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 2008  dicembre 06 Sabato calendario

DAL NOSTRO INVIATO

MIAMI – La signorina del design internazionale vive e lavora a Miami, ma è un’italiana con pedigree da cittadina del mondo.
Cresciuta a Rodi in un paesino molto simile a quello dell’isoletta annegata nel blu di «Mamma mia», Ambra Medda è stata poi trascinata per l’Europa da una mamma sarda eccentrica e avventurosa, molto simile alla protagonista del film di Meryl Streep. Prima a Londra poi a Milano, dove Ambra ha fatto il liceo dalle Marcelline, ma appena ha incontrato l’università ha capito che doveva cambiare aria, è andata a New York per lavorare nel mondo del-l’arte: anche lì l’ambiente le andava stretto, «troppo nevrotico» e presto ha fatto rotta su Miami, «città che stava cambiando. più facile essere creativi in una città che cresce con te». Lì ha incontrato Craig Robins, quarantenne immobiliarista del luogo con il pallino della cultura, che aveva appena ridato vita a una serie di isolati in una zona fatiscente della città e insieme, da neo coppia solidale, hanno installato a latere della fortunata edizione locale del-l’Art Basel un altro appuntamento dedicato al design che in quattro anni è diventato luogo di tendenza e di incontro per il nuovo pubblico affluente, a cui Ambra fa il solletico in testa con una narrazione del mondo da nuova frontiera culturale, basata su un accorto mix di business, creatività, ecologia, tecnologia, stile.
D’altra parte lei stessa, una testa ben organizzata su un corpo alla Audrey Hepburn, ha un talento sicuro per il gusto che esercita prima di tutto su di sé - abbinando griffe contemporanee con sapienti abiti vintage - e intorno a sé, chiamando a esibirsi nel suo distretto le migliori menti del designer globale, una corte su cui domina con fermezza e spontaneità.
Tutto questo in 27 anni di esistenza, una provocazione, quasi uno scandalo per tutti i trentenni italiani che arrancano dietro alla vita e che perlopiù «pensano a dove andare a prendere l’aperitivo e poi si annoiano anche». Almeno così li percepisce Ambra quando torna a Milano. Lei invece arranca nella laguna di Miami insieme al suo blackberry («ma niente Facebook, sono già iperconnessa») e attira folle scelte dal mondo (Dasha Zhukova, compagna del russo Abramovich e aspirante socialite culturale, cerca qui ispirazione per la sua galleria moscovita) che si ritrovano in feste informali nelle varie case di Craig, seduti su leggerissime sedie Giò Ponti o sul fondo della piscina svuotata e trasformata in lounge.
Un lavoro di qualità e di frontiera quello della fanciulla dagli occhi di cerbiatta che quest’anno ha convinto il team di Fendi a sponsorizzare un evento nell’evento, i Design Talks, dove le star della creatività vengono intervistate da Marcus Fair, giovane eroe di «deezen. com», sito imperdibile per i cultori del genere. «Le crisi si vincono con la fantasia ed è proprio in questi momenti che bisogna riflettere e guardare al futuro. E dopo Obama c’è speranza per tutti» spiega così il senso strategico dell’operazione del gruppo Silvia Venturini Fendi, direttore creativo accessori e uomo, unica della famiglia rimasta in azienda, è stata lei a fare da incubatore alla mitica baguette. E aggiunge che con ciò inizia un rapporto, che potrebbe anche crescere fino ad arrivare a una vera e propria Fondazione. D’altra parte sulla strada del matrimonio cultura-moda Fendi aveva fatto da pioniere sin dal 1987 quando ottenne la Galleria di Arte moderna a Roma per una mostra sulla pelliccia, tutta giocata fra artigianalità e arte, fatto talmente inconsueto ai tempi da provocare una interrogazione parlamentare; poi ha continuato con il cinema, la musica e ora il design. «Qui la sfida sulla creatività si gioca su un terreno diverso dalla polarizzazione giovani/ vecchi: si lavora sul passato con la voglia guardare avanti» continua Silvia Fendi. E pensa alle opere dei fratelli Campana, alle sedie in pietra di Max Lamb, o a quelle «medievali», in ferro, di Tom Dixon: «Pezzi senza tempo pensati per restare nel tempo. Abbiamo consumato tanto, ora abbiamo bisogno di solidità».
Ed è su questo terreno della freschezza di sguardo, dello scarto di angolazione con cui si guarda al futuro che, aldilà delle generazioni, è nato il sodalizio fra Silvia e Ambra. Per entrambe «la semplicità è oggi la nuova eccentricità ». La prima nel week-end si trasforma, corre a lavorare e cucinare nell’agriturismo, la sua campagna in città, a dieci minuti da casa, nel parco Veio, nord di Roma. La seconda vive una nuova svolta. Neo single (anche se alle viste c’è un baby fidanzato, Graham, lungo ed esile dandy informatico newyorchese) ha appena comprato una piccola casa a Brooklyn, senza piscina. Tanto per lei «una vasca basta e avanza».
Maria Luisa Agnese