Daria Galateria, La Stampa/Tuttolibri 6/12/2008, 6 dicembre 2008
Le grandi rivoluzioni difettano di passato, e vanno cercandoselo dove possono, il più lontano possibile; la Rivoluzione Francese adottò l’antichità greca e romana
Le grandi rivoluzioni difettano di passato, e vanno cercandoselo dove possono, il più lontano possibile; la Rivoluzione Francese adottò l’antichità greca e romana. L’acconciatura alla greca, gli abiti chiari ripresi sotto il seno e i coturni erano stati ideati da David, il pittore giacobino; e meditativi parrucchieri erano stati visti in fondo al suo atelier, dentro al Louvre, studiare nei suoi quadri le capigliature delle sorelle di Bruto, da riprodurre sulle clienti. Erano di moda le parrucche bionde; il governo le proibì, sospettando che il gusto per quelle seriche ciocche sbiadite - probabilmente prese ai ghigliottinati - nutrisse nostalgici sentimenti antirivoluzionari. I parrucchieri comunque non scomparvero mai interamente. Non erano più i tempi del divino Léonard, che nel 1780 era responsabile, con le sue immense parrucche trascendenti, cariche di ritratti, nodi, fregate, fiori, stelle e perle, di più di un terzo dell’altezza di una donna. / I colleghi intanto, al Palais Royal, praticavano i segreti del mestiere sulle signore, e, caduto Robespierre, furono i primi a ricomparire a Termidoro. Un viaggiatore inglese, Redhead Yorke, era appena rientrato a Parigi, ancora stordito della scomparsa di tanti amici, che la moglie stava già nelle mani del parrucchiere. Alla fine sembrava appena uscita da un bagno, e infatti si trattava dell’acconciatura all’annegata. La suprema eleganza, in quel primo, divertentissimo inverno, consisteva nell’esser stati rovinati, perseguitati, in prigione, scampati per un soffio; le donne si incipriavano di un bianco cadaverico, e portavano al collo un nastrino rosso; due ciocche lunghe di capelli a orecchio di cane e corti sul retro ricordavano la toilette del ghigliottinato. Tornarono le paillettes, un tempo proscritte, e il fasto; la moda, col Direttorio, era imposta dalle amanti dei concussori. Una sera un gentiluomo fissava il corpetto di diamanti che palpitavano sul seno di madame Tallien, l’amica di Barras il giustiziere di Robespierre; la signora chiese con civetteria spiegazioni, e l’osservatore rispose: «Ammiro i gioielli della corona». La leggerezza dominava i tessuti trasparenti, la mussola, il lino, sempre bianchi, o al massimo di un delicato giunchiglia; le calze erano di seta rosa o di un tenero color cipria, all’occorrenza cinte, dalla coscia alla caviglia, da bracciali di diamanti che illuminavano serpentini il passo; il seno era appena velato, e magnificato dalla cintura alta; le dita dei piedi inanellate si libravano su cagionevoli cuturni a suola piatta. Quelle «nudità velate» erano micidiali, sosteneva il dottor Desessarts, che aveva visto la consunzione di più signore in un inverno che negli ultimi quarant’anni; gli scialli di cachemere si portavano perciò aperti, e non più a triangolo. / Per non appesantire la linea, si sciancravano gli abiti lungo i fianchi, e comunque le tasche erano scomparse, sostituite da una borsa a mano, così piccola che la chiamarono ridicule; il ventaglio lo si infilava alla cintura. Asprì e mezzelune di brillanti scintillavano sui capelli corti delle signore, che avevano rubato all’attore Talma, e ai suoi studi sulla statuaria romana, l’idea del cortissimo taglio alla Tito; di giorno si adottavano perciò le parrucche cache-folie, copripazzia; erano ancora prevalentemente bionde - la bruna Tallien ne aveva trenta, a venticinque luigi l’una; ma se ne vendevano di rosse, di nere, di blu. La rivista Les Modes ou les soirées d’été consigliava nel 1797, a chi aveva ancora un po’ di capigliatura, di dare volume ai riccioli esponendoli per un’ora ai vapori di una pentola in ebollizione. Le riviste Moniteur de la mode e Journal des demoiselles - con i loro deliziosi figurini acquarellati, raccolti dagli editori Charpentier et Fasquelle nel 1896, e qui riprodotti - fanno il punto, dal decennio prerivoluzionario della dolcezza del vivere fino alle soglie del Novecento, sulla storia del gusto dell’Ottocento; ne è nato questo incantevole ritratto del secolo delle rivoluzioni e dell’assestamento borghese. Stampa Articolo