Grazia Longo, La Stampa 4/12/2008, 4 dicembre 2008
GRAZIA LONGO
Non esiste separazione definitiva finché esiste il ricordo. Ma ci sono mille modi e mille sfumature per ricordare chi non c’è più. E alla vigilia di un anniversario tanto crudele com’è quello del rogo alla ThyssenKrupp, non tutti i familiari delle sette vittime scelgono la stessa strada. E così sabato mattina Sabina Laurino - 39 anni, vedova di Angelo, madre di due adolescenti - rifiuterà di aderire all’associazione «Legami d’acciaio».
I motivi sono molteplici e articolati. Ma a far infuriare Sabina, che si conferma la pasionaria del gruppo, è quell’aereo con tanto di striscione «Noi da qui su vi stiamo guardando» che a un certo punto sorvolerà il corteo. «Un’iniziativa senza senso - sbotta Sabina -. Un modo come un altro per spillarci dei soldi che invece potrebbero essere destinati a persone che ne hanno bisogno come e più di noi». Poi giù con i dettagli precisi: «Altri parenti che stanno organizzando questa cosa mi hanno chiesto 500 euro. Ma io non glieli ho dati, preferisco offrirne 5 mila a comunità per bambini orfani o abbandonati. O dare una mano alle famiglie di altri operai morti sul lavoro. Peccato però che idee come queste non trovino mai consenso. E allora, mi dispiace ma io ho detto e ribadisco che ”No, non ci sto”».
Non è neppure certa se sfilerà al corteo, «sicuramente andrò alla messa al cimitero monumentale, ma il resto della manifestazione mi sembra poco utile. Peggio, un tentativo di strumentalizzare la fine orribile di sette operai». Sabina è come un fiume in piena, eppure cerca di calibrare le parole. «Non voglio essere fraintesa: anch’io sono favorevole che non si smetta mai di parlare di quello che è successo. Per i nostri cari, per il nostro dolore, ma anche perché non si ripetano più drammi come il nostro. Ma dai, a che cosa servono tutti quegli appuntamenti di sabato? Giornali e tv non ci hanno mai dimenticati, i magistrati neppure. E allora perché tutto questo agitarsi?».
Ciro Argentino, Rsu Thyssen della Fiom, tra i fondatori di «Legami d’acciaio», ieri ha annunciato che per sabato saranno pronte le tessere di «soci onorari» per i familiari dei sette martiri del lavoro. «Io non la voglio - annuncia Sabina -. Con tutto il rispetto per l’impegno degli altri, credo esistano altre priorità».
Hanno invece già la tessera in tasca - perché hanno partecipato di fronte al notaio alla costituzione dell’associazione - altri familiari come Graziella Rodinò, Carmelo Demasi, Nino Santino genitori rispettivamente di Rosario, Giuseppe e Bruno, morti tutti a soli 26 anni. Un anno fa, alla manifestazione organizzata dopo la strage, Nino Santino aveva guidato il corteo, la foto del figlio in mano, urlando «assassini» e scandendo i nomi dei dirigenti dell’azienda. Oggi ripete quell’accusa: «I padroni della Thyssen vogliono querelarmi perché do loro degli assassini. Ma che cos’altro sono? Come fanno ogni giorno a guardarsi allo specchio e a non vederlo?».
Alla disperazione per quanto è accaduto quella maledetta notte del 6 dicembre 2007, si aggiunge ora anche la preoccupazione per le condizioni di lavoro di altri operai. «Mia nipote lavora in una ditta di Settimo dove piove dal soffitto» racconta un parente Thyssen. E la ragazza spiega che «mesi fa, dopo un violento temporale una parte della centralina si è guastata. L’hanno riparata, ma il tetto no. Così continua a piovere dentro la fabbrica».