Alberto Flores d’Arcais, la Repubblica 6/12/2008, 6 dicembre 2008
new york - Quindici anni di carcere, minimo. Questa la condanna inflitta dal giudice di Las Vegas a Orenthal James Simpson, per tutti O
new york - Quindici anni di carcere, minimo. Questa la condanna inflitta dal giudice di Las Vegas a Orenthal James Simpson, per tutti O. J., ex campione di football, ex attore e protagonista (assolto) tredici anni fa di quello che venne definito il processo del secolo. Due mesi dopo la fine del processo e la condanna della giuria - che il 3 ottobre scorso lo ha ritenuto colpevole - la giudice Jackie Glass ieri mattina ha quantificato la pena dopo aver rifiutato all´imputato la libertà su cauzione e dopo aver letto (con la voce un po´ emozionata) una dichiarazione in cui chiariva di non essere stata minimamente influenzata dalle vicende passate: «Questa sentenza non è una riparazione per altre, non c´è alcuna volontà di vendetta, in questo caso le prove sono schiaccianti». Sulla durata esatta della pena c´è ancora un po´ di confusione. La giudice ha elencato uno dopo l´altro i dodici capi di imputazione (i più gravi, rapina a mano armata e sequestro di persona) leggendo per ognuno il minimo e il massimo previsto dalla legge americana, tanto che i media americani hanno dato cifre un po´ diverse: «almeno 15 anni» per la Cnn, «almeno 9 anni» per il New York Times, «16 anni» per il Los Angeles Times, «21 anni di carcere», per il Daily News. Quel che è certo è che O. J. Simpson passerà molti anni in carcere e solo fra nove anni potrà presentare (con scarse possibilità di successo) una domanda di libertà vigilata. Si chiude così, tredici anni dopo il primo atto, la lunga vicenda giudiziaria di un uomo che ha diviso l´America e che ha modellato la recente storia giudiziaria degli Stati Uniti, spettacolarizzando i processi e trasformando avvocati di grido in star televisive. Tredici anni fa era stato assolto da una giuria a maggioranza nera (otto su dodici) dall´accusa di aver ucciso la moglie Nicole Brown e l´amico di lei, Ron Goldman; grazie ai pasticci della polizia di Los Angeles, all´abilità del suo avvocato Alan Dershovitz e a una campagna dell´opinione pubblica in cui quasi metà dell´America si era schierata al suo fianco accusando di metodi e sentimenti razzisti la procura di Los Angeles. Due mesi fa è stato condannato da una giuria di soli bianchi, e questa volta l´America ha applaudito la sentenza, con la maggioranza convinta (con buona pace del giudice Glass) che l´assoluzione del 1995 fosse in questo modo vendicata. Fino a quel giorno la vita sembrava aver dato tutto ad O. J Simpson, detto «The Juice» per via di quelle due lettere, O. J., usate comunemente per indicare il succo d´arancia. Era sfuggito alla dura vita del ghetto grazie alle sue eccezionali doti sportive, che lo avevano portato a diventare una star del football professionistico americano. Terminata la carriera agonistica era diventato commentatore sportivo per la tv, poi attore di cinema («Cassandra Crossing», «Capricorn One», «L´Inferno di cristallo», «Una pallottola spuntata») e di serial televisivi. Insieme a Nicole, la seconda moglie, bianca e bellissima, aveva formato una coppia invidiata e alla moda, fino al divorzio del 1992. Quando Nicole e Ron vennero trovati in un lago di sangue O. J. finì subito nel mirino della polizia come il maggiore indiziato. Invece di costituirsi, come da un primo accordo tra polizia e avvocati, si diede alla fuga con l´auto di un amico, in un drammatico inseguimento sulle strade californiane seguito in diretta tv da milioni di spettatori (grazie alle telecamere di un elicottero della Cbs) e lungo le strade da migliaia di fans divisi tra chi lo invitava a costituirsi e chi gli urlava di continuare la fuga. Il 25 gennaio 1995 il processo del secolo ebbe inizio, diffuso in diretta tv in tutta l´America. O. J. continuò a dichiararsi innocente e alla fine ottenne l´assoluzione. Assoluzione penale che tuttavia non gli evitò la condanna in sede civile, dove venne ritenuto responsabile del duplice omicidio e costretto a versare (ma ancora non ha saldato) ai familiari delle vittime 33,5 milioni di dollari. Nel 2006 scrisse l´autobiografia «If I Did It» («Se l´avessi fatto»), che venne considerata una sorta di confessione ritardata. Era stato il suo ultimo momento di celebrità. Dopo poco più di un anno, accompagnato da cinque persone armate, l´ex campione di football fece irruzione in un albergo-casinó di Las Vegas costringendo due rivenditori di trofei sportivi a consegnargli oggetti per migliaia di dollari. «Erano miei, mi erano stati rubati e volevo solo riprendermeli», si era giustificato allora. «Ho fatto una stupidaggine», ha detto ieri prima della condanna.