Giovanna Grassi, Corriere della Sera 6/12/2008, 6 dicembre 2008
LOS ANGELES
Ovunque, nelle strade, sulle facciate dei grattacieli coperte da enormi poster, sui muri, nelle pubblicità dei saldi, sulle t-shirt, si legge in questo periodo, scritta a caratteri cubitali, una sola parola a Hollywood: «yes». Non è una affermazione politica relativa a qualche referendum, ma è il titolo di un film,
Yes Man, che a Natale porterà allegria alle platee del mondo tra tanti titoli che parlano perlopiù di morte e proporranno persino Will Smith in un film drammatico del nostro Muccino.
«Perché dire sì – dichiara Jim Carrey, impareggiabile protagonista della commedia diretta da Peyton Reed – è molto più importante che dire no. Se scegli il no, ti neghi esperienze e dialoghi e accumuli rimpianti. Se dici sì ti apri alla vita». Il suo depresso Carl Allen, lasciato dalla moglie, diceva sempre no, viveva cupamente in un residence, nel suo lavoro di bancario negava prestiti a tutti, rifiutava di uscire con gli amici, si negava alle avances della molto matura vicina finché....
Racconta l’attore brillante più amato in Usa dai bambini e dagli adulti: «Finché... un amico non gli dice di andare a un seminario di uno dei tanti individui che in Usa scrivono libri su una migliore "sopravvivenza dell’esistenza». Carl va ad ascoltare il trascinante guru che viaggia in limousine (Terence Stamp) e impara a dire sì. Perché la regola dell’uomo è semplice. Dite sì e scoprire orizzonti inaspettati e la fortuna vi aiuterà e chi non vi amava imparerà a farlo. La vita di Carl cambia. Trova una ragazza andando ad ascoltare una curiosa band di giovani musicisti, con lei fa finalmente vacanze inaspettate rispondendo sì ai diecimila annunci che invadono le cassette della posta Usa, i più pazzi inventori ottengono prestiti dalla Banca e le fortunate coincidenze dei mutui concessi gli portano persino una promozione... Scusi, Carrey, lei in passato ha anche sofferto di depressione: dopo questo film, lei dice più sì e meno no? Risponde l’attore, che ha anche scritto un libro sulla battaglia contro la malinconia: «L’unico no che ho scritto a caratteri cubitali era in realtà per esprimere il mio sì al matrimonio tra i gay (nel referendum in California) per il resto vi posso assicurare che la filosofia del sì funziona. Un esempio? Quello di riscossa globale degli americani, il sì alla proposta di un Presidente afro-americano».
Nel copione ambientato interamente a Los Angeles («Perché questa è una città fantastica», dichiara Carrey, canadese, diventato con cittadinanza Usa losangelino sfegatato), Carl inizia a studiare coreano, accetta un corso scontato di lezioni di volo, visita quartieri tabù, alla domenica va a portare da mangiare ai poveri e finalmente mangia le torte di mele della vicina di stanza e «si concede » malgrado lei abbia quasi il doppio della sua età.
Yes man ha tramutato il titolo in un vero slogan. «Certo che andrò in Italia a sostenere la filosofia del sì – dichiara Jim – perché leggendo i giornali, mi pare che il vostro Paese si sia spento. Dirò: "Andate a vedere i vostri tesori d’arte, a mangiare nei vostri inimitabili ristoranti, sopportate i politici che non vi piacciono pensando alle vostre risorse capaci di sconfiggerli...».
Il suo attore comico preferito? «Marlon Brando perché dissacrava con perizia il mestiere d’attore e sopportava i dolori della sua vita di padre e uomo con energia. Dopo di lui, Buster Keaton perché, come me, amava in egual modo il dramma e la commedia». Cosa pensa dell’Academy che difficilmente ammette nelle cinquine delle nomination film brillanti? «Un giorno diranno anche loro di sì. Il mondo, dopo questo periodo buio, va di nuovo verso la speranza del sorriso anche perché imparare a dire sì insegna, quando è necessario, a dire no».
Giovanna Grassi