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 2008  novembre 29 Sabato calendario

FARE Scandalo nel Regno Unito. Richard James, da poco nominato "Sarto dell’anno", dovrà togliere l’etichetta "made in England" GB, il "principe" della sartoria faceva fare i suoi abiti in Africa I vestiti da uomo del suo laboratorio venduti a un prezzo variabile tra le 500 e le duemila sterline (da 600 a 2500 euro) dal nostro inviato ENRICO FRANCESCHINI A sinistra: Richard James LONDRA - Basta la parola, Savile Row, a evocare secoli di eleganza all’inglese: è il nome della minuscola stradina, a due passi da Piccadilly Circus, nel cuore della capitale, sede delle sartorie che confezionano abiti fatti a mano per il gentiluomo che vuole vestire secondo un’impeccabile tradizione

FARE Scandalo nel Regno Unito. Richard James, da poco nominato "Sarto dell’anno", dovrà togliere l’etichetta "made in England" GB, il "principe" della sartoria faceva fare i suoi abiti in Africa I vestiti da uomo del suo laboratorio venduti a un prezzo variabile tra le 500 e le duemila sterline (da 600 a 2500 euro) dal nostro inviato ENRICO FRANCESCHINI A sinistra: Richard James LONDRA - Basta la parola, Savile Row, a evocare secoli di eleganza all’inglese: è il nome della minuscola stradina, a due passi da Piccadilly Circus, nel cuore della capitale, sede delle sartorie che confezionano abiti fatti a mano per il gentiluomo che vuole vestire secondo un’impeccabile tradizione. Da Lord Brummel in poi, re, aristocratici e Vip di ogni parte del mondo sono trai clienti della decina di negozi d’abbigliamento, uno vicino all’altro, che si trovano in questa viuzza di Londra. Ma adesso salta fuori che l’etichetta "made in England" sui vestiti da migliaia di sterline di uno dei sarti più celebri di Savile Row è ingannevole: quegli abiti sono prodotti in larga parte in Africa, nell’isola di Mauritius, dove il costo del lavoro è infinitamente più basso che in Gran Bretagna. Sul banco degli imputati c’è Richard James, per ironia della sorte appena eletto "sarto dell’anno" dal British Fashion Council, una stella in ascesa da quando aprì la sua sartoria su Savile Row nel 1992, trai cui clienti figura Elton John e i cui abiti sono venduti anche da Harvey & Nichols e da Harrods, ovvero dai due grandi magazzini più lussuosi della metropoli, oltre che nelle migliori boutique del pianeta, da Beverly Hills a Tokyo. Ora però il quotidiano Independent ha scoperto che i vestiti da uomo che James vende a un prezzo variabile tra le 500 e le 2 mila sterline (da 600 a 2500 euro) vengono confezionati da due anni sull’isola africana di Mauritius: quando sono quasi pronti, gli abiti vengono inviati nel laboratorio di James a Norwich, in Inghilterra, dove vengono cucite le maniche e attaccati i bottoni. L’etichetta assicura che sono "made in England", scrive il quotidiano londinese, "ma non più del 25 per cento del lavoro viene fatto in questo paese". Facendo seguito alla denuncia di una sartoria rivale, ispettori del Trading Standards, l’agenzia governativa che verifica il rispetto delle norme commerciali, ha deciso che quegli abiti non possono più avere l’etichetta "made in England". James le ha perciò dovute rimuovere e quei vestiti sono ora venduti senza etichetta: nessuno può obbligarlo a scriverci sopra "made in Africa". Un portavoce sostiene che la rinomata sartoria non ha "fatto niente di male", avendo continuato a rispettare le regole: se queste sono cambiate, è il sottinteso, vietando di presentare come "made in England" abiti che sono in buona parte prodotti altrove, Richard James non li presenterà più come tali. Ma Tony Lutwyche, il sarto rivale che ha inoltrato la denuncia al Trading Standards, la pensa diversamente: "L’etichetta made in England ha un grande significato in tutto il mondo. E’ una garanzia di qualità, e va rispettata". (29 novembre 2008)