Luca Iezzi, la Repubblica 4/12/2008, 4 dicembre 2008
ROMA- Le cifre che spaventano il ministro Giulio Tremonti sono due: 2000 e 220. La prima è la somma, in miliardi di euro, di tutti i titoli di Stato che i governi europei emetteranno nel corso del 2009: si tratterà per lo più di emissioni nuove, necessarie a finanziarie i piani di salvataggio delle banche e di stimolo dell´economia interna
ROMA- Le cifre che spaventano il ministro Giulio Tremonti sono due: 2000 e 220. La prima è la somma, in miliardi di euro, di tutti i titoli di Stato che i governi europei emetteranno nel corso del 2009: si tratterà per lo più di emissioni nuove, necessarie a finanziarie i piani di salvataggio delle banche e di stimolo dell´economia interna. A fare la parte del leone saranno Germania e Inghilterra, entrambe con un rating, un voto di affidabilità, molto superiore a quello dell´Italia (tripla AAA contro A). E qui che entra in gioco il secondo numero, 220 miliardi, la somma dei 160 miliardi di titoli del debito italiano pluriennali in scadenza nel 2009 a cui si aggiungono i Bot con scadenze più brevi e quello che gli analisti si aspettano lo Stato dovrebbe trovare per finanziare il proprio sostegno alle banche nazionali. Per semplificare: Tremonti teme che nel 2009 l´Italia si trovi a competere in mercato affollatissimo e per di più con un prodotto meno "appetibile" dei concorrenti. I rischi sono due: o non riuscire a ottenere il denaro necessario, come paventato dal ministro Maurizio Sacconi, o dover pagare rendimenti altissimi. Ieri il Financial Times commentava: «La caccia della sicurezza e della liquidità ha visto la Germania andare meglio di tutti gli altri, e in particolare dei paesi considerati rischiosi nella periferia della zona euro, come i bond italiani». A dimostrarlo lo spread (differenza di rendimento) di un titolo decennale tra Germania è Italia si è allargata da 50 punti base di luglio a 133 punti base di ieri ai suoi massimi storici. Vale a dire che per ogni euro preso in prestito, l´Italia deve concedere l´1,33% di interesse in più. Per limitare i danni il Tesoro ha ripristinato due aste a fine novembre e una a metà dicembre che da anni per fare pre funding vale a dire che i soldi raccolti con i Btp servono già a coprire le necessità del prossimo anno. Gli operatori, e lo stesso Tesoro, hanno negato che già ora si sia ridotta la domanda di titoli italiani (1,42 miliardi di Btp a tre anni e 3,4 di Btp a 10 anni assegnati la settimana scorsa). A compensare la scarsità di capitali in mano ai fondi istituzionali sono stati i Bot people, i piccoli risparmiatori, a loro volta alla ricerca di sicurezza rispetto ad altri strumenti come i bond bancari. L´aumento della raccolta indiretta dei nostri istituti conferma questo andamento, ma è un effetto momentaneo aiutato dalla previsione di una discesa dei tassi d´interesse europei che porterà i rendimenti attuali, già ai minimi storici, ancora più in basso. Ma il mercato dei bond sarà esposto nei prossimi mesi ad altri due venti di tempesta: la speculazione alimentata da capitali "scappati dall´azionario" che cercherà di movimentare l´andamento e acuire eventuali crisi (negli Usa è già successo). Infine c´è il pericolo deflazione, un lunga e prolungata discesa dei tassi reali che penalizza ancor di più i debitori rendendo più costoso il pagamento degli interessi. L´Italia è doppiamente esposta in caso di deflazione perché ha il debito più alto d´Europa (1.363 miliardi) e per il 65% coperto da titoli a tasso fisso. (l.i.)