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 2008  dicembre 06 Sabato calendario

Il decreto anticrisi del governo affida alle prefetture il monitoraggio degli impieghi delle banche, per consentire al ministro dell’Economia di riferire al Parlamento

Il decreto anticrisi del governo affida alle prefetture il monitoraggio degli impieghi delle banche, per consentire al ministro dell’Economia di riferire al Parlamento. Attribuire a burocrazie di radice napoleonica un compito già svolto egregiamente dalla Banca d’Italia segnala la persistente tensione nei rapporti tra il ministro Giulio Tremonti e la banca centrale. Ma il disagio istituzionale emerge - ed è quel che conta - anche nelle due misure prese con il decreto. Che sono la disponibilità del Tesoro a sottoscrivere speciali obbligazioni emesse dalle banche, e convertibili o rimborsabili a loro scelta così da poter essere inserite nel patrimonio di vigilanza, e la facoltà per le imprese, e dunque pure per le banche, di ammortizzare in nove anni gli avviamenti, previo pagamento di un’imposta sostitutiva del 16%. Del primo strumento si è detto molto. Il Sole 24 Ore ne stima l’impatto in 12 miliardi. Le banche avranno tuttavia interesse a farvi ricorso se il tasso buono per il Tesoro sia inferiore al costo del capitale azionario, oggi al 12%. Ma se queste obbligazioni pagassero, poniamo, il 9%, perché mai le fondazioni e gli altri investitori non dovrebbero farne incetta? Del secondo strumento, si è detto molto meno. Ammortizzando gli avviamenti, le banche avranno un risparmio fiscale diluito nel tempo che però può figurare subito e per intero nello stato patrimoniale come imposte differite attive. E queste, secondo le banche, potrebbero essere conteggiate nel patrimonio di vigilanza. Ma i risultati futuri sono incerti per definizione e gli avviamenti tutti da verificare dopo quanto è successo. Mentre la Banca d’Italia e l’Assirevi, l’associazione dei revisori, ci pensano, si può fare un conteggio. I primi 5 gruppi bancari hanno avviamenti per oltre 50 miliardi, a dati 2007. La metà può rientrare nel decreto. Ebbene, l’imposta sostituiva darebbe una commissione upfront di 4 miliardi a un Tesoro che, invertendo la Robin Tax, rinuncerebbe ad altri 4 miliardi, che le banche potrebbero utilizzare come «aumento di capitale». Il maggior vantaggio, un miliardo, sarebbe del Monte dei Paschi di Siena. Ora, l’obiettivo del governo è il rafforzamento patrimoniale del sistema bancario. In generale, tutti sono d’accordo. Nel concreto, meno. Si dice: bisogna alzare il core Tier 1, che è il rapporto tra il patrimonio di vigilanza di base di una banca e la somma dei suoi attivi ponderata per i rischi. Ebbene, secondo la Banca d’Italia, il core Tier 1 medio del sistema è 7,6. Le banche di credito cooperativo ne hanno il doppio, le maggiori sono a 6,5. La circostanza può suggerire qualche riflessione sulla cooperazione che, pur passatista ma legata ai luoghi e alle persone, si è mostrata più seria della tecnofinanza, e sul consenso acritico alle grandi fusioni bancarie, la cui saggezza andrebbe verificata anche alla luce della concentrazione del rischio che determinano nei tempi di crisi. Fatte le riflessioni, ci si chiede fin dove sarà alzata l’asticella. Si dovrebbe passare da 6 a 8, dicono i più. No, a 10, incalzano i rigoristi. Ma sono solo chiacchiere fino a quando non parla il governatore. E non è detto che Draghi parli, e parli in questo modo. In effetti, il core Tier 1 non può essere elevato a nuovo feticcio. Esso è un parametro non eludibile ma da considerare in relazione alla qualità degli attivi e all’effettivo grado di indebitamento della banca. Intesa Sanpaolo, per esempio, può avere un core Tier 1 inferiore a Citigroup, ma ha solo qualche centinaio di milioni di titoli illiquidi e per ogni euro di capitale ne ha 10 di attivi. Il colosso americano, invece, ha titoli tossici per decine di miliardi e una leva finanziaria di 20. E i risultati si vedono. Le fondazioni bancarie, guidate da quel Giuseppe Guzzetti a suo tempo bollato come statalista, invitano il governo a risparmiarsi gli aiuti, Citigroup, tempio del liberismo, ha evitato il fallimento grazie ai miliardi del Tesoro e alle garanzie illimitate della Federal Reserve. Gli indicatori patrimoniali, d’altra parte, vanno letti in modo dinamico. Alcune banche europee hanno oggi patrimoni eccellenti grazie ai soldi degli Stati. Le rivedremo tra 6-12 mesi quando avranno svalutato quello che ancora devono svalutare. E allora rifaremo il paragone con le banche italiane sulla cui qualità la Banca d’Italia scommette. Certo, se pensiamo che la Vigilanza sbagli… Ma allora bisogna dirlo conti alla mano. Più in alto verrà fissata l’asticella e più sarà necessario l’aiuto pubblico. Se, per esempio, il nuovo core Tier 1 minimo fosse 8 al termine del 2009, l’impegno per i grandi gruppi bancari sarebbe mediamente contenuto, e alcuni, per esempio Ubi Banca, potrebbero arrivarci senza operazioni straordinarie. Se fosse 10, tutti dovrebbero bussare alla porta di Tremonti e sottoscrivere un protocollo d’intenti su quantità e condizioni del credito a imprese e famiglie e sulla politica dei dividendi. Ma se l’asticella fosse posta a 10, servirebbero 30-35 miliardi solo per i gruppi maggiori. E dove mai li troverebbe il Tesoro?