Federico De Rosa, Corriere della Sera 4/12/2008, 4 dicembre 2008
DUE PEZZI DA CDS, UNO SULLA RETE
LONDRA – Tagli al personale, agli investimenti e alla presenza estera di Telecom Italia, ma anche al debito destinato a scendere sotto i 30 miliardi nel 2011. Per rimettere in carreggiata la compagnia Franco Bernabè ha annunciato ieri a Londra una drastica cura dimagrante, che prevede sacrifici importanti a cominciare dai 4 mila esuberi, metà dei quali tra i manager, in aggiunta ai 5 mila già previsti. Per l’amministratore delegato non c’è alternativa: «Questo è un business che perde manodopera, ma ne crea nel sistema».
Il manager si è impegnato a gestire i tagli nei tre anni «nel modo migliore possibile». A giudicare dalle reazioni a caldo dei sindacati, il confronto si annuncia duro. Telecom punta «a un drastico ridimensionamento, riducendo tutta la propria strategia a due semplici fattori: svendita di attività pregiate e di posizioni all’estero, riduzione dell’occupazione e degli attuali perimetri» commenta il segretario generale della Slc-Cgil, Emilio Miceli. Per la UilCom si tratta della «solita cura: tagli, tagli, e ancora tagli». Il governo con il ministro del Welfare Maurizio Sacconi assicura «molta attenzione» al piano, ma sottolinea che non si tratta di un altro caso Alitalia e avverte che «la generosità degli ammortizzatori sociali non deve incoraggiare una facile espulsione dei lavoratori dai luoghi di lavoro, se non in presenza di una esigenza incontenibile per la sopravvivenza della società».
Bernabè guarda avanti. Per tornare a crescere è necessario concentrarsi «sulla ripresa della generazione di cassa per ridurre l’indebitamento e ripartire » ha spiegato, senza però rivelare se il focus sul debito richiederà sacrifici anche ai soci in termini di dividendo. «La decisione verrà presa con il consiglio che esaminerà il bilancio 2008, il prossimo 27 febbraio». La mancanza di indicazioni non è piaciuta in Borsa. Nel corso della presentazione Telecom è arrivata a perdere oltre il 4% per poi recuperare e chiudere a -1,6%.
Rispetto all’attuale configurazione la società immaginata da Bernabè nel 2011 è piuttosto diversa. Non ci saranno più Germania, Olanda, Cuba, Telecom Italia Sparkle e alcune attività di Telecom Italia Media, che saranno vendute per fare cassa per circa 3 miliardi. previsto invece il rilancio del Brasile e un rafforzamento in Argentina, dove a inizio gennaio Telecom eserciterà l’opzione call per assumere il controllo di Telecom Argentina. Lo farà insieme a un partner, non ancora identificato, e soprattutto con il consenso del governo di Buenos Aires che vorrebbe forse avere più peso nella società. Ma dopo essersi vista rinazionalizzare Entel Bolivia, Telecom ha già messo in moto il governo per evitare nuove sorprese. E ieri Bernabè ha colto l’occasione per ringraziare Silvio Berlusconi di essersi «fatto avanti con determinazione nel difendere l’interesse di una grande azienda italiana».
Nel piano non è previsto lo scorporo della rete: «Fa parte del nostro core business, mai sarà oggetto di uno spin off» ha precisato, disponibile a valutare però un intervento della Cassa Depositi e Prestiti sulla rete di nuova generazione.
Il piano prevede anche 2 miliardi di tagli a costi e investimenti. A fine 2011 l’insieme delle manovre dovrebbe generare circa 22 miliardi di cash-flow, in gran parte destinato alla riduzione del debito. Sul fronte della crescita, Bernabè si è mostrato piuttosto conservativo, ipotizzando per il triennio un aumento medio annuo dei ricavi superiore al 2% circa e una redditività (Ebitda margin) del 39%. Ma «in un contesto di mercato in cui i prezzi crollano, i ricavi sono solo in parte sotto il controllo del management».
F.D.R.
LONDRA - La rete non si tocca. «una cosa che fa parte del nostro core business, mai sarà oggetto di uno spin off». Più chiaro di così non poteva essere Franco Bernabè, che a Londra ha difeso la sua linea, dicendo quindi no all’idea dello scorporo, avanzata martedì dalla Commissione Trasporti della Camera.
La quale nel documento finale dell’indagine conoscitiva sulla rete, ha reso noto che a suo modo di vedere per aumentare la concorrenza non c’è altra soluzione che creare una «società della rete». «Indebolirebbe la posizione strategica che abbiamo costruito negli anni» ha risposto Bernabè, attento anche al consistente flusso di ricavi generato dalla rete, senza i quali sarebbe difficile ridurre il debito di cinque miliardi in tre anni.
«La nostra riposta è Open Access », ha aggiunto il manager. Magari con qualche «correttivo» in più, come ha chiesto l’Authority delle Comunicazioni sollecitando un’integrazione degli impegni presentati da Telecom per garantire ai concorrenti trasparenza e parità di acceso. E il sottosegretario alle Comunicazioni, Paolo Romani, sembra approvare la linea Bernabè: «Rimango dell’idea che sia preferibile la separazione funzionale con un atto volontario ». Dunque per il governo va bene così. Almeno per la vecchia rete in rame. Su quella di nuova generazione, il futuro delle telecomunicazioni, il discorso invece è aperto. Qualora, nel costruire le nuove reti ci fosse necessità di un intervento più cogente, il sottosegretario ha aggiunto che «la task force (per la banda larga, ndr) sarà in grado di elaborare » una soluzione.
Ormai è chiaro che la Cassa Depositi e Prestiti viene considerato il soggetto più adatto a sostenere la costruzione della nuova infrastruttura. E Bernabè è sembrato tutt’altro che contrario all’idea. «Se io leggo le intenzioni del governo e in particolare del ministro Tremonti mi sembrano intenzioni estremamente positive» ha detto l’amministratore delegato di Telecom, aggiungendo che «se la Cdp deciderà di entrare in questo settore e avrà progetti li vedremo, li studieremo. Da parte nostra c’è ampia disponibilità a fare cose che ci rendano più efficienti». Il dialogo con la Cassa, insomma, può partire.
Lo stop di Bernabè allo scorporo della rete non ha però solo una valenza «politica». Su questo tema il socio Telefonica ha sempre detto di essere contrario. Cesar Alierta può ritenersi quindi soddisfatto della presa di posizione dell’amministratore delegato. Il quale potrebbe soddisfare i soci di Madrid in modo ancora più concreto, consentendogli di rafforzarsi sui mercati da cui Telecom ha deciso di uscire. E quindi la Germania, dove Telefonica è presente nella telefonia mobile. Secondo le indiscrezioni il gruppo spagnolo vorrebbe prendersi Hansenet, e ne starebbe già parlando con Telecom. Ma avrebbe messo gli occhi anche sulla cubana Etecsa, un gioiello da 80 milioni di euro di dividendi l’anno, che Bernabè ha deciso di sacrificare sull’altare del debito. Vista la presenza capillare in Sud e Centro America, gli spagnoli ci puntano.
Ma più che con Bernabè dovranno negoziare con il partner locale: il governo dell’Havana. Tuttavia anche su questo fronte non dovrebbero esserci difficoltà. E dunque, dopo aver visto evaporare quasi il 50% del suo investimento, Alierta ora ha la possibilità di sfruttare la sua posizione e di fare un doppio colpo. Non era quello che voleva, ma tanto a Tim Brasil per ora non c’è modo di arrivarci.
Federico De Rosa