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 2008  dicembre 05 Venerdì calendario

ROMA – Stavolta a dirlo sono le carte della procura di Salerno e le agende di Antonio Saladino. Luigi De Magistris aveva puntato le indagini verso un intreccio potente di interessi

ROMA – Stavolta a dirlo sono le carte della procura di Salerno e le agende di Antonio Saladino. Luigi De Magistris aveva puntato le indagini verso un intreccio potente di interessi. Un grumo di affari, potere, amicizie eccellenti che metteva d’accordo politici di maggioranza e opposizione, magistrati e imprenditori contigui alla mafia, generali e vescovi con l’aiuto di raffinati tessitori. Per questo le sue inchieste «Why Not», «Poseidone » e «Toghe Lucane» dovevano essere sottratte a lui, frantumate e disperse. Le accuse L’inchiesta che scuote il mondo politico e istituzionale fino al Colle riparte da lì. Dalle accuse del magistrato, nel frattempo spogliato delle indagini e trasferito a Napoli. Poi ripercorre il filo delle sue inchieste che si incentrano sulla figura di Antonio Saladino, «punto apicale di Cl e della Compagnia delle Opere della Calabria». E tra i vorticosi contatti spunta il nome del vicepresidente del Csm, che ha sempre sostenuto di aver incontrato Saladino una sola volta nell’85, presentatogli da un giovane candidato alle elezioni. C’è la telefonata «di ben 183 secondi » partita dall’utenza di Mancino e giunta a Saladino, che l’ex presidente del Senato ha precisato venne compiuta da un suo collaboratore. Ma di lui parla anche Caterina Merante, socia di Saladino: la testimone dalla quale è scaturita tutta l’indagine. «Nel corso di questi anni in almeno tre occasioni Antonio Saladino ha avuto modo di riferirmi di incontri da lui avuti con Nicola Mancino, anche quando era presidente del Senato». Le agende di Saladino Il 26 febbraio 2008 De Magistris ricostruisce la rete di relazioni di Saladino attraverso la consultazione delle agende che lui stesso aveva sequestrato durante una perquisizione all’indagato. Le agende sono poi state trasmesse alla procura di Salerno. Dagli appuntamenti emerge un quadro molto più ramificato di quanto si era pensato ai tempi dell’indagine su Prodi quando spuntarono i nomi del senatore di Forza Italia Pittelli, di Luigi Bisignani, del generale della GdF Poletti. Saladino aveva rapporti bipartisan. Si va da «La Torre, numero progressivo 04, credo esponente ds molto vicino all’on. D’Alema». Interessante per il pm l’incontro La Torre e Valerio Carducci «collegamento del Saladino con gli ambienti politici romani». Al numero 07 «il generale della Guardia di Finanza Adinolfi. Sul quale – riferisce De Magistris – stavamo concentrando l’attenzione proprio quando è intervenuta l’avocazione». Al numero 09 il nominativo «ritengo, dell’onorevole Minniti». Poi vicino a quello di Carducci. Il 12 luglio appuntamento con Mastella. E un «incontro con un vescovo». Il 26 ottobre «riferimento all’ex ministro dell’Interno Pisanu, all’europarlamentare Sandro Gozi (vicino a Prodi). Nelle agende anche i nomi dei «coniugi Bassolino» (n.85). Il fratello dell’ex ministro Antonio Marzano (96). E dell’attuale ministro Renato Brunetta. Al numero 115 si annota: «Carducci da Corrias/ Alemanno; Pisanu Angelo X Ancitel; Poletti ». I politici Nello svolgimento delle indagini emergono molti altri politici contattati da Saladino. Si va dall’ex segretario ds Nicola Adamo a Francesco Rutelli, ai presidenti della Regione Calabria, Giuseppe Chiaravalloti e Agazio Loiero, ai quali Saladino promette voti. De Magistris parla anche della società Tesi, «riconducibile alla moglie dell’ex segretario Ds» che aveva avuto commesse nell’informatica, nella sanità e nell’ambiente. In essa figurano «rappresentanti di quasi tutti i partiti politici. Dalle sinistre «alla famiglia Abramo, Sergio già sindaco di Forza Italia, Why not, riconducibile all’epoca a Saladino il quale aveva rapporti di affari stretti e intensi con la cosiddetta Loggia di San Marino e gli ambienti molto vicini al presidente del Consiglio Prodi». A far scalpore sono però soprattutto le accuse di De Magistris ai colleghi. Non ha risparmiato nessuno. Rammaricandosi anche per il mancato intervento del presidente della Repubblica «un intervento che avevo auspicato pubblicamente». Nelle 1800 pagine di decreto di perquisizione e sequestro, le accuse sono tutte nero su bianco. Contro i colleghi Il 12 novembre 2007 De Magistris accusa i colleghi: «Togliendomi Poseidone mi hanno voluto lanciare un messaggio per cercare di fermarmi perché ancora non sapevano ancora del livello che avevano raggiunto Toghe Lucane e Why Not». Per questo «hanno dovuto accelerare la mia richiesta di trasferimento cautelare e qui si innestano poi, evidentemente, anche delle sinergie istituzionali perché è ovviamente inquietante il silenzio istituzionale sulla vicenda, per esempio, del trasferimento cautelare e in qualche modo il coinvolgimento di Prodi e Mastella (indagati da De Magistris ndr)... Io credo che non si sia mai visto che un Ministro della Giustizia chieda il trasferimento cautelare di un magistrato che indaga sul Presidente del Consiglio di cui lui è ministro e che regge in modo determinante la maggioranza che è un po’ fragile e soprattutto che chiede il trasferimento di chi sta lavorando in qualche modo su di lui... e il ministro Mastella lo sapeva benissimo, intercettazioni che lo riguardavano direttamente... quindi vuol dire che necessariamente si è disposti anche a mettere sul tappeto il rischio di una rottura istituzionale sui rapporti tra esecutivo e Magistratura o anche una rivolta dell’opinione pubblica o dei magistrati a fronte di un atto così grave...». I legami d’affari Il pm De Magistris denuncia anche legami di tipo affaristico che si consolidano attraverso la costituzione dell’Istituto per il turismo del Sud e la nuova Merchant spa con il supporto della Banca Nuova Spa con sede in Palermo. « questo il caso della Free foundation for research on european economy». Magistrato Luigi De Magistris: sue le inchieste Why Not e Poseidon Virginia Piccolillo