Bruno Ventavoli, La Stampa 6/12/2008, 6 dicembre 2008
I capi glielo dicono sempre di non tenere la pistola nella borsetta. Ma lei, cocciuta, se ne infischia
I capi glielo dicono sempre di non tenere la pistola nella borsetta. Ma lei, cocciuta, se ne infischia. E mentre è nella toilette di un centro commerciale, con i pantaloni mezzi sbottonati, una piccola ladra le ruba sotto il naso la Glock d’ordinanza. Inizia così, con il massimo del ridicolo per uno sbirro, Nido vuoto, l’ultimo giallo con protagonista Petra Delicado, ispettore della polizia di Barcellona, pubblicato come sempre da Sellerio. L’autrice è Alicia Giménez-Bartlett, 57 anni, spagnola, uno dei grandi talenti del nuovo poliziesco europeo, ospite del Noir in Festival di Courmayeur. Ha scritto una ventina di libri, (il prossimo sta per uscire in Spagna), si documenta con i poliziotti veri per scrivere una «novela negra», conosce Bellow e Cervantes, Ammaniti e Hegel. Sa raccontare il pulp e i killer seriali, ma anche osservare la Spagna che cambia, e addolcire l’intrigo con i pensieri della poliziotta che cambia case e mariti, pensa a gerani e reggiseni, sa fare la dura ma anche la spesa. Il Festival le consegna il «Premio Chandler», scrittore simbolo del poliziesco. Si sente sua nipotina? «L’ho letto, lo stimo, è un maestro, ma appartiene ormai a una letteratura del passato. Oggi il giallo europeo è un genere adulto, molto forte. Noi preferiamo raccontare la realtà sociale, i problemi, le paure della gente». La protagonista beffata da una ladruncola mentre fa la pipì… Un giallista maschio l’avrebbe mai scritto? «Non credo, perché è una situazione molto antieroica, ma le donne hanno meno pudore». Il giallo non ha più bisogno di eroi? «Ha bisogno di personaggi con il senso della misura e di scrittori che sappiano sorridere. Il detective duro, tutto cazzotti, solitudine e whisky, forse non è più credibile». Meglio una poliziotta che s’accorge che qualcuno ci sta provando? «Petra è una donna vera, indipendente, ironica, dolce. E soprattutto non è perfetta. Commette un sacco di errori, ha bisogno della collaborazione altrui. Mi piacciono le storie verosimili, non gli effetti speciali». Lei e Petra Delicado dopo dieci anni, cominciate a somigliarvi? «Abbiamo lo stesso senso dell’umorismo, lei anche ha un carattere burrascoso, s’arrabbia facilmente, io sono più tranquilla, al massimo mi sfogo nella fiction attraverso di lei». Petra è arrivata al terzo marito… «Io ne ho avuti due, per il terzo ho bisogno di ancora un po’ di tempo». Come riesce a essere madre, moglie, e scrittrice? «Scrivere per me è naturale, l’ho fatto per tutta la vita. I miei due figli ormai sono uomini adulti, e non ho più problemi. Ma ricordo che quando erano piccoli, scrivevo lo stesso, in mezzo al rumore, con i bambini che mi saltavano intorno. Forse un uomo faticherebbe, ma per le donne è normale. Mi sono sposata a 19 anni, a 21 avevo due figli, ho fatto l’insegnante, perché non volevo pesare su mio marito, un medico, che tra l’altro aveva un ottimo reddito. Ma io provengo dal ”68, volevamo costruirci una vita autonoma, non chiuderci nella torre d’avorio ad aspettare l’ispirazione». Ha partecipato al 68? «Sì, per quanto fosse possibile in Spagna. C’era ancora il franchismo, non potevamo certo fare la rivoluzione. Studiavo all’università, era il momento delle nuove idee, della reazione al passato, dei nuovi costumi sessuali e morali. Appartengo alla prima generazione di donne emancipata. Petra ha queste caratteristiche, conosce la tradizione ma ha visto il cambiamento e se ne sente protagonista». Lei è cambiata con il suo personaggio? « più giovane di me, anche se nel corso degli anni è invecchiata. Anch’io lo sono. Ma mi sento meglio di prima. Penso sia una conquista del femminismo, per noi donne, oggi, i 50 anni sono un momento meraviglioso, di forza e creatività. La vita è tutt’altro che finita». Petra Delicado è bella? «Non lo so, non la descrivo quasi mai fisicamente. Non so farlo, ho una fantasia poco visiva. Credo che non sia male, in fondo ha molte avventure. Certe volte trascura l’aspetto, si lascia assorbire dal lavoro, ma se si guarda allo specchio e si vede brutta riesce a trasformarsi. lei che decide quando essere bella e quando no. questo l’importante». Dove prende l’ispirazione per le sue storie? «Mi interessano i crimini che si ripetono e cominciano a diventare un problema collettivo. Non il caso isolato, la follia, ma le ferite vere della società. Lo sfruttamento degli immigrati, la violenza sui minori, la tratta del sesso». I suoi mariti leggono i suoi romanzi? «Sì. Pare si divertano anche. Carlo, il mio marito attuale, critica i miei personaggi maschili. Sostiene che sono o troppo fessi o troppo insensibili. Insomma, poco reali». Perché non si fa dare una mano da lui? «Perché non mi piace mostrare ciò che scrivo. Ho dei colleghi che si innamorano della loro prosa, convocano le mogli e declamano le loro frasi gonfi d’orgoglio "ascolta com’è bello!"… penso che scrivere sia un lavoro come un altro. Non riesco a prendermi sul serio».