«Le azioni battono mattoni e BoT. Ve lo posso provare», Plus 24, Il Sole 24 Ore, 29/11/2008, pag. 20, 29 novembre 2008
La crisi finanziaria che stiamo attraversando moltiplica gli articoli di stampa sull’andamento di lungo termine dei mercati finanziari; capita spesso di vedere grafici delle Borse negli ultimi 10 (o anche più) anni
La crisi finanziaria che stiamo attraversando moltiplica gli articoli di stampa sull’andamento di lungo termine dei mercati finanziari; capita spesso di vedere grafici delle Borse negli ultimi 10 (o anche più) anni. Se da un lato la cosa appare positiva, poiché supera la concezione di breve termine, più "speculativa" (e quindi più rischiosa) dell’investimento borsistico, va aggiunto che questo approccio è sovente viziato da alcuni limiti concettuali: 1 - gli indici di Borsa usualmente utilizzati (per esempio, Comit globale) non considerano il rendimento costituito dai dividendi (la differenza, non trascurabile nel breve termine, diventa abnorme nel medio-lungo periodo); 2 - gli indici azionari sono "nominali" e non reali; nel medio termine diventano poco confrontabili poiché l’incidenza dell’inflazione, trascurabile nel brevissimo termine, risulta molto consistente nel lungo periodo; 3 - manca il raffronto (decisivo in termini di scelte di investimento) con i due "concorrenti" dell’investimento azionario, vale dire i titoli di Stato e gli immobili. Uno studio recente da me effettuato (a partire dal 1973 con dati annuali e dal 1984 con dati mensili) ha portato risultati inaspettati con i rendimenti azionari che "staccano" i bond e - incredibile a dirsi per i "fanatici del mattone" - i prezzi degli immobili. I luoghi comuni, i mezzi di comunicazione, e in generale la nostra incapacità di ragionare nel lungo termine, tenendo conto dei molteplici fattori in gioco (in primis l’inflazione), creano delle "trappole mentali", materiale di studio per la finanza comportamentale e fonti di perdite per l’investitore. Massimo Repetto - (via e-mail) --------------- - I risultati della sua analisi non mi sorprendono affatto. Più volte sulle pagine di «Plus24» abbiamo ricordato i maggiori rendimenti ottenuti da portafogli ben diversificati di azioni rispetto a quelli delle obbligazioni e dei titoli di Stato, come confermato per una molteplicità di Paesi dai noti studi di Elroy Dimson, Paul Marsh e Mike Staunton della London Business School. Le tanto vituperate azioni italiane non fanno differenza. L’indice Comit Globale total return ha reso dall’inizio del 1973 il 9,8% annualizzato, mentre senza dividendi ha offerto il 6,5% annualizzato. Meno misurabile con precisione è la superiorità delle azioni sugli immobili. Sono certo che sia possibile provare il fatto che Piazza Affari si sia rivalutata di più di molte proprietà immobiliari negli ultimi 30/40 anni. Sono assai meno sicuro che si possa dimostrare che le azioni italiane (anche tenuto conto dei dividendi) siano state un investimento migliore di qualsiasi immobile nelle grandi città (tenuto conto dei canoni di locazione). Le statistiche storiche sui prezzi degli immobili sono meno affidabili di quelle borsistiche. Questo, al netto di tutte le considerazioni che si possono fare tra la tassazione e i costi (anche di manutenzione) che gravano sul mattone rispetto a quelli tipici dell’investimento in attività finanziarie. Il suo riferimento all’inflazione è centrato: ciò che importa a un investitore (in azioni, in titoli di Stato o in attività immobiliari) è il ritorno in termini reali, che nel lungo periodo può essere molto inferiore al rendimento nominale. Ma è condivisibile soprattutto il suo invito a guardare ai ritorni degli investimenti nell’arco di decenni, senza farsi spaventare o illudere al loro andamento di breve periodo. In questo ambito, le azioni, come tutte le attività i cui prezzi sono pubblicati in tempo reale su vari media, sono assai sfavorite rispetto ai beni di cui si ignora il prezzo day-by-day, come gli immobili. Queste diverse caratteristiche penso siano una delle origini dei differenti comportamenti degli investitori privati a seconda che detengano azioni o immobili: con le prime sono portati a comprare e a vendere con frequenza, con un timing (scelta di tempo) troppo spesso ciclico e sfortunato; con i secondi, invece, sono correttamente portati al buy-and-hold (compra e tieni) di lungo periodo. Come dice lei, si tratta di "trappole mentali", alle quali non riesce a sottrarsi la stragrande maggioranza dei risparmiatori. Giornali, televisioni e Internet rilanciano in continuazione le cronache dei mercati finanziari in discesa, facendo il loro mestiere. Non possono fare la stessa cosa con i mercati degli immobili, anch’essi caratterizzati da periodici ribassi. I quali sono meno intensi dei crolli ricorrenti sui mercati azionari anche perché non sono amplificati dalle stesse distorsioni comportamentali.