive al ritmo di 2 mila euro al giorno». Anche tu sapevi… «Ma certamente, come no?». Ma Amato negava… «Perché non era un intellettuale organico. Era ingaggiato. Un professionista. Praticamente un tassista». Hai detto: «Non sta mai fermo, esiste solo se balla…» «E’ noto che il decreto salva-Mediaset l’ha fatto lui». Quello grazie al quale Craxi riaccese le tv di Berlusconi… «Due sono le cose. O l’hai fatto su commissione e dici: "Vabbé, non me ne fotte niente, mi hanno ordinato un pacco e io l’ho consegnato…"». L’intellettuale tassista… «Oppure dici: "Ci ho messo la mia convinzione. Lo difesi e lo difenderò"». E invece non lo difende… «Ha collaborato con Craxi, ha ispirato Craxi, ha sostenuto Craxi con dottrina e con sapere». Dopo la morte di Craxi hai detto: «Non lascio campo libero ai pentiti ciarlieri». «Gli ex comunisti». Pentiti ciarlieri? «D’Alema, presidente del Consiglio, offrì di fare i funerali di Stato». E allora? «Dopo quello che gli aveva fatto… dopo avergli impedito di curarsi in Italia…». Come poteva D’Alema farlo tornare in Italia a curarsi? Era latitante. «Un governo forte poteva risolvere questo problema. Bastava un decreto per farlo curare a Milano». I funerali di Stato non ci furono. «Bobo e Stefania non vollero. Fu un errore gravissimo. Coprì la contraddizione». Perché Craxi non tornò? Massimo due giorni di galera… «Quando alla fine del 1993 c’era la certezza che ci sarebbe stata una sventagliata di provvedimenti coattivi, io posi il problema a Craxi: "Abbiamo tutti il dovere di rimanere qui. Questa vampata si spegnerà. Si tornerà ad una maggiore serenità di valutazione"». Che cosa rispose Craxi? «Ad un atto ingiusto io non resisto. Io andrò via». Non hai cercato di convincerlo? «Gli dissi: "Commetti un errore gravissimo. Nei confronti della comunità che ti ha voluto bene e nei confronti di te stesso"». Non ti ascoltò. «Craxi aveva un grande bisogno di aria, di libertà. La sola idea di essere chiuso gli sarebbe stata fatale». Tu inventasti i nani e le ballerine. «L’assemblea nazionale». Eri contrario. «Non solo io. Tutta la sinistra, Signorile in testa. Ma quando si votò ci fu l’unanimità. Craxi mi spiegò: "E’ stato facile, gli ho dato venti posti"». Oggi c’è il pericolo di una deriva autoritaria? «La dittatura è la forma più dura, più spietata di sacralità della politica». E allora? «Quello di Berlusconi è un partito barattolo, un contenitore, come quello di Veltroni». E allora? «Il leader di un partito barattolo è immune dalla dittatura: proprio lui è il grande picconatore della sacralità della politica. Fa "cucù" alla Merkel… Te lo immagini dittatore?». Recentemente hai polemizzato con Bassanini. L’hai definito craxiano e lui se l’è presa. Dice che era lombardiano. «Talmente lombardiano che nel ”79 aveva fatto il programma di governo di Bettino. E fu sostenuto alle elezioni dai craxiani. I lombardiani sostenevano Cicchitto». La sede e l’utenza del telefono della corrente lombardiana di Roma erano pagate da Licio Gelli… «E’ vero. E non mi risulta che il lombardiano Bassanini avesse mai preso le distanze da questa faccenda». La corrente lombardiana, la più a sinistra, in casa di Gelli? «Il problema è Signorile». Cioè? «Era simpaticamente disinvolto…». E allora? «Non voglio riaprire polemiche con lui». Dietro i lombardiani c’era Gelli? «Gelli non stava dietro… Gelli era un intelligente speculatore». La P2… «La P2 era una copertura. Serviva, su suggerimento dei servizi Nato, a non fare accorgere nessuno dell’esistenza di una rete clandestina, un club, dove erano iscritti tutti i capi dei servizi. Qualcosa di eversivo. E Gelli era un drittone». Ma poi la P2 è scoppiata… «Solo quando in America hanno sentito che cominciava a puzzare, che Gelli si era montato la testa, che voleva mettere sotto Calvi, mungendogli soldi. E che voleva fottersi il Corriere della Sera». Dietro la P2, l’America… «Io ho fatto parte della commissione P2. Nella lista c’era anche Randolph Stone, capo della Cia in Italia. Figurava come imprenditore. Quelli dell’elenco sono stati sentiti tutti. Tranne Stone. In Commissione continuavo a dire: "Ma vogliamo convocare Stone?"». Cosa ti rispondevano? «Niente». E tutto questo significa… «Che Stone Gelli lo ha messo lì a garanzia che stava svolgendo una funzione per conto loro… Com’è che questa loggia non ha mai avuto, nella sua vita, una riunione?». Com’è? «Era una casella postale». Gelli era potente. Nominava le alte cariche… «Un vecchio trucco democristiano. Quando sapeva che c’era una nomina, prometteva a tutti i candidati di interessarsi. Alla fine, quello nominato, era conquistato per sempre». C’è ancora la P2? «Sotto altre forme ce ne saranno centomila». Tu facesti il nome di Belzebù… di Andreotti… «Si pensava che la P2 fosse un luogo di raccordo nazionale. Invece aveva una spinta sovrannazionale». Che c’entra Andreotti? «Andreotti sapeva…» Quindi non pensi che sia il grande vecchio dietro a Gelli… «No, lui non guidava Gelli. Però che ci fosse una casella postale di un luogo che aveva una sua legittimità, a livello internazionale, lo sapeva». Lo hai definito "un grande inquinatore"… «Sbagliavo. Lui è un grande uomo di Chiesa. E’ il vero capo di governo vaticano prestato all’Italia. Nel suo studio ho visto un quadro molto bello di Guttuso. C’è una serie di cardinali. E sotto la dedica: "Al cardinal Andreotti" e una figura mezzo cardinale e mezzo laico. Lui». Perché Cicchitto si è iscritto alla P2? «Si era aperta la successione a Lombardi. Cicchitto sapeva che Signorile era protetto dalla P2». Signorile non era della P2. «Sicuramente aveva rapporti. Signorile è sempre stato molto levantino, abile». Il piano di rinascita democratica di Gelli non ti sembra quello di Berlusconi? «Il piano non è per nulla un elenco di azioni eversive. Bisogna essere onesti: il piano di rinascita è il piano comune che hanno sia il Pd che Berlusconi. Un giorno ero con Macaluso e leggemmo una presa di posizione del Pd. Commentammo: "Ma questo è il piano di Gelli!"». Tu sei sempre stato poco diplomatico. Hai definito Signorile «uno stupido». «Signorile non è uno stupido. Forse in qualche occasione si comportò da stupido». Merzagora «un uomo poco serio»… «Quello sì. Quando ero segretario amministrativo del Psi scrisse in forma allusiva che avevo fatto una speculazione sui titoli Ferruzzi. Lo querelai. Lui non si fece mai dare l’autorizzazione a procedere… sviò, svicolò. Fece di tutto per non andare davanti al giudice. Lui che aveva uno yacht che batteva bandiera panamense». Gaetano Scamarcio disse che non ti si doveva affidare nemmeno la gestione di una salumeria… «Fu un eccesso di zelo da parte degli amici di Andreotti. Cercavano qualcuno della mia parte che mi desse fastidio. Trovarono Scamarcio». Franco Reviglio disse: «Non potevo avere un successore peggiore alle Finanze»… «Io non potevo avere un predecessore più inesperto». Perché inesperto? «Era un professore universitario ma si occupava molto più del sottogoverno che degli studi». Sei favorevole alla pubblicazione delle intercettazioni? «Ciò che si riferisce ad una responsabilità grave va pubblicato. Ma l’operazione difficile è la lettura delle intercettazioni. E la depurazione. Poi bisogna considerare il grado di sensibilità dell’opinione pubblica. Io non voglio fare i nomi… ma insomma quando Mattei si occupava di petrolio… se avessero intercettato le sue telefonate per avere il favore dello Scià…». Il Pci è stato il grande intercettatore e il grande intercettato, dicesti una volta… «Il Pci, con l’aiuto dei sindacati, aveva i suoi uomini all’interno delle società telefoniche… poteva ascoltare tutte le telefonate che voleva. Bastava combinare bene i turni…». Che cosa pensi dei politici di oggi? «Non hanno la bussola». La bussola è l’ideologia? «L’ideologia, un insieme di valori…». Per Berlusconi ideologia è un insulto… «Berlusconi è l’interprete delle tendenze di fondo del Paese. Ordina un sondaggio, legge i risultati e si adegua. Ai miei tempi compito della politica non era conoscere la realtà, ma forzare il corso delle cose. Adesso si sta dietro il corso delle cose». Chi è che non ti piace a sinistra? «Il trasformista. Quello che fa la scelta e poi cerca il consenso. Oggi abbiamo una classe dirigente trasformista, che produce trasformismo. Sia a destra che a sinistra. Sia Berlusconi che Veltroni». Berlusconi lo conosci? «E’ venuto un paio di volte al ministero». Ti eri occupato della famosa Iva di cui si parla tanto adesso. Dicono che facesti un piacere a Berlusconi concedendogli l’aliquota del 4%. «Alla Rai, per il canone, veniva applicato il 4%. La commissione bicamerale dei Trenta chiese al governo di applicare il 4% per tutti, pubblici e privati». Che impressione ti fece Berlusconi? «L’avevo conosciuto ancora prima, nel 1977, a una riunione al circolo di Aniasi. Me lo aveva segnalato Craxi: "Troverai un giovane imprenditore milanese, uno che potrebbe anche essere amico nostro". Non mi fece una grande impressione. Capelli lunghi e tanta brillantina. Mi dette fastidio. Pensavo che la brillantina fosse di destra». Avevi visto giusto… «Alla fine ci mettemmo a parlare in un salottino. Mi disse: "A me piacerebbe fare la politica". Io gli chiesi: "Che cosa vorrebbe fare?". E lui: "Il ministro degli Esteri". Quando tornai a Roma lo raccontai a Craxi. Craxi si mise a ridere: "Ma chi cavolo è questo qui? Ma che si tolga di torno"». Poi però cambiò idea… si precipitò da Londra per fargli il decreto che riaccendeva i suoi ripetitori… sembrava un suo suddito… «Craxi voleva rompere gli schemi del monopolio dell’informazione». Di Berlusconi hai detto: «Le sue posizioni mutano secondo le convenienze». «Gli aristocratici della monarchia sabauda industriale di Torino dicevano: "Ciò che fa bene alla Fiat fa bene all’Italia". Berlusconi pensa la stessa cosa. Quello che fa bene a Mediaset fa bene all’Italia». Cosa pensi delle leggi ad personam? «Una volta si diceva che le leggi sono come banconote: messe controluce, in filigrana si vede la testa del Re». Oggi si vede la testa del Re anche se non le metti controluce. «Il sistema democratico dovrebbe risolvere la questione. Basterebbe la chiarezza». Esempio? «Avrebbero dovuto dire: "Portiamo davanti al Parlamento il fatto che sono stati compiuti atti giudiziari che configurano un caso di persecuzione". La società liberale aveva risolto questo problema. Il "fumus persecutionis" era la ragione per la quale non si dava l’autorizzazione a procedere. Ma lo chiamava col suo nome». Berlusconi ti piace? «E’ stato un innovatore. Ha svelato l’animo profondo di questo Paese, moderato e individualista. Ha messo in evidenza i difetti italiani e li ha chiamati virtù». Gioco della torre. Bobo o Stefania? «Li butterei giù tutti e due…». Perché? «Non danno un bello spettacolo». Cioè? «Fanno pensare che Craxi non fosse capace di insegnamento». De Michelis o Boselli? «Boselli è modesto. E’ la sottoburocrazia comunista dell’Emilia». Martelli o Intini? «Di Martelli uno si affeziona all’intelligenza. E alla capacità chirurgica di intervenire sui fatti. Intini è più schematico. E’ un vecchio funzionario bolscevico. Non butto nessuno dei due. E’ già avvenuta una strage di socialisti per mano altrui». Visco o Tremonti? D’Alema, quando gli dissero che Visco stava facendo una politica fiscale contro gli operai, disse: "Visco è sia contro gli operari che contro gli industriali. E’ contro tutti". A Visco manca la visione politica. Tremonti è aperto al nuovo. Se uno non sapesse, penserebbe che Tremonti è di sinistra e Visco è di destra…». Tremonti di sinistra? «Strutturalmente di sinistra. Ha la capacità di essere raffinatamente doppio». Mentana o Vespa? «Mentana ha una sua capacità creativa. Butto Vespa. Porta a porta potrebbe essere il Bignami della politica. Invece è Novella 2000». Mieli o Mauro? «Tutti e due hanno sulla coscienza il fatto di aver partecipato al falò dei socialisti. Ma butto Mauro perché è il più antisocialista». Repubblica o Corriere? «Il Corriere è antologico. Mantiene una linea di fondo di ispirazione realistica. Repubblica è fuori stagione. E’ l’unico grande giornale in Italia che riesce ad essere nostalgico apparendo innovativo. Nostalgico, peggio che conservatore. Nelle sue pagine non c’è una riga che non appartenga allo strapassato». Qual è il giornalista che proprio non sopporti? «Se ti dovessi dire quello che mi dà fastidio… però mi dispiace dirlo perché… insomma è Scalfari. Invecchia male. E’ diventato insopportabile. E’ di una faziosità antica. Dà un giudizio sui partiti politici secondo le esperienze di 40 anni fa. Secondo i suoi riconoscimenti o i torti o gli insuccessi che coltivò allora». Sarà mica innamorato ancora di De Mita… «Sicuramente no. Ma non ha mai detto una parola sull’errore di quell’innamoramento. Lui è ancora al punto che De Mita è bravo perché cercava di fregare Craxi». Perché Scalfari ce l’aveva con Craxi? «Perché era quello che voleva essere lui. Il segretario del Psi». Claudio Sabelli Fioretti