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 2008  dicembre 05 Venerdì calendario

CON UN COMMENTO DI CESARE RIMINIFLAVIA AMABILE

ROMA
Potrei essere una moglie in crisi, una delle tante che a Roma chiedono la separazione. Sono decine di migliaia di persone, più di una coppia sposata su dieci. Potrei essermi rivolta anch’io come loro ad un avvocato. E lui mi avrebbe risposto che per dare il via alla pratica ha bisogno dell’estratto per sunto dai registri degli atti di matrimonio. Noi comuni mortali lo chiamiamo estratto di matrimonio.
L’avvocato ha delle scadenze, oppure chi vuole la separazione potrebbe avere una certa fretta. Ma in queste questioni la fretta è meglio non averla, oppure bisogna essere preparati a pagarla.
Un mercoledì mattina vado alla Circoscrizione numero I di Roma. Sono residente lì: per avere il mio estratto di matrimonio in tempi non troppo lunghi bisogna fare riferimento alla propria circoscrizione, mi dicono. Sono le 8 e mezza del mattino. Aspetto non più di cinque minuti, poi sul tabellone luminoso appare il mio numero.
Mi presento allo sportello con il modulo compilato in una mano e una borsa con videocamera nascosta nell’altra. Accendo la camera e presento il modulo. «Quanto tempo ci vuole?», chiedo. «Dipende da dove abita», risponde l’impiegata. «Sono residente qui», rispondo. «Allora lo prende dal 18 dicembre in poi», mi dice, tranquilla.
Trasecolo: «Dal 18 dicembre?». E’ il 26 novembre: sono tre settimane. Che ci sarà mai da scrivere su quest’estratto? E se avessi chiesto il certificato completo quanto tempo avrebbero impiegato?
L’impiegata sembra infastidita dal mio stupore. «Sono quindici giorni lavorativi, signora. Tre settimane».
Appunto, il calcolo l’avevo già fatto anch’io. «E prima? Non lo si può avere prima?», insisto. Niente da fare: «Prima non si può», mi boccia. E per farmi capire quanto siano ormai super-moderni nel loro lavoro, mi ricorda che prima li davano dopo quaranta giorni.
Quaranta giorni: quanto una traversata di Gesù nel deserto. Quanto un feto impiega a formare sistema nervoso, apparato digerente e respiratorio, e quasi in modo completo anche il cuore. Gli impiegati della circoscrizione di Roma invece in quaranta giorni partorivano un estratto di matrimonio. Ora, invece, «bastano» tre settimane. O, come precisa l’impiegata, quindici giorni lavorativi. E questo «è proprio il minimo sindacale» asserisce. Se lo dice lei.
In ogni caso, conclude, se ho fretta un rimedio c’è: posso ricorrere a un’autocertificazione. Provo a chiedere se pagando qualcuno si può risolvere il problema, mi riferisco a un’agenzia, ma lei di nuovo un po’ infastidita, risponde di non saperne nulla, e di parlare soltanto di quello che è il suo lavoro. Mi consegna una ricevuta, spengo la videocamera, e vado via.
Una rapida ricerca mi fa capire che forse esistono davvero strade più rapide. Su Internet trovo tre agenzie in grado di offrire documenti su Roma.
Telefono alla prima. Chiedono 20 euro e mi comunicano che dovrò aspettare una ventina di giorni, in pratica evitano solo la noia di andare fino alla circoscrizione e l’eventuale attesa. La seconda è già più interessante: vogliono 30 euro, ma promettono il certificato in una settimana.
E’ la terza però ad avere l’asso nella manica, quello che le permette di chiedere senza alcun imbarazzo 50 euro per un estratto che allo sportello è gratuito: «C’abbiamo una persona all’Anagrafe», mi spiega il signore che risponde al telefono. In effetti può servire. «Avete una persona all’Anagrafe», ripeto per chiedere conferma, casomai non avessi capito bene. «Sì, e siamo gli unici ad avere il certificato in un paio di giorni...».
A quel punto chiedo conferma del prezzo. E, sì, sono proprio cinquanta euro, ma visto che abito in centro, non troppo lontano dal loro ufficio, il signore mi spiega che non pagherò le spese di spedizione. La notizia è confortante: chiedo che cosa devo fare. «Mi manda un’email con nome, cognome, data di nascita dei due coniugi e la data in cui è stato celebrato il matrimonio». E poi precisa: «Credo che dobbiamo vedere questa persona lunedì e quindi la consegna potrebbe essere già mercoledì». Ovvero, il 3 dicembre, ben quindici giorni prima rispetto agli uffici della circoscrizione. «Bene, e ogni quanto lo vedete, nel caso non riuscissi oggi...», chiedo. Il signore mi rassicura: «Mah, lo sentiamo al telefono, per cui se lei non riuscisse per lunedì, comunque sarebbe per venerdì». Insomma, due giorni non di più. Ringrazio, prometto di inviare un’email quanto prima. Chiudo la telefonata e mi resta un dubbio: come può l’agenzia con la sua «persona all’Anagrafe» e i 30 euro in più chiesti rispetto alla concorrenza, far scomparire quindici giorni di lavoro? Chi e che cosa permettono di superare l’ostacolo del «minimo sindacale» che l’impiegata allo sportello considerava inviolabile?
http://www.lastampa.it/amabile

CESARE RIMINI
C’è una legge sui certificati rilasciati dagli uffici dello stato civile (tecnicamente si chiamano estratti per riassunto) e, in tutta Italia, funziona bene. L’articolo 10 dell’ordinamento dello stato civile (D.P.R. n. 396/2000) prevede infatti l’istituzione in ciascun comune di un unico archivio informatico di tutti gli atti di stato civile: la cittadinanza, la nascita, il matrimonio e la morte. Gli uffici comunali si sono adeguati con grande beneficio per i cittadini: in ogni comune, chi si rivolge allo stato civile per chiedere un documento lo ottiene immediatamente dovendo solo attendere che l’addetto digiti sul computer il nome dell’interessato e il tipo di atto richiesto. Il documento viene immediatamente stampato, timbrato e consegnato a chi lo richiede. E’ così nei piccoli comuni e nelle grandi città. Pare che a Roma le cose vadano diversamente.
Certamente il documento più richiesto agli uffici dello stato civile è l’estratto per riassunto dai registri degli atti di matrimonio. Si tratta infatti di un documento indispensabile per chiedere la separazione fra coniugi. Il ricorso non può essere depositato nella cancelleria del tribunale se manca questo documento.
Quindi nessun provvedimento può essere pronunciato, neppure il più urgente. Inoltre, nell’atto di matrimonio è annotato se i coniugi hanno scelto la comunione o la separazione dei beni. Un ritardo nel rilascio dell’estratto di matrimonio può portare quindi un danno grave. E’ perciò inammissibile che un comune imponga tempi di attesa di tre settimane, mentre tutti gli altri consegnano immediatamente ciò che il cittadino chiede.
Quando questo accade, per il coniuge che intende chiedere la separazione, ai tempi lunghi della giustizia si sommano i tempi per ottenere i documenti necessari ad iniziare il processo. Se, come talora accade, il documento viene rilasciato un mese dopo la richiesta, un coniuge è costretto ad attendere, solo per poter depositare la domanda di separazione, un tempo in cui - negli Stati con cui dobbiamo confrontarci per civiltà ed efficienza - si ottiene già un’udienza e un provvedimento provvisorio.
Sarebbe poi gravissimo se il tempo per il rilascio dei certificati variasse a seconda che la richiesta sia presentata dall’interessato o da una agenzia.
Non vi è alcuna (legittima) ragione per cui i tempi debbano essere più brevi nel secondo caso. Se ciò accade, significa che il cittadino viene costretto a pagare per ottenere un servizio che la legge impone all’amministrazione di effettuare immediatamente e gratuitamente.