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 2008  dicembre 05 Venerdì calendario

LAURA PUTTI

PARIGI
Anche per Charles Aznavour è arrivato il tempo dei duetti. Si potrebbe sospettarlo di essere ricorso a un escamotage commerciale, ma lui stesso frena il sospetto. «I dischi non si vendono più» dice. «E si venderanno sempre di meno. Ai dischi non faccio più attenzione». Le sue soddisfazioni se le è tolte da tempo. Ne ha venduti più di cento milioni. E il nuovo "Duos" (che esce oggi in Italia) non nasce in reazione alla scarsa soddisfazione commerciale di "Colore ma vie", il pur sorprendente disco cubano: nasce da una voglia di condivisione, di amicizia. Trovarsi davanti a un microfono e avere accanto Liza Minnelli, Celine Dion, Placido Domingo, Sting, Julio Iglesias, Laura Pausini, Carole King, Bryan Ferry, Elton John e molte altre superstar non gli dà i brividi. Ha iniziato con Piaf, che vuoi che sia tutto il resto. Ma condividere sì, condividere gli piace ancora. A quasi 85 anni (li compirà in maggio) e a più di 60 di carriera, Charles Aznavour guarda avanti e sembra non porsi il problema di osservare un panorama più angusto rispetto all´immensità che si lascia alle spalle. E così, consigliato dal suo eterno manager Leon Sayan - piccolo uomo dalla volontà di ferro, come lui, e come lui armeno della diaspora - Aznà si è convinto al duetto. Fatta una lista di grandi colleghi, li ha lasciati scegliere una delle sue canzoni. Si è riservato, però, il brivido di incontrare fantasmi: Dean Martin, Frank Sinatra e, prima fra tutti, Edith Piaf sono duetti virtuali. «Le famiglie di Martin e Sinatra hanno scelto le loro canzoni. L´unica che non ha potuto dire la sua è stata Edith: "C´est un gars" l´ho scelta io per lei».
Piaf sarebbe stata d´accordo?
«Non credo che sarebbe stata la sua preferita, ma l´ha comunque molto cantata».
Negli anni 50 ai tempi della vostra collaborazione, ha mai fatto un duetto con Piaf su "C´est un gars"?
«No, non in scena. Cantavamo moltissimo in automobile, durante i lunghi viaggi delle tournée. Cantavamo cose bizzarre, molte canzoni russe. Piaf non parlava russo, cantava la-la-la, ma conosceva la musica, il ritmo e amava i colori e la nostalgia della canzone russa».
"Duos" è un doppio cd: il primo è in francese, il secondo nelle lingue dei cantanti ospiti. Perché questa scelta?
«Incidere due dischi è stato quasi obbligatorio. Quando i cantanti hanno proposto le loro scelte, hanno chiesto di cantare in francese. E´ stata una sorpresa. Una canzone come "Que c´est triste Venise" ha avuto molte traduzioni, ma Julio Iglesias ha insistito per cantarla come l´avevo scritta. E, per la sua prima volta in francese, Sting ha scelto "L´amour c´est comme un jour". E così Elton John per "Hier encore", Josh Groban per "La Bohème", Laura Pausini per "Paris au mois d´aôut", Carole King per "Ton nom", Paul Anka per "Je n´ai pas vu le temps passer"?».
E Herbert Gronemeyer per "Mes emmerdes". Chi è?
«E´ una superstar tedesca. Ha venduto milioni di dischi. Canta lirica e leggera, come Domingo, come Groban».
Ha scelto voci femminili altissime. Ce ne vuole, di coraggio, per misurarsi con Liza Minnelli, di Celine Dion, di Laura Pausini.
«A questo punto della vita niente mi spaventa più. Ho imparato talmente tante cose, prima fra tutte a essere sicuro di me. Ho superato anche la timidezza. Forse non del tutto, ma non riesce più a bloccarmi. Celine e Laura sono cresciute con le mie canzoni. Liza è una vera amica e con Nana Mouskouri, la quale ha scelto "Mourir d´aimer", non ho avuto problema: lei è greca e io sono armeno. Andremo sempre d´accordo».
"Duos" è stato registrato tra New York, Londra, Parigi, Bologna e Colonia. Solo in un caso lei ha dovuto cantare nel salone di un castello medievale illuminato alla luce delle candele, tra busti marmorei e quadri di antenati: l´invito è arrivato da Sting. Le è piaciuta l´atmosfera?
«Era bellissima, ma un po´ strana. "L´amour c´est comme un jour" non era proprio fatta per quel tipo di location. Sting l´ha scelta con cura, non è una delle canzoni che canto più spesso, e l´ha anche riarrangiata. Ma lo considero un fan: è venuto spesso ai miei concerti, in molte città del mondo».
Nessuno, tra i suoi ospiti, ha scelto "Emmène moi", forse la più popolare tra le sue canzoni. Non ne è stato sorpreso?
«E´ vero. Non ci ho fatto caso. Peccato, ora che ci penso, perché "Emmène moi" ha una buona traduzione inglese. Forse non l´hanno scelta perché non è abbastanza intima, non è una canzone d´amore».
La vedono come uno che scrive canzoni d´amore?
«Si vedono come persone che cantano canzoni d´amore».
E lei come si vede?
«Come uno che è stato appena nominato ambasciatore d´Armenia in Svizzera e che continuerà ad aiutare il popolo dei suoi padri. Come uno che è uscito da scuola dopo la quinta elementare, ma che ha una grande biblioteca della quale ha letto quasi tutti i libri. Come un uomo curioso che ha ancora voglia di fare tante cose; uno con una vita riuscita che non cerca più il piacere del primo giorno di successo; uno che ha avuto tanto e che ora mette la sua solidità al servizio di chi è stato meno fortunato».
E come l´ultimo autore e interprete di una meravigliosa generazione di artisti?
«Questo no, non sono l´ultimo, ce ne sono altri meno favoriti dai media, altri dei quali le radio e i giornali ormai non parlano più».