Paolo Festuccia, La Stampa 2/11/2008, 2 novembre 2008
Se il 2007 è stato un anno, per così dire quasi da record, l’attuale sarà ricordato come l’anno nero per la raccolta pubblicitaria: ascolti in calo, consumi in picchiata, geleta sulle promozione e sugli spot televisivi
Se il 2007 è stato un anno, per così dire quasi da record, l’attuale sarà ricordato come l’anno nero per la raccolta pubblicitaria: ascolti in calo, consumi in picchiata, geleta sulle promozione e sugli spot televisivi. Oltre alla Rai, in testa, però, negli ascolti rispetto agli altri competitors, ma con un passivo pesante nella raccolta pubblicitaria (tra i 45 e i 55 milioni di euro), a soffrire di più è Mediaset che rispetto al 2007 perde qualcosa sia sul terreno dello share che su quello della raccolta pubblicitaria. Tant’è che, dati Nielsen alla mano, lo scorso anno nelle reti Mediaset i secondi dedicati alle telepromozioni sono stati circa un milione (1.033.320 televendite per la precisione) quest’anno 685mila 185. (La Rai nel 2007 ha trasmesso spot per 103,979 secondi, nel 2008 per 94 mila vedendosi scendere i clienti da 104 a 84). Un risultato, in perdita, che ha visto diminuire sensibilmente i clienti delle reti Mediaset da 302 (per un totale di 6mila 588 telepromozioni) a 227 (per un totale di 1.116 telepromozioni). Ovviamente, se i clienti scendono si riducono i ricavi. Ricavi necessari, non solo a distribuire utili ai soci, ma anche ad incrementare potenziali fasce di mercato e numeri. Ora, come nella migliore tradizione tra i due litiganti (meglio contendenti) storici, si è inserito il terzo incomodo: Sky Italia del magnate Rupert Murdoch che in meno di quattro anni ha segnato un utile operativo netto di 285 milioni, non solo acquisendo clienti in abbonamento ma frazionando il «mercato» degli ascolti e ricavando in pubblicità (senza televendite né telepromozioni) circa 250 milioni di euro. Una cifra, non lontana dalla maggior imposizione fiscale (l’Ad Tom Mockridge ha spiegato che con la nuova tassazione si passerà da 370 a 580 milioni di euro) che la Tv a pagamento dovrà sborsare con il decreto del governo che prevede il raddoppio Iva dal 10 al 20%. Conti alla mano, Sky rischia di vedersi azzerrato l’utile conquistato nel 2007. Di qui, le dure proteste e le reazioni pesanti contro il provvedimento. In ballo, infatti, c’è un terzo del mercato televisivo italiano. Una torta, che nel caso di una eventuale ripresa economica (difficile da prevedere oggi) potrebbe aggirarsi intorno ai 10 miliardi di euro l’anno, e che Sky non vuole lasciarsi sfuggire almeno per un terzo. Il fatturato del 2007, infatti, ha raggiunto i 2,55 miliardi di euro. Un bella cifra, ottenuta, soprattutto con la sottoscrizione individuale degli abbonamenti e la messa in onda dello sport. Non a caso, infatti, Sky detiene i diritti dei maggior eventi sportivi, e in modo particolare, quello del campionato di calcio che rappresenta l’elemento cardine del pacchetto offerto alla propria clientela. E per lo sport italiano, la tv che fa capo a News corp ha investito 501 milioni di euro. Una cifra esorbitante ma certamente remunerativa per la stessa azienda. Nella guerra a tre, dunque, a soffrire maggiormente è la Rai. La Televisione di Stato sconta da un lato il calo degli introiti pubblicitari (molti big spender non hanno deciso investimenti o li hanno ridotti) ma anche il maggior numero di dipendenti: circa 13mila contro i 5000 mila (circa) di Mediaset e Sky. Non solo, se la Rai da un lato beneficia (per il contratto di servizio pubblico) di oltre un miliardo di euro del cosiddetto canone (sacche di evasione abbastanza consistenti), dall’altro la legge vieta il cosiddetto affollamento pubblicitario. In buona sostanza il rapporto Rai-Mediaset è 1 a 5, e cioè ogni 360mila secondi di pubblicità trasmessi dal concorrente commerciale, viale Mazzini ne può trasmettere solo 72 mila. Ora dinanzi ai numeri si comprendono non solo le dure reazioni di Sky al provvedimento emanato dal governo, ma anche le difficoltà in cui potrà dimenarsi la Rai in vista del futuro (ma già dal 2009). Una Rai, ad esempio, che anche nel settore dell’offerta satellitare è decisamente indietro rispetto ai concorrenti.