Stefano Lorenzetto, Il Giornale 8/12/2008, 8 dicembre 2008
Il Giornale, mercoledì 3 dicembre 2008 Per dirla con Musil, va di moda l’uomo senza qualità (che ne aveva tante, ma in apparenza nessuna)
Il Giornale, mercoledì 3 dicembre 2008 Per dirla con Musil, va di moda l’uomo senza qualità (che ne aveva tante, ma in apparenza nessuna). Per dirla chiara, va di moda il coglionazzo. Basta accendere la Tv. Un dileggio incessante. C’è Diego Abatantuono in pre Alzheimer che scambia la chiavetta di Alice Mobile per quella dell’auto, strappando un sospiro di compatimento alla moglie Elena Sofia Ricci. C’è Enzo De Caro con martello e salvadanaio, nello spot Tim Ricarica Famiglia, costretto ad accontentare i due figli che vogliono dar fondo ai risparmi per andare alla settimana bianca: «Allora che dite? Rompo?». I figli: «Sì, un pochino». Lui: «In che senso?». La consorte, ipocrita: «Nel senso che devi romperlo piano», e di nascosto regala una smorfia di complicità ai due ragazzi. Insomma, doppia coglionatura. C’è il bel tomo della campagna Pago Bancomat-Visa che invita al ristorante un’amica con figlioletto al seguito per poi accorgersi, quando il cameriere gli presenta il conto, che non ha nemmeno un euro nel portafoglio: l’avvenente commensale deve soccorrere il gaffeur sfoderando la propria carta di credito. Perfino quel minchione di George Clooney, che fino a ieri passava per il meglio fico del bigoncio, si lascia fregare sotto il naso dalla prima che passa la capsula di Nespresso con cui stava per prepararsi il caffè. E non crediate che sia così solo in televisione. Carla Signoris ha pubblicato un libro dal titolo Ho sposato un deficiente - non lo discuto, essendo l’autrice coniugata con Maurizio Crozza - che la Rizzoli ha pensato bene di elevare ad archetipo della condizione femminile con questo sottotitolo: Dietro ogni uomo c’è sempre una donna che alza gli occhi al cielo! Per non lasciare dubbi sull’universalità del concetto, la casa editrice sta reclamizzando il volume con le seguenti headline: «La nuova parola d’ordine di tutte le donne d’Italia» e «Un’esilarante anatomia del marito moderno». Riepilogando: i mariti, e più in generale gli uomini d’oggi, sono deficienti. Il che sarà pure vero, ma non dissipa un interrogativo: cosa accadrebbe se nella pubblicità a passare per smemorate, svampite, maldestre e cretine fossero le mogli? Immagino che Elvira Banotti, la femminista che a Napoli rovesciò per molto meno un cesto di ghiande sulla testa del regista Tinto Brass, irromperebbe in case di produzione e studi di doppiaggio con un paio di forbici per siepi. Invece il coglionazzo piace, diverte, non suscita scandalo. Si dà per acquisito che la sua sprovvedutezza anche nelle questioni minime, la sua sostanziale imbecillità, siano ormai entrate a far parte del corredo genetico, una specie di cromosoma Z - sta per zimbello - aggiunto all’X e all’Y che lo contraddistinguono sessualmente. L’uomo del nostro tempo, ma a questo punto sarebbe più giusto dire il padre, è (s’è) condannato al ruolo di figura evanescente. L’unico scopo che gli resta nella vita è quello del produttore di reddito, del percettore di stipendio. M’è capitato di chiedere a Maria Romana De Gasperi perché mai non nascessero più, in giro per l’Europa, statisti della tempra di suo padre. Mi ha risposto: «I leader usciti dalla seconda guerra mondiale si assomigliavano un po’ tutti. Erano cresciuti nella frugalità, nel sacrificio. Quando cadde il primo governo presieduto da Ivanoe Bonomi, lo stesso Bonomi e Stefano Siglienti, che era il ministro delle Finanze, rincasarono a piedi: essendo decaduti dalla carica, gli sembrava scorretto usare l’auto di servizio». Vedete in giro esempi simili? Qui non si tratta di rimpiangere il patriarcato, inteso come organizzazione familiare basata sull’ingiusta trasmissione dei diritti alla progenie maschile, bensì di prendere atto che la fine di quel modello sociale fondato sul carisma paterno sta producendo guasti incalcolabili. La perizia psichiatrica eseguita nel 1991, secolo scorso, su Pietro Maso fu predittiva: il padre non esisteva già più come principio d’autorità ma solo come oggetto, «un salvadanaio da cui il giovane poteva trarre tutto ciò che gli serviva», scrisse il professor Vittorino Andreoli. E per cosa sono fatti i salvadanai se non per essere rotti a martellate? Questo pover’uomo è stato marginalizzato persino nel processo biologico. Qualsiasi donna può concepire un figlio senza la partecipazione del maschio, e dunque al di fuori di un atto d’amore, semplicemente ricorrendo alla fecondazione assistita oppure ordinando il seme su Internet. E, quand’anche lo concepisca per vie naturali, può decidere di abortirlo senza che il padre abbia diritto di parola in questa tragica scelta. Così stabilisce la legge. Presto comunque saremo sollevati dall’imbarazzo dell’uomo pirlacchione: non ci saranno più il padre (scemo) e la madre (intelligente), ma famiglie con con due madri (intelligentissime) senza padri e famiglie con due padri (intelligentissimi) senza madri. Alle conferenze Onu del Cairo e di Pechino il sostantivo «sesso» è stato espunto a favore del più neutro «gender» («genere», in inglese), vedi alla voce «transgender», persona che adotta indifferentemente comportamenti maschili o femminili: oggi eterosessuale, domani omosessuale, dopodomani bisessuale. la nuova categoria sociale unificata, costruita a tavolino, che prescinde dalle distinzioni anatomiche. Bisognerebbe andare a rileggersi le profetiche pagine di Charles Péguy: «C’è un solo avventuriero al mondo, e ciò si vede soprattutto nel mondo moderno: è il padre di famiglia. Gli altri, i peggiori avventurieri, non sono nulla, non lo sono per niente al suo confronto. Tutto è sapientemente organizzato contro di lui. Fa pena, è esposto a tutto, ai quodlibet, alle ingiurie, al peggio di tutto: a una sorta di riprovazione, di malevolenza universale, di presa in giro, di tacita ingiuria». Qualche giorno fa, a 4 chilometri da casa mia, un giovane uomo, uno stimato professionista, ha ammazzato la moglie, i tre figlioletti e infine se stesso. Alcuni hanno ipotizzato che il suo matrimonio fosse in crisi, altri che temesse la rovina economica. Fallito come marito, come padre e anche come salvadanaio. Cinque colpi di pistola devono essergli sembrati un’onorevole via d’uscita. Stefano Lorenzetto LORENZETTO Stefano. 52 anni, veronese. Prima assunzione a L’Arena nel ”75. stato vicedirettore vicario di Vittorio Feltri al Giornale, collaboratore del Corriere della sera e autore di Internet café su Raitre. Scrive per Il Giornale, Panorama, Monsieur e Quattroruote. Sei libri: Fatti in casa, Dimenticati, Italiani per bene, Tipi italiani, Dizionario del buon senso e Vita morte miracoli. Ha vinto i premi Estense e Saint-Vincent di giornalismo. LORENZETTO Stefano. 52 anni, veronese. Assunto a L’Arena nel ”75. stato vicedirettore del Giornale e autore Rai. Scrive per Il Giornale, Panorama, Monsieur e Quattroruote. Sei libri: Fatti in casa, Dimenticati, Italiani per bene, Tipi italiani, Dizionario del buon senso e Vita morte miracoli. Ha vinto i premi Estense e Saint-Vincent di giornalismo.