Marco Belpolitii, la Repubblica 6/12/2008, 6 dicembre 2008
ROMA - Nell´ora del dolore per la morte del Patriarca, che ha letteralmente ricostruito la sua Chiesa dopo i decenni del totalitarismo sovietico, si apre per l´Ortodossia russa il varco verso la prima leadership post-sovietica
ROMA - Nell´ora del dolore per la morte del Patriarca, che ha letteralmente ricostruito la sua Chiesa dopo i decenni del totalitarismo sovietico, si apre per l´Ortodossia russa il varco verso la prima leadership post-sovietica. Con il peso di un passato, subìto e sopportato con tenacia, Alessio II aveva guidato i primi passi della Chiesa ortodossa nel clima di disgelo della perestrojka. Momenti indimenticabili per i credenti moscoviti e di tutte le Russie. Le prime processioni attraverso le vie di Mosca. Il suono delle campane tornato a riecheggiare negli spazi immensi da cui era bandito. La cattedrale del Cremlino strappata al suo sonno museale e vibrante nuovamente di canti, preghiere e profumi di incenso. Le chiese, già ridotte a fabbriche e magazzini, riportate alla vita liturgica. Alessio II aveva trovato una Chiesa debole e lascia un´istituzione a suo modo potente, interprete anche del rinato orgoglio nazionalistico russo. Ora la transizione è finita. Nei prossimi mesi l´Ortodossia russa si concentrerà sul profilo da imprimere al futuro. Scegliere il nuovo Patriarca significa anzitutto affrontare una scelta di fondo, che ciclicamente si ripresenta alla società russa. Slavofili o occidentalisti? Imboccherà l´Ortodossia la strada di una riproposizione rancorosa del ruolo di Terza Roma, baluardo di fede integra a fronte di una globalizzazione vista come frutto corrotto occidentale, oppure si aprirà maggiormente all´Occidente e finalmente all´incontro con la Chiesa di Roma? Nel grande corpo del Patriarcato esiste un ampio ventaglio di tendenze. Alessio II era già pronto anni fa ad incontrare il Papa romano, ma dovette piegarsi al veto della maggioranza del Sinodo, l´organo ecclesiale supremo. Il metropolita Kirill di Smolensk, eminenza fra le più quotate per la successione e attuale «ministro degli Esteri» del Patriarcato, è conosciuto come persona di notevoli doti intellettuali e sufficientemente abile sia per garantire la difesa identitaria dell´ortodossia russa sia per sviluppare i contatti con l´Occidente e la Chiesa cattolica, che conosce benissimo per i suoi ripetuti viaggi internazionali. Nel settembre scorso ha presentato a Mosca il libro del cardinale Bertone su L´etica del bene comune nel pensiero sociale della Chiesa, scrivendone la prefazione all´edizione russa. E qualche anno fa (ancora regnante papa Wojtyla) ci aveva addirittura dichiarato in un colloquio la disponibilità a riesaminare le condizioni di una rifondazione dei rapporti tra le Chiese cristiane nel segno dell´ecumenismo. «Torniamo al modello della Chiesa antica del primo millennio», ci aveva detto. Naturalmente sono pronti a farsi avanti altri candidati. Il metropolita Kliment, tesoriere del patriarcato. L´anziano e rispettato metropolita Filarete di Minsk. Outsider come Teofane di Stavropol. E altri aspettano di manifestarsi, magari sospinti dal potente confessore di Putin, l´archimandrita Tychon, autore di un teledocumentario dal titolo evocativo «La caduta di un impero. Una lezione bizantina». Fiction subliminale, che mostra la fine di Costantinopoli ad opera della perfidia «latina». La vera novità, però, consiste nel fatto che per la prima volta giocheranno un ruolo nell´elezione del nuovo Patriarca i rappresentanti delle Chiese ortodosse russe della diaspora occidentale, che si erano separate durante l´epoca sovietica e poi hanno accettato la riunificazione. Così entrerà nelle riflessioni del futuro «conclave» di Mosca il vissuto di comunità radicate da decenni nell´Occidente. Non va dimenticato, nello scenario inedito che si apre, il peso degli orientamenti di Vladimir Putin, che ha sempre considerato l´Ortodossia da un lato come elemento profondo dell´anima popolare, essenziale per il rilancio della fierezza e della coesione nazionale, ma anche delicato instrumentum regni per il rafforzamento della sua leadership. E non sembra essere negli interessi del Cremlino avere un Patriarca che volge le spalle al mondo. Dunque all´ombra delle venerabili icone si apre una partita che riguarda sia l´Est che l´Ovest. Sia la politica che la religione. Riguarda il Vaticano ma anche Costantinopoli, sede del Patriarcato ecumenico simbolo dell´unità di tutte le comunità ortodosse. Appena poche settimane fa Alessio II aveva acconsentito ad un documento collettivo per rimettere in moto la macchina di preparazione del Concilio pan-ortodosso. La firma, materialmente, l´aveva messa il metropolita Kirill.