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 2008  dicembre 03 Mercoledì calendario

CINZIA DI CIANNI PER LA STAMPA DI MERCOLEDì 3 DICEMBRE 2008


Chissà se quell’uomo dagli occhi azzurri e dai capelli bruni sciolti sotto un berretto di pelo d’orso, avventuratosi nella Val Senales in un lontano giorno d’estate, ebbe un presentimento della sua imminente e cruenta morte? Forse sì, perché era un uomo in fuga, ma certo non poteva immaginare il suo singolare destino di gloria postuma.
Il 19 settembre 1991 i ghiacci in disfacimento delle Alpi tztaler, sul confine italo-austriaco, a 3200 metri, restituiscono un corpo mummificato. E’ battezzato tzi o Uomo di Similaun, dal nome della cima che sovrasta la sua tomba. La mummia pesa 13 kg ed è lunga 154 cm. Poco distante sono ritrovati i suoi capi di vestiario e l’equipaggiamento da caccia, che comprende un arco non finito, faretre e una straordinaria ascia in rame. E’ ciò che resta di un maschio in discreta salute, di circa 46 anni: praticamente un vecchio, visto che nel tardo Neolitico, nella prima età del Rame (3300-3100 a.C.) - il passato dal quale tzi proviene - l’aspettativa di vita media non superava i 35 anni.
Era certamente un valoroso, ma cadde in un agguato: fu colpito alla scapola sinistra da una freccia, poi lottò con gli aggressori, fu ferito alla mano destra e al capo. Sulle sue armi ci sono tracce di quattro tipi di sangue. Infine scivolò in una conca, dove entrò in una lunga agonia e in un gelido sonno di 5 mila anni.
tzi è la mummia più antica e più studiata al mondo. Franco Ugo Rollo, antropologo molecolare dell’Università di Camerino, la conosce bene: ha iniziato a occuparsene pochi giorni dopo il ritrovamento. Fu chiamato dalla Sovrintendenza Archeologica di Bolzano, perché all’epoca era l’unico specialista di Dna antico in Italia e ancora oggi sono in pochi. Nei primi Anni 90 ha analizzato i materiali vegetali delle vesti, poi la flora batterica intestinale. Nel 2002 ha descritto l’ultimo pasto di tzi: una purea di farro, carne di cervo e stambecco e verdure.
Ma le analisi del contenuto intestinale della mummia hanno aperto anche un’altra promettente linea di ricerca, che si è conclusa proprio in questi giorni, con la pubblicazione dei risultati su «Current Biology». Rollo ha trovato nell’intestino di tzi piccole quantità di Dna mitocondriale, probabilmente derivato dalla desquamazione del suo stesso epitelio, e ha iniziato a studiarlo. I mitocondri sono preziosi organelli che si trovano nel citoplasma delle cellule eucariote e lavorano come centrali energetiche. Possiedono un proprio Dna, che si eredita per via materna ed è indipendente da quello nel nucleo cellulare.
«Si tratta di una chiave importantissima per comprendere l’evoluzione dell’uomo e le migrazioni dei popoli nel corso dei millenni», precisa Rollo. Il suo team, composto di quattro collaboratori della sezione di archeo-antropologia molecolare di Camerino, di specialisti dell’Istituto di Tecnologie biomediche del Cnr di Milano e dell’Institute of Integrative and Comparative Biology dell’Università di Leeds, ha determinato la sequenza completa del Dna mitocondriale della mummia. Ha poi paragonato la sequenza con quella dei moderni europei e ha scoperto che, sotto il profilo genetico, tzi rappresenta un gruppo a parte, forse estinto.
Basandosi sulla mappatura di questo Dna, i genetisti suddividono le popolazioni del mondo in gruppi genetici correlati, che hanno un’origine comune nell’Homo Sapiens, comparso in Africa 150-200 mila anni fa. Nel corso del tempo, nel Dna si sono accumulate innumerevoli mutazioni, che hanno determinato una serie di linee genetiche riconoscibili, chiamate aplogruppi. La distribuzione e localizzazione geografica degli aplogruppi riflette le migrazioni avvenute nel Neolitico o addirittura nel Paleolitico superiore, decine di migliaia di anni fa. «Oggi disponiamo, su scala globale, di migliaia di sequenze mitocondriali complete moderne, ma solo di tre sequenze di individui preistorici, una delle quali è la nostra», afferma Rollo con orgoglio. Nelle popolazioni europee sono stati individuati una decina di aplogruppi, catalogati con lettere dell’alfabeto: ad esempio K, H, J.
«La linea mitocondriale della mummia appartiene all’aplogruppo K, che, in base ai nostri modelli e al principio dell’orologio molecolare sarebbe comparsa circa 20 mila anni fa. K non è molto frequente: in Europa è presente nell’8% della popolazione, mentre H compare nel 40% degli abitanti. Ma la cosa è complicata dalla presenza di vari sottogruppi. Alla fine è risultato che tzi non rientra in alcun sottogruppo conosciuto e quindi facciamo due ipotesi: o la sua linea genetica materna si è estinta nei 5 mila anni trascorsi dalla sua morte oppure è ancora presente, ma è diventata davvero rara».
Per giungere al sequenziamento completo del Dna, il team ha messo a punto un protocollo di lavoro che potrebbe tornare utile anche per altre mummie o per i mammut. Il team dell’Università di Camerino ha estratto i geni e prodotto una serie di 235 frammenti, che come tessere di un mosaico ricostruiscono il contorno della molecola di Dna. Poi i 235 frammenti sono passati all’Istituto di Tecnologie Biomediche di Milano che, avvalendosi di una nuova tecnologia, quella del pirosenquenziamento, hanno ricavato l’esatta sequenza. Poi, i dati sono stati elaborati da Martin Richards, a Leeds, per ricostruire l’intera storia evolutiva.
Nel ”94 i media inglesi diedero risalto a uno studio delle Università di Monaco e di Oxford, in base al quale era saltata fuori una presunta discendente di tzi, una signora di origine irlandese. «Oggi sappiamo che non era vero, perché all’epoca si usavano ancora dati parziali - precisa Rollo -. Tuttavia in futuro sarebbe interessante studiare il cromosoma Y del Dna della mummia, quello ereditato per via paterna. Finora il Dna mitocondriale ci ha raccontato solo metà della storia, quella della linea femminile». Ma non è facile perché i geni del nucleo, che contiene il cromosoma Y, è molto più raro dell’altro. Quel valoroso guerriero neolitico ha ancora molto da svelare.

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