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 2008  novembre 30 Domenica calendario

La prima impressione arrivando nella sede torinese di corso Matteotti, indirizzo storico delle finanziarie di famiglia Ifi e Ifil da domani Exor, è quanto sia piccolo l’ufficio di John Elkann

La prima impressione arrivando nella sede torinese di corso Matteotti, indirizzo storico delle finanziarie di famiglia Ifi e Ifil da domani Exor, è quanto sia piccolo l’ufficio di John Elkann. Piccolo innanzitutto rispetto alla sua altezza, tant’è costretto lui tra la scrivania e il muro. E metaforicamente piccolo per il ruolo che a 32 anni il nipote di Gianni Agnelli è venuto assumendo all’interno del gruppo: presidente di tutto, meno che della Fiat di cui però è vice, e la cui gestione, in ossequio alla tradizione di Valletta, poi di Romiti e ora del duo Montezemolo-Marchionne, sembra contento di lasciare ai manager. Sarà, uno pensa, la proverbiale sobrietà agnellian-sabauda che ben s’attaglia a questi tempi grami. La seconda impressione, invece, almeno per chi come noi lo ha conosciuto quando ancora era l’erede in pectore, è che Elkann sia molto maturato, e il segno di ciò è una inusitata sicurezza in qualche momento attraversata da lampi di ironia, ovvero il sentimento che più rivela la coscienza di sé. «Sono qui per rispondere a tutto» è la sua premessa, come volesse dissipare eventuali dubbi in proposito. Sta di fatto che nel modo in cui lo dice si intravede il passaggio del nostro da Jaky, affettuoso nomignolo che lo ha lungamente accompagnato a connotare un residuo adolescenziale di cui oggi è rimasta traccia solo sul suo viso glabro, a John. Anzi, come lo chiamano i suoi collaboratori, all’Ingegnere. Domani Ifi e Ifil prima si fondono e poi cambiano nome in Exor. Sono due pezzi di storia degli Agnelli che scompaiono. Nessuna remora? Avevamo quattro società di investimento, Ifi e Ifil in Italia, Exor e Worms all’estero. Oggi ne abbiamo una sola, e abbiamo scelto Exor, il nostro nome più noto a livello internazionale. Meglio giovani e inesperti o vecchi navigati ma un po’ bolliti? Mi pare a suo tempo lei abbia organizzato un convegno all’Aspen sul tema. In quel convegno sostenevo che il fattore discriminante è il merito, non l’età. Il discorso generazionale lascia il tempo che trova, l’importante è che la gente sia capace. Altrimenti non si spiegherebbe come mai la Juventus si affida al Del Piero, calcisticamente parlando un vecchio. Oppure Obama a Paul Volcker, che di anni ne ha 81. Io penso che occorra smitizzare la retorica del luogo comune, quella del largo ai giovani a prescindere. Ma lei potendo sceglie uno giovane? Potendo scelgo uno capace, indipendentemente dall’età. Parliamo di futuro, visto che ne ha molto davanti un tema che le sta a cuore. Si affronta meglio con un miliardo di euro in cassa? Si affronta meglio se uno ha delle risorse. Essendo noi finanziariamente prudenti e conservativi abbiamo lavorato per incrementare il nostro livello di liquidità. Con un miliardo di euro si possono intraprendere nuove attività o rifinanziare le vecchie... I soldi servono a tante cose. A sostenere le società che già possediamo oppure a cogliere le opportunità che si presentano. Quale delle due adesso? Bisogna prima capire meglio le conseguenze di questa crisi. Ma leader si nasce, si diventa, o a uno gli tocca di farlo solo perché erede di una famiglia blasonata? Più che altro lo si vede da come reagisce alle difficoltà, e da come sa cogliere le opportunità. Però lei ha cominciato presto a studiare da leader. No, ho cominciato presto a lavorare. Il 2009 sarà un annus horribilis per molti settori, auto compresa. Vi state attrezzando? Lo abbiamo già fatto sapendo che quest’anno il mercato italiano non sarebbe andato bene. Così prima dell’estate Fiat ha messo in atto tutta una serie di azioni per far fronte alle difficoltà. Una volta, ai tempi dell’Avvocato e di suo fratello Umberto, quando Fiat piangeva Ifil correva in suo soccorso. Il problema non si pone: quest’anno Fiat chiuderà con più di 3 miliardi di risultato di gestione ordinaria. E per il 2009? A fronte di una forte caduta del fatturato, anche del 20% rispetto al 2008 che comunque non sarà un anno eccezionale, Fiat continuerà a fare soldi. Conferma che alla prossima assemblea di giugno non assumerà anche la presidenza del Lingotto? L’ho detto e lo confermo. Qualcuno maliziosamente sospetta che non vuol diventare presidente con l’azienda nell’occhio del ciclone. Beh, non è che fare il vice presidente mi tenga fuori. Quindi verrà riconfermato Luca di Montezemolo? Certo, quando una squadra ha dato ottima prova di sé non vedo ragione di cambiarla. E se Sergio Marchionne invece decidesse di giocare con la Svizzera? Non so se ci sia stata una tentazione di questo tipo, in ogni caso è cosa passata. Marchionne rimarrà l’amministratore delegato della Fiat. Non sarebbe questo il momento di scorporare l’Auto per rianimare il titolo esangue? In condizioni di mercato normali è un’ipotesi che si può considerare, oggi non se ne parla. D’altra parte stiamo attraversando una crisi epocale da cui anche il mondo dell’automobile uscirà radicalmente mutato, e Fiat potrebbe giocare un ruolo nel suo consolidamento. Lei si ricorda che nel 1991 Fiat stava per comprare la Chrysler? Fortuna che non l’abbiamo fatto allora. E se adesso si presentasse l’occasione di un buon matrimonio accettereste anche il ruolo di soci di minoranza? La cosa più importante è che sia un buon matrimonio. Parliamo di banche. Da quando il Sanpaolo vendette senza avvisarvi la quota Fiat del convertendo i rapporti con l’istituto torinese non sono più stati quelli di prima. Esistono rapporti buoni e storici, e inoltre Intesa Sanpaolo è uno dei nostri più grossi finanziatori. A Torino però la fusione non è stata mai digerita. Dicono che la città ci ha rimesso. Intesa Sanpaolo è una grande istituzione per Torino e per Milano. Più si aggregano gli interessi in quest’area, più si hanno vantaggi per tutti. Se dico Zaleski cosa pensa? Lo conosco poco, l’ho visto qualche volta all’epoca di Edison. Più che a lui mi riferivo alla banche che lo hanno finanziato alla carlona. Se uno ha troppi debiti rischia che quando le cose vanno male i suoi attivi finiscano a chi lo ha finanziato. Dicono che sia allergico ai salotti buoni, quelli dove le azioni si pesano e non si contano. No, noi abbiamo rapporti buoni con tanti interlocutori dell’imprenditoria e della finanza, italiana e non. Quello che importa è la validità imprenditoriale delle iniziative che uno intraprende. Però da Mediobanca siete usciti, e quello è il salotto buono per antonomasia. La situazione era tale per cui Fiat ha dovuto concentrare sforzi e risorse sul suo core business. Comunque, alla luce di ciò che è successo nel mondo bancario, mi pare che sia stata una scelta felice. Allora vuol dire che la Rcs è core business? L’editoria per noi è un mestiere importante, siamo contenti di esserci e di rimanerci. D’altra parte io stesso sono cresciuto in una famiglia dove i giornali erano di casa. Mio nonno era presidente de La Stampa, mio prozio Carlo Caracciolo ha fondato L’Espresso e mio padre è giornalista. Ma è un business o un prezzo che si paga perché non ti attacchino? Un business, per altro oggi più in difficoltà di altri. Ma ci sono anche gli aspetti positivi. Cioè? La crisi porterà per forza di cose a grandi evoluzioni. Un guru americano del settore, Philippe Meyer, prevede che l’ultima sgualcita copia cartacea del New York Times uscirà nel 2043. E l’ultima copia della Stampa? Penso che la carta vivrà ben oltre il 2043. qualcosa con cui anche i giovani hanno dimestichezza. Pensi ai ragazzi che spesso preferiscono comprare la Gazzetta dello Sport di carta piuttosto che leggerla sul sito. Murdoch si dice convinto dell’integrazione di carta e internet per soddisfare target sempre più specifici di lettori. Ha ragione? Sì, ma bisogna saperlo fare. Spesso poi soddisfare dei micro segmenti vuol dire anche aumentare i costi. A parte Stampa e Corriere qual è il suo giornale preferito? Leggo solo Stampa e Corriere. Il resto lo vedo sulle rassegne stampa. Non legge Repubblica? Suo prozio non sarà felice… No, non leggo Repubblica e nemmeno i periodici, salvo l’Economist. Pochi ricordano che lei ha cominciato con internet. Si chiamava CiaoWeb, un portale che non ebbe lunga vita. Se uno guarda l’investimento fatto in CiaoWeb e lo sviluppo che ha portato in tutte le società del gruppo si rende conto che non è stato sprecato. Certo non siamo riusciti a far rendere commercialmente il portale, perché non c’era il mercato. Ma siamo stati rapidi a capirlo e a chiudere. Chi la conosce dice che negli ultimi tempi è molto maturato, ma le è rimasto il difetto del braccino corto. Insomma, non apre mai volentieri il portafoglio. Faccio l’imprenditore, e uso bene le risorse che sono per definizione limitate. E poi i costi sono qualcosa che uno controlla, e dove è più facile intervenire. Invece i fatturati ed il ritorno sugli investimenti sono più aleatori. Parliamo di politica. Lei si è definito un liberale non dottrinario. Me lo spiega meglio? Credo che l’ideologia non faccia parte della mia natura, io sono pragmatico. E per chi simpatizza in politica un liberale non dottrinario? Sergio Chiamparino ha fatto un buon lavoro amministrando bene Torino e risolvendone molti problemi. Lo stesso però potrei dire di Sarkozy che ha aperto il suo governo a esperti dell’opposizione, o di Obama che ha preso Hillary Clinton come ministro degli Esteri. A proposito di Obama. La squadra che sta mettendo in campo è infarcita di clintoniani, e mediamente appare un po’ vecchiotta. Obama è comunque di per sé un cambiamento. Ha preso anche Tim Geithner all’Economia che è una scelta generazionalmente vicina a lui. Dilemma modaiolo: lei è per l’economia sociale di mercato o per il pensiero unico mercatista? Si deve vedere caso per caso. Se si opera in un’economia di mercato e l’imprenditore fa bene il proprio lavoro crea ricchezza per la collettività. Ma il mercato non è il bene assoluto né la panacea di tutti i mali. A suo nonno Berlusconi non piaceva moltissimo. A lei piace invece piace di più? A me non pare che non gli piacesse. Lui era rimasto stupito dalla tenacia con cui ha creato da zero un partito e lo ha portato a vincere le elezioni. E poi gli era simpatico. Io penso che abbia una fortissima carica vitale, che in momenti di grave crisi come questo serve. La sua presidenza di Exor si trascinerà due spine. Una è che la fusione Ifi-Ifil non piace ai portatori di Ifi privilegio. Che ne pensa? Che abbiamo fatto un’operazione equa negli interessi delle minoranze. Un gruppo di fondi era convinto che l’Accomandita avrebbe fatto solo i propri interessi. Ci ha fatto una scommessa e l’ha persa. Poi c’è la questione dell’equity swap, dove qualche pasticcio di comunicazione l’avete combinato. Forse per la fretta, visto che all’epoca pensavate che la Fiat fosse sotto attacco. Ma lo era davvero? C’era un’offerta per rilevare a fermo il convertendo, una mossa che di fatto avrebbe messo a rischio la stabilità della Fiat. Qualcuno la spiega ricorrendo a Machiavelli: il fine, ovvero l’aver mantenuto il controllo della Fiat, giustifica il mezzo usato allo scopo. Niente machiavellismi. Abbiamo agito nel massimo rispetto delle regole. La vertenza sorta con la Consob, che è ancora aperta, riguarda la comunicazione di quell’operazione, non l’operazione in sé. La vostra però ha dato molto nell’occhio. Era stata appena approvata la legge sul market abuse, questo ha scatenato una sproporzionata tempesta mediatica. Sua madre è ancora molto incattivita adesso che il titolo Fiat è precipitato a 5 euro? Questa è una vicenda complicata e molto dolorosa. Premetto che mia madre alla morte di mio nonno ha legittimamente ottenuto le azioni dell’Accomandita e altrettanto legittimamente le ha vendute. Dunque il titolo Fiat non c’entra. C’è invece un grande malinteso: lei è convinta che delle persone molto vicine a noi, Gianluigi Gabetti e Franzo Grande Stevens, non si siano comportate correttamente, nascondendole informazioni che invece sono state ampiamente fornite allora. Sulla correttezza e integrità di queste persone io personalmente e tutta la mia famiglia non abbiamo alcun dubbio. Ha chiuso con lei? Non è che ho chiuso, non la sento perché questo malinteso è di tale proporzioni che al momento preclude ogni rapporto. E purtroppo mia madre è consigliata da tante persone che forse non hanno alcun interesse a risolvere questo malinteso. Ma sono fiducioso che alla fine verrà chiarito e tornerà il sereno. Secondo Vanity Fair suo fratello Lapo è l’uomo meglio vestito al mondo. Ma l’abito fa il monaco? Oddio, quella del monaco non mi pare l’immagine più adatta a Lapo. Lapo è una persona di un talento fuori dal comune, bravo e coraggioso. Per Marchionne meno, visto che gli ha precluso le porte della Fiat. Lapo ha fatto molto e bene in Fiat. uno spirito libero e un imprenditore, è giusto che coltivi le sue scelte. Il suo ultimogenito si chiama Oceano, suo cugino Andrea ha chiamato sua figlia Baya. Cos’è, in famiglia siete impegnati in una sorta di guerra dell’acqua? Nessuna guerra, semmai convergenza di vedute. bello che uno possa chiamare i propri figli con nomi che gli piacciono. E poi oceani e baie sono complementari. Si proietti a 50 anni. Cosa sarà Exor all’epoca? Come misura noi abbiamo il net asset value: cioè la somma dei nostri attivi al netto della posizione finanziaria. Spero che per allora sarà molto maggiore dell’attuale. E come mestieri? Una combinazione di industria e servizi. E torneremo anche a investire nell’immobiliare. Ma l’auto ci sarà ancora? C’è stata da sempre e ci sarà. Nelle banche si tagliano stipendi e bonus, ed è sotto accusa il sistema delle stock option che ha scatenato una trimestrale ansia da prestazione. Voi come vi regolate? Noi remuneriamo sui risultati a lungo termine, non meno di dieci anni. E cerchiamo che i manager facciano propria la nostra cultura imprenditoriale. Da padrone di una squadra di calcio, è giusto che Moratti spenda così tanti soldi per l’Inter? Non sta a me giudicare come uno spende i suoi soldi. Per quanto ci riguarda vogliamo che la società ottenga risultati sportivi con i mezzi propri. la migliore garanzia che nel tempo una squadra possa continuare a vincere, come ci insegna il Manchester United. La famiglia oggi è composta da 120 persone. Immagino che col tempo il loro numero aumenterà insieme a quello di coloro che vorranno uscirne. Se si lavora bene, il Nav aumenta e tutti gli azionisti dovrebbero essere contenti. Poi ognuno ha esigenze diverse, quindi chi vuole uscire è giusto lo possa fare. Mi preoccuperebbe di più se uno non potesse vendere, perché la cosa finirebbe per creare tensioni. In una casa ci stai bene se non ci sono sbarre alla finestra.