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 2008  dicembre 06 Sabato calendario

ROMA – Al ministero dell’Economia e a Palazzo Chigi lo hanno declassato a «semplice equivoco»

ROMA – Al ministero dell’Economia e a Palazzo Chigi lo hanno declassato a «semplice equivoco». E anche in Vaticano, a fine giornata, dopo un chiarimento con il governo, il caso veniva considerato sostanzialmente chiuso. Anche se i 120 milioni di euro alle scuole private per il 2009, ripristinati solo ieri dall’esecutivo, hanno fatto vivere una giornata di fibrillazioni al governo e alla maggioranza. Del resto, l’attacco sferrato di prima mattina dalla Conferenza Episcopale Italiana non poteva lasciare indifferenti. «Da questo governo ci aspettavamo un incremento dei fondi. Invece ci sono tagli della Finanziaria alla scuola paritaria, tagli che aprono una crisi molto profonda. Presto le federazioni delle scuole cattoliche si mobiliteranno in tutto il Paese» aveva detto monsignor Bruno Stenco, responsabile della Cei per l’educazione, la scuola e l’università. Attaccando dritto dritto il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, che «guarda caso, già nel 2004 aveva tagliato 154 milioni di euro sui 530 del contributo annuo dello Stato». A rincarare la dose ci aveva pensato il portavoce della Cei, Domenico Pompili, con una nota in cui si afferma la «preoccupazione» dei vescovi italiani, che «pur consapevoli del momento economico e sociale che il Paese sta attraversando confidano negli impegni del governo». E critiche indirette erano arrivate perfino da Papa Benedetto XVI, che incontrando il nuovo ambasciatore argentino presso la Santa Sede, ha definito le «misure a favore dei genitori che li aiutino ad educare i figli secondo le proprie convinzioni etiche e religiose » come un «diritto inalienabile ». Immediatamente il caso è esploso in Parlamento, dove molti esponenti del centrosinistra e anche della maggioranza, come Maurizio Lupi e Carlo Giovanardi (FI e Popolari Liberali), Maurizio Gasparri e Italo Bocchino (An), hanno cominciato a spingere sul governo perché provvedesse a restituire il maltolto. Che tuttavia era già stato recapitato in Parlamento, giovedì sera, con un emendamento. Una modifica alla Finanziaria in discussione al Senato per ripristinare i 120 milioni di euro (su 130 chiesti dai vescovi) per il 2009 alle scuole private, approvata ieri stesso dalla Commissione Bilancio e che, secondo alcune fonti, sarebbe stata anche anticipata «per cortesia» alla stessa Conferenza Episcopale. Con i vescovi, si sostiene nell’esecutivo, c’era un accordo preciso per il reintegro dei fondi. Quelli del 2008, congelati dal ricorso alla Consulta del Veneto e della Lombardia, per conflitto di competenza, erano stati già sbloccati. E dal governo era giunta ai vescovi la garanzia che, appena passata la buriana sul decreto Gelmini e i tagli alla scuola pubblica, il dossier sulle scuole paritarie sarebbe stato rispolverato. La protesta dei vescovi, per il governo, sarebbe stata dunque solo frutto di un disguido. I 120 milioni di stanziamento aggiuntivo per la scuola approvati ieri dal Senato non hanno una finalizzazione precisa, ma sarà il ministro responsabile, Maria Stella Gelmini, assicurano a Palazzo Chigi, a destinare il finanziamento alle scuole paritarie. Una parte dell’opposizione ritiene che sia troppo poco, e che manchino ancora 14 milioni di euro per il 2009, come sostiene il capogruppo del Pd in Commissione Istruzione al Senato, Antonio Rusconi. La sinistra radicale, invece, protesta. «Il governo ha ignorato, quando non represso, le proteste dei giovani della scuola pubblica per i tagli. Sulle scuole private, invece, il Vaticano fischia e Tremonti ubbidisce » dice Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione. Qualche strascico di malumore resiste anche nella maggioranza. «La crisi c’è per tutti tranne per la Cei» commenta Riccardo Bruno del Pri. «Avevamo ammirato la capacità di resistenza del governo, che aveva saputo tenere botta, finora, a tutte le proteste. Stupisce e dispiace un tale repentino cedimento. Carità cristiana – dice Bruno – avrebbe suggerito di aumentare la dotazione mensile della social card». Mario Sensini