Giuseppina Manin, 7/12/2008, 7 dicembre 2008
L’INDIGNAZIONE DI FILIANOTI
«Sono stato tradito dalla Scala, pugnalato alla schiena all’ultimo momento. Ieri sera mi è stato annunciato che non canterò alla "prima". Don Carlo non sarò più io. La Scala mi vuol dare malato. Ma io, Giuseppe Filianoti, sto benissimo, pronto a cimentarmi in un ruolo in cui mi sento sicuro». Furibondo e sdegnato, il tenore sfoga «a caldo» tutta la sua amarezza. A neanche 24 ore dal debutto, ha appena saputo di esser stato cancellato dalla locandina della «prima» lirica più attesa al mondo, quella della Scala. Stasera, a cimentarsi nel Don Carlo di Verdi, diretto da Daniele Gatti, scene e regia di Stéphane Braunschweig, ci sarà un altro: Stuart Neill, il tenore americano che avrebbe dovuto interpretarlo nel secondo cast.
Filianoti, che cosa è successo?
«Vorrei saperlo anch’io. Sono due mesi che stiamo provando a ritmi serratissimi. Per due mesi ho sempre cantato in voce e non ho ricevuto che complimenti: dal maestro Gatti, dal sovrintendente Lissner, dai colleghi. Insomma, tutto sembrava filar liscio. Poi, dopo la prova generale dell’altro ieri aperta agli studenti, Gatti comincia ad avanzare delle riserve. Come mai avevo reso meno, come mai ero deconcentrato, come mai avevo sbagliato un paio di passaggi...».
Ed era vero?
«E’ vero che Gatti ha deciso solo da pochi giorni di reinserire ala fine del terzo atto il Lachrymosa,
spostando di conseguenza la tonalità. Lì ho commesso un errore, lo ammetto, però non credo sufficiente per far decidere che non ero in grado di sostenere il ruolo. Inoltre, essendo una "generale", non mi ero impegnato al massimo vocalmente. La vera prima sarebbe stata solo due giorni dopo. Volevo risparmiarmi ».
Don Carlo è un ruolo molto difficile, lei però l’aveva già interpretato, anche di recente...
«A settembre all’Opera di Zurigo. E proprio lì sono venuti a sentirmi Daniele Gatti e il maestro Targetti ( il «vociologo» della Scala, ndr).
Entrambi entusiasti. "Sei il miglior Don Carlo, insieme faremo un’opera bellissima", mi dicevano. Naturalmente ero felice ed entusiasta. Per questo 7 dicembre ho cancellato una Lucrezia Borgia con Domingo a Washington, la Thais a Torino, un Pelleas et Melisande a Roma... Ma esser chiamato ad aprire la Scala è un onore che non si rifiuta. Mi era già successo nel 2003, quando il maestro Muti mi volle per il Moïse et le Pharaon. Altri tempi».
Li rimpiange?
«Sì. Alla Scala allora non avrebbero mai fatto un simile sgarbo a un artista. Muti i cantanti li ha sempre difesi fino all’ultimo. Da Daniele Gatti, con il quale avevo cantato a Bologna nel Don Sebastien e in Falstaff, non mi sarei mai aspettato un simile atteggiamento».
Arriviamo a ieri...
«Mi convocano in teatro, mi dicono che non vogliono mettermi in difficoltà verso il mondo, che mi vogliono tutelare. Diranno che sono "indisposto" e, per essere più credibili, che non posso cantare nè alla prima nè alla seconda. Le altre recite invece sì. Non mi protestano, mi chiedono solo di rinunciare al debutto. Per il mio bene, s’intende...».
E lei che cosa ha risposto?
«Che so benissimo tutelarmi da me. Non sono malato, non sono un pivello. I miei nervi reggono benissimo e anche la mia voce. Gatti ha trasferito su di me le sue paure e le sue angosce. Io non ho timori. Sono un calabrese tosto, ho 34 anni, contratti con il Metropolitan fino al 2013, Barenboim mi ha prenotato per le esecuzioni del Requiem di Verdi a Tel Aviv e a Berlino... E quanto al rischio dei fischi... Fanno parte del gioco della lirica. Li hanno beccati i più grandi senza fiatare. Persino Pavarotti, persino Callas. Ma evidentemente il problema non era mio. Stasera non sarò soltanto io a mancare dal cartellone: anche Matti Salminen, grande basso finlandese, sarà "malato". Un’epidemia. La realtà è che questa Scala pensa solo al successo, al business».
Forse nella decisione sono contate anche certe critiche negative anticipate. Contravvenendo all’embargo di non dar giudizi su una prova generale,
Le Monde ha parlato di apertura scaligera «sottotono» imputando la colpa prima alla voce di Filianoti, bollata di «emissione faticosa » e di stile «sciatto».
Ma come hanno reagito in teatro alla notizia?
«Alla Scala mi conoscono da quando avevo 20 anni. Ho cantato tante volte, Falstaff, Armide, Nina pazza per amore... Conosco tutti. E tutti sono rimasti a bocca aperta. "Non è possibile che facciano questo a Filianoti...", era la frase che girava ieri».
E il regista Braunschweig, che cosa ha detto?
«Mi ha abbracciato. "Non riesco a capire, sono disperato", mi ha sussurrato. Mi sono trovato benissimo con lui, una persona di grande sensibilità, con cui si può discutere di tutto. Anche lui adesso è nei guai. Una regia è pensata e modellata sui cantanti. Non tocca a me parlare delle qualità vocali, ma di certo non si può negare che fisicamente chi mi sostituirà sia ben lontano da me. Stuart Neill, con la sua stazza imponente, non ha certo le phisique du role di Don Carlo».
Un ruolo davvero tormentato: prima di lei, avrebbe dovuto interpretarlo Marcelo Alvarez, ma anche lui finì con litigare con la Scala
«Ormai siamo in tanti ad averlo fatto. Alvarez, Alagna, io. Se i tenori più richiesti stanno prendendo il largo dalla Scala qualche ragione ci sarà. Di certo, finché continuerà questo modo di fare, in quel teatro io non metterò più piede ».
Neanche stasera?
«Ah stasera sì. Non mi hanno protestato, non sono malato, quindi mi presenterò in teatro. Naturalmente non mi faranno cantare. Ma io sarò lì. Anche se sarà il mio addio».
Giuseppina Manin