Teodoro Chiarelli, La Stampa 5/12/2008, 5 dicembre 2008
La società civile tende ad autoassolversi, a considerare lo Stato e le tasse come il male principale, a non vedere come un male le tutele corporative in cui ogni categoria si rinchiude a riccio»
La società civile tende ad autoassolversi, a considerare lo Stato e le tasse come il male principale, a non vedere come un male le tutele corporative in cui ogni categoria si rinchiude a riccio». La citazione di Mario Monti che campeggia come un monito sulla quarta di copertina, spiega meglio di tanti giri di parole la tesi dell’ultimo libro del giornalista economico della Stampa, Stefano Lepri. «La finanziaria siamo noi», sottotitolo «Dove finiscono i soldi dei cittadini. Il potere delle lobby, i conti dello Stato» ci racconta, infatti, come l’immutabile balletto della «manovra» che ogni anno, dalla nascita della Repubblica, si traduce per il cittadino in nuovi salassi, non si possa addebitare tout court alla cosiddetta «casta». «L’immagine del politico che si adopera per far stanziare soldi da spendere a proprio piacimento - scrive Lepri - coglie soltanto una parte della realtà. C’è un reale scambio di messaggi. A modo loro, i politici dialogano con la società che li ha eletti. semplicistico affermare che i corrotti rubano; più esatto è dire che i corrotti fanno la cresta sui soldi che erogano a favore dei cittadini». Insomma, la «casta» è assediata da «grandi e piccole tribù fameliche, rese ancor più arroganti proprio dall’impopolarità in cui vedono precipitata la casta politica» stessa. Ed ecco perché, se si vuole far ricorso a uno slogan, questo libro serve in fondo per capire perché i governi italiani non abbasseranno mai le tasse. Lo scambio di favori e di piccoli emendamenti avviene in tutti i Parlamenti democratici, ma da noi è peggio perché siamo un Paese in cui dalla società civile, fatta di gruppi grandi e piccoli attenti solo al proprio «particulare», emergono domande enormemente frammentate. I partiti in lotta dovrebbero confrontare diverse visioni dell’interesse generale, invece ciascuno fa appello all’ostilità. C’è tra l’altro una citazione da un articolo di Enrico Deaglio pubblicato su La Stampa che esprime molto bene il concetto: «Micidiale mistura di noncuranza della dimensione pubblica e di miope insistenza sulla dimensione del proprio privato». Naturalmente il volume di Lepri - che ha seguito per il suo giornale tutte le leggi finanziarie dal 1978 a oggi - è ricco di spunti e aneddoti. Dalla descrizione del funzionamento del suq parlamentare in uno dei suoi momenti peggiori, l’autunno del 2007, al capitolo «Le bugie dei politici»: una guida al cittadino per non farsi imbrogliare dalle «manovre» e dallo scambio di parti in commedia tra maggioranza e opposizione. Il capitolo sulla Ragioneria dello Stato racconta il centro di potere più inattaccabile della nostra burocrazia. E ancora: come mai le tasse non sono solo pesanti, ma anche troppo numerose; come si buttano i soldi per i forestali calabresi. Il tutto conduce, ahinoi, a una conclusione pessimistica: chi risana il bilancio perde le elezioni. Stampa Articolo