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 2008  novembre 02 Domenica calendario

CATANIA

Nonostante il 41 bis manda lettere al giornale della sua città e ora ottiene anche gli arresti domiciliari in ospedale. Vincenzo Santapaola, figlio del capo di Cosa Nostra catanese Nitto, sarà presto ricoverato in una struttura sanitaria milanese, pare a Niguarda. Il gip di Catania gli ha infatti concesso gli arresti domiciliari in ospedale per sottoporsi ad un intervento chirurgico alla colonna vertebrale per ripristinare una protesi metallica che gli era stata applicata dopo un incidente in moto. Un provvedimento che ha creato sconcerto al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e alla Procura di Catania.
Gli arresti domiciliari infatti non prevedono una vigilanza adeguata e comunque nulla di paragonabile alle misure di sorveglianza a cui sono sottoposti i detenuti del 41 bis. Del resto anche l’unico precedente che si ricordi avrebbe dovuto consigliare più cautela. Nel maggio scorso i domiciliari in clinica vennero concessi ad un altro detenuto in cella con il regime del 41 bis, Giuseppe Setola, che ne approfittò per scappare. E da allora guida il gruppo di fuoco dei Casalesi. Nel caso di Vincenzo Santapaola in un primo momento il Gip aveva addirittura concesso i domiciliari all’Ospedale Vittorio Emanuele di Catania. Come dire a casa. L’ospedale infatti è nel quartiere San Cristoforo, la culla della mafia catanese dove fino ad un anno fa dettava legge il boss Angelo Santapaola (cugino di Nitto) poi ucciso.
Per Vincenzo Santapaola il Gip aveva accolto la richiesta dell’avvocato Francesco Strano Tagliareni: l’intervento dev’essere eseguito dallo stesso chirurgo che già lo aveva operato subito dopo l’incidente. Dopo la preoccupazione espressa dalla Procura il Gip ha invece optato per un ospedale lontano dalla Sicilia. «Col rischio – lamentano comunque gli inquirenti – che dopo l’intervento possa però trasferirsi dall’ospedale alla propria abitazione». Il figlio di don Nitto l’ultima volta è stato arrestato nel dicembre scorso: associazione mafiosa, estorsione, traffico di droga. Si ritiene sia «il nuovo punto di riferimento della cosca».
Un mese fa, riuscendo ad aggirare le rigide misure di sicurezza del 41 bis, inviò una lettera al quotidiano «La Sicilia» che la pubblicò. Si diceva innocente e lanciava strani messaggi: «Personaggi a me ignoti continuano a presentare il mio cognome come un’etichetta. Intendo affermare pubblicamente che non abbiamo nulla da spartire con chiunque pretenda di usare il nostro nome».
Alfio Sciacca